Cons. Stato Sez. IV, Sent., 22-12-2011, n. 6794 Carriera inquadramento Mansioni e funzioni Pensioni, stipendi e salari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso al TAR Molise, la sig. M. D. T., già dipendente dell’allora Ministero del Tesoro, assegnata alla Direzione provinciale del Tesoro di Isernia, dal 1°.1.1999 è stata inquadrata nei ruoli dell’INPDAP, chiedeva il riconoscimento, ai fini retributivi e previdenziali, delle mansioni superiori asseritamente svolte dall’istante, nonché la condanna dell’Amministrazione a versare le somme calcolate a tale titolo, maggiorate degli accessori. La ricorrente esponeva che inizialmente, quando rivestiva la 6^ q.f., con ordine di servizio 1°.12.1986, n. 110, le sono state attribuite, con effetto immediato, le funzioni di capo ufficio dell’Ufficio IV e V, funzione poi attribuita al dott. Cesare Benedetto. Divenuto quest’ultimo Direttore della D.P.T. di Isernia, con ordine di servizio 29.1.1988, n. 11, alla Sig.ra D. T. sono state affidate le funzioni di capo dell’Ufficio VI e V.

Alla stessa è stata poi riconosciuta la 7^ q.f. ed, in possesso della stessa, in qualità di capo ufficio, con ordine di servizio 18.11.1989, n. 21, è stata delegata a firmare per il direttore determinati atti ivi individuati.

Con la riorganizzazione in Uffici dei Servizi delle D.P.T., la stessa dipendente è stata inquadrata come capo dell’ufficio IV, giusta ordine di servizio 15.6.1993, n. 55, funzione confermata con ordine di servizio 24.8.1995, n. 69.

Con istanza del 31.12.1998 la Sig.ra D. T. ha chiesto il riconoscimento dell’inquadramento nella qualifica superiore, a far data dal 1°.12.1986, o, quanto meno, la corresponsione delle differenze retributive tra le due tipologie di mansioni (quella posseduta e quella cui atterrebbe l’attività lavorativa svolta). L’istanza non aveva esito positivo e di qui il ricorso al TAR, a sostegno del quale l’interessata deduceva: violazione ed errata applicazione di legge: L. 11.7.1980, n. 312, in particolare l’art. 4, art. 36 Cost., art. 2126 c.c., D.Lgs. 3.2.1993, n. 29 e successive modifiche, in particolare gli artt. 56 e 57 – eccesso di potere in tutti i profili.

Con la sentenza epigrafata il Tribunale amministrativo, riconosciuta la propria giurisdizione limitatamente al periodo 1.12.198630.6.1998, respingeva il ricorso proposto; di qui l’appello avanzato dall’interessata innanzi a questo Consesso, suffragato da motivi ed argomentazioni riassunti nella sede della loro trattazione in diritto da parte della presente decisione.

Alla pubblica udienza dell’11 ottobre 2011 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

Motivi della decisione

La controversia che viene in decisione nel presente grado d’appello, riguarda il riconoscimento di mansioni superiori richiesto da dipendente del Ministero del Tesoro ed operante presso la Direzione provinciale di Isernia, per i periodi di servizio in fatto specificati.

1.- All’impugnata sentenza di primo grado, l’appellante imputa in primo luogo un "errore di metodo", avendo rigettato la pretesa azionata, omettendo di comparare le mansioni previste per l’ottava qualifica funzionale con quelle in concreto svolte dalla dipendente. La censura è infondata.

Il riconoscimento della retribuzione correlata all’esercizio di mansioni di qualifica superiori, possibile nel previgente ordinamento solo alle condizioni di cui appresso, è oggettivamente precluso ove le mansioni esercitate (in assenza di alcun ordine di servizio, o in presenza di questo) risultino corrispondenti a quelle proprie della qualifica formale posseduta ed al mansionario; tale corrispondenza ha accertato il TAR, sicchè non sussisteva alcuna necessità di inserire nella comparazione, ai fini della pretesa azionata, le mansioni proprie di qualifica superiore, non potendo le stesse costituire presupposto per il riconoscimento economico richiesto.

2- Con riguardo alle altre censure, va premesso che il TAR ha respinto il ricorso previa ricostruzione dei presupposti imprescindibili per la configurabilità dell’esercizio delle mansioni superiori e della rilevanza dello stesso ai fini retributivi, individuati: 1) nello svolgimento di fatto, in modo continuativo e prevalente, di funzioni qualitativamente attinenti a livello funzionale superiore rispetto a quello di cui l’impiegato è titolare; 2) nel conferimento formale delle mansioni in questione mediante uno specifico atto; 3) nella vacanza del posto relativo in organico. Ciò premesso, tutti i profili ulteriori svolti dai motivi d’appello sono infondati, per le ragioni che seguono.

2.1.- Il giudice di prima istanza ha anzitutto insussistente il presupposto di cui al punto 1, ritenendo non provato il carattere non temporaneo delle mansioni, accertando la loro cessazione col 4.3.1987; non smentisce questa tesi il punto 1 degli ulteriori motivi d’appello, il quale si limita a contrastare la tesi del TAR affermando che la cessazione si è limitata a pochi giorni, trascorsi i quali (29.1.1988) esse sono state riassunte. Sul punto la sentenza ha invece fatto riferimento alla cessazione per intervenuta riassunzione da parte del capoufficio nonché alla mancata prova della prevalenza delle stesse rispetto alle altre nel contempo svolte, situazione che travolge anche la circostanza della riassunzione delle mansioni in data 29.1988.

2.2.- Quanto all’attribuzione della qualifica di capo ufficio, il TAR ha ben motivato la tesi che tale posizione comportava l’espletamento di mansioni della settima qualifica (nel frattempo formalmente attribuita) sicchè si palesa irrilevante anche la seconda doglianza (che contesta l’addebito dell’onere della prova delle mansioni superiori non attribuite).

2.3- In merito al carattere secondario della delega (sottolineato dal TAR), l’appellante controbatte ma non dimostra che la delega riguardava in realtà tutti gli atti dell’ufficio, ma la sentenza fa riferimento ad una delega di firma che non attribuisce alcuna funzione ulteriore sul piano giuridico, ma solo l’attività materiale di apposizione della firma. In ogni caso il primo giudice ha specificato (punto 5.2 della decisione) che tale compito attiene tipicamente al profilo di collaboratore professionale (settimo livello).

2.4.- Il punto 4 non reca alcuna censura ma una errata corrispondenza della direzione di unità operativa alla attribuzione dell’ottava qualifica.

2.5- Parimenti non sono accoglibili i motivi (nn. 5 ed 8) che fanno riferimento ad atti dell’amministrazione assolutamente inidonei a supportare la pretesa azionata.

In particolare:

– la precisazione del dipartimento del Tesoro 25.02.01, integra dichiaratamente un semplice parere reso sulla portata degli ordini di servizio, ma non si colloca in alcun modo tra i summenzionati presupposti indicati dalla giurisprudenza per il riconoscimento del diritto in questione. I predetti ordini sono stati, peraltro, correttamente comparati dal TAR con il mansionario previsto dalla normativa, con risultati che l’atto d’appello non perviene a dimostrare erronei;

– del tutto irrilevante è che la Commissione paritetica (nel procedimento previsto dalla legge n.312/1980 sulle qualifiche funzionali) non abbia ritenuto di dare corso alle istanze di inquadramento in profilo professionale superiore; anzi trattasi di circostanza che, ove necessario, rafforza la tesi contraria alla spettanza del trattamento economico superiore, poiché evidenzia che la posizione della dipendente non era anzitutto giuridicamente ascrivibile alla pretesa qualifica superiore.

2.6- Anche, le censure 6 e 7, infine, sono infondate.

La rilevanza esterna delle mansioni attribuite e la duplicità non è elemento decisivo e suscettibile di prevalente rispetto alla natura delle mansioni svolte e corrispondenti alle declaratorie.

3 – Il diritto azionato viene poi sostenuto sulla base di ampi riferimenti all’art. 36 della Costituzione ed alla giurisprudenza del tempo datata che riteneva di fare applicazione al rapporto di pubblico impiego dell’art. 2126 cod.civ.. A tale riguardo, tuttavia il Logicamente, quindi, con riguardo alla posizione dell’appellante, il TAR, compiute i cennati raffronti, ha concluso "che l’assenza di anche una sola delle richiamate condizioni non consente di riconoscere alcuna differenza stipendiale in capo a chi ha svolto l’attività in questione".

In particolare, quanto all’applicazione dell’art. 2126 del codice civile, la Sezione non può obliterare che la giurisprudenza del tempo aveva più volte chiarito le ragioni dell’inapplicabilità al pubblico impiego della norma invocata, attesa la sussistenza della normativa di carattere speciale posta a regolazione del pubblico impiego (Cons. di Stato, a.p., n.1 e n.2/1992) e richiamata dallo stesso codice civile.

Sussistono giuste ragioni per disporre la compensazione delle spese del presente grado di giudizio tra le parti costituite.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sezione IV), definitivamente pronunziando in merito al ricorso in epigrafe, respinge l’appello.

Dichiara interamente compensate tra le parti le spese del grado.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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