Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 29-09-2011) 17-11-2011, n. 42395

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza 25.9.2007 il tribunale di Torre Annunziata, sezione distaccata di Gragnano, dichiarò A.A.M. colpevole dei reati di cui: A) al D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 44, lett. c);

B) D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, artt. 64, 65, 71 e 72 – testo unico dell’edilizia; C) D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, artt. 93, 94 e 95 – testo unico dell’edilizia; D) al D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, art. 181; E) all’ art. 734 cod. pen.; F) all’art. 349 cod. pen., condannandola alla pena di anni uno di reclusione ed Euro 600,00 di multa, con la sospensione condizionale della pena subordinata alla esecuzione dell’ordine di demolizione e di quello di rimessione in pristino dello stato dei luoghi.

La corte d’appello di Napoli, con la sentenza in epigrafe, dichiarò estinti per prescrizione i reati di cui ai capi C) ed E), rideterminò la pena nella misura di mesi sette e giorni venti di reclusione e di Euro 340,00 di multa, e confermò nel resto la sentenza di primo grado.

L’imputata propone ricorso per cassazione deducendo:

1) mancanza o manifesta illogicità della motivazione perchè la corte d’appello non ha motivato sui motivi di appello relativi ai reati di cui ai capi D) ed E). In particolare, per quanto concerne il reato di cui al capo C), la corte d’appello non ha considerato che si tratta di reato di danno, della cui sussistenza lo non ha considerato che si tratta di reato di danno, della cui sussistenza non era stata data prova. Inoltre non è stata provata la sussistenza del vincolo paesaggistico ed ambientale.

2) violazione di legge e vizio di motivazione perchè al giudice penale non è consentito subordinare la sospensione condizionale della pena alla esecuzione dell’ordine di demolizione e di quello di rimessione in pristino dello stato dei luoghi.

3) violazione di legge e vizio di motivazione: viene ripetuto in sostanza il contenuto del secondo motivo.

4) violazione di legge e vizio di motivazione perchè immotivatamente è stato negato il beneficio della non menzione.

Motivi della decisione

Il primo motivo è manifestamente infondato. Quanto al reato di cui al capo E), il ricorso è del tutto generico ed aspecifico, perchè, da un lato, nemmeno indica quali sarebbero i motivi di appello che non sarebbero stati presi in considerazione e, da un altro lato, non considera che la sentenza impugnata, in ordine a detto reato, ha dichiarato non doversi procedere per essere lo stesso estinto per prescrizione. Quanto al reato di cui al capo D), la sentenza impugnata, con congrua ed adeguata motivazione, ha rilevato che dal certificato di destinazione urbanistica emergeva la prova che tutto il territorio comunale era sottoposto a vincolo ambientale e paesaggistico in base al D.Lgs. 29 ottobre 1999, n. 490. L’obbligo di notificazione del provvedimento che riconosce il vincolo ai singoli proprietari sussiste solo per i provvedimenti relativi a singole cose immobili, e non anche per quelli relativi ai complessi di cose immobili ed alle bellezze panoramiche. Per costante e pacifica giurisprudenza, poi, il reato di cui al D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, art. 181, non è un reato di danno ma un reato formale di pericolo, che è integrato dalla sola mancanza di autorizzazione alla realizzazione di opere in zona vincolata.

Il secondo ed il terzo motivo (che in sostanza si risolve nella mera ripetizione del secondo motivo) sono manifestamente infondati, perchè si basano sul richiamo di massime di giurisprudenza remote nel tempo e da anni ormai superate. E’ invero ormai consolidato e pacifico l’indirizzo giurisprudenziale secondo cui il giudice penale è pienamente legittimato a subordinare il beneficio della sospensione condizionale della pena alla esecuzione dell’ordine di demolizione e di quello di rimessione in pristino dello stato dei luoghi, ferma restando la possibilità che, entro il termine concesso, gli ordini stessi vengano meno per la eventuale emanazione da parte della autorità amministrativa competente di provvedimenti che si pongano in assoluto contrasto con gli ordini stessi. Va poi rilevato che la ricorrente si è limitata a dedurre la pretesa insussistenza di un potere del giudice di subordinare il beneficio mentre non ha investito anche il merito della decisione.

Il quarto motivo è infine anch’esso manifestamente infondato perchè la corte d’appello ha fornito congrua, specifica ed adeguata motivazione sulle ragioni per le quali ha ritenuto di non concedere il beneficio della non menzione, in considerazione del fatto che la mancanza di precedenti penali è stata ritenuta minusvalente rispetto agli elementi di cui all’art. 133 cod. pen. ed in particolari rispetto alla intensità del dolo.

Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile per manifesta infondatezza dei motivi.

Può ricordarsi, per completezza, che, secondo la costante giurisprudenza di questa Suprema Corte, l’inammissibilità del ricorso per cassazione, anche se dovuta alla manifesta infondatezza dei motivi, non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di estinzione del reato, ivi compresa la prescrizione, e le cause di non punibilità a norma dell’art. 129 cod. proc. pen. verificatesi in data posteriore alla pronuncia della sentenza impugnata (Sez. Un., 22 novembre 2000, De Luca, m. 217.266;

giur. costante), ed anzi preclude altresì ogni possibilità di rilevare di ufficio l’estinzione del reato per prescrizione, pur maturata in data anteriore alla pronunzia della sentenza impugnata, ma non rilevata da quel giudice e non dedotta con i motivi di ricorso per cassazione (Sez. Un., 22 marzo 2005, Bracale, m. 231.164). Nella specie, appunto, la ricorrente non ha eccepito con il ricorso che prima della sentenza impugnata fosse intervenuta la prescrizione delle contravvenzioni, sicchè non potrebbero rilevarsi d’ufficio eventuali errori di diritto della sentenza impugnata (quali la mancata declaratoria di alcuni reati) non dedotti non il ricorso.

In applicazione dell’art. 616 cod. proc. pen., segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi che possano far ritenere non colpevole la causa di inammissibilità del ricorso, al pagamento in favore della cassa delle ammende di una somma, che, in considerazione delle ragioni di inammissibilità del ricorso stesso, si ritiene congruo fissare in Euro 1.000,00.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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