Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 26-09-2011) 17-11-2011, n. 42429 Imputato latitante, evaso e renitente

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1.-. Con sentenza n. 357 in data 3-6-98 A.A. è stato condannato alla pena di anni venti di reclusione e L. 90 milioni di multa per il reato di cui al L. n. 685 del 1975, artt. 71 e 74.

In quanto destinatario di ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal GIP di Verona in data 12-6-94, A.A. era stato dichiarato latitante ex art. 296 c.p.p. con decreto del 14-7-94, a seguito di verbale di vane ricerche della Questura di Verona in data 13-7-94. Ogni successiva notifica nei confronti del predetto era stata eseguita mediante consegna di copia al difensore ex art. 165 c.p.p.. Lo stato di latitanza si era infatti protratto fino all’11-8- 2000, data del suo arresto in Lituania a fini di estradizione.

A.A. era quindi stato estradato in Italia in data 9-11-2000 e consegnato alla Autorità italiana per espiazione della pena.

Con ordinanza in data 11-3-2008 il Tribunale di Verona ha disposto a favore di A.A. la rimessione nel termine per proporre appello avverso la sentenza di condanna.

Nei motivi di appello si è sostenuto che dagli atti di causa risultava che l’A.G. italiana procedente era a conoscenza del luogo ove A.A. si trovava e mai nè nella fase delle indagini preliminari nè nella fase del giudizio all’imputato erano stati notificati gli atti previsti dal codice di rito a garanzia del diritto di difesa. Il processo si era svolto attraverso la fictio della latitanza e della contumacia, benchè si avesse conoscenza dei luoghi ove il predetto poteva ricevere gli avvisi in relazione al procedimento penale a suo carico.

Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di Appello di Venezia, sezione 3^ penale, ha dichiarato la nullità del decreto di latitanza emesso in data 14-7-94 nei confronti di A.A. dal GIP di Verona e per l’effetto ha dichiarato la nullità di tutti gli atti conseguenti e della sentenza del Tribunale di Verona in data 3-6-08 nei confronti del predetto imputato, ordinando la trasmissione degli atti al GIP di Verona per quanto di competenza.

La nullità del decreto di latitanza è stata pronunciata in quanto non risultavano adeguate tranquillizzanti e, per quanto possibile, complete attività di ricerca da parte della Questura sulla cui base affermare provata la volontaria sottrazione alla esecuzione della misura. Ciò in quanto l’art. 169 c.p.p., comma 4, doveva ritenersi applicabile analogicamente anche alla ipotesi di latitanza, la dichiarazione della quale deve avere il suo presupposto nella volontaria sottrazione alla misura cautelare, che solo una prospettiva sostanzialistica di conoscenza effettiva e non formale può giustificare, nel rispetto della evoluzione dei principi generale dell’ordinamento nazionale e sopranazionale.

2.-. Avverso la suindicata sentenza della Corte di Appello di Venezia ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte di Appello di Venezia, chiedendone l’annullamento.

Il ricorrente deduce violazione di legge, in quanto la riscontrata nullità, non riguardando in modo alcuno la omessa citazione dell’imputato (art. 179), doveva farsi rientrare al più nelle nullità di carattere generale a regime intermedio, con la conseguenza che non si sarebbe dovuto attribuirle rilievo alcuno, essendo stata dedotta per la prima volta con i motivi di appello e quindi dopo la deliberazione della sentenza di primo grado. In particolare, nel caso di specie, poichè le notifiche all’imputato erano state correttamente eseguite mediante consegna di copia al difensore (e del resto nemmeno l’atto di gravame si spendeva in affermazioni contrarie), nel corso dell’udienza preliminare e al più tardi nel corso del giudizio innanzi al Tribunale di Verona la difesa dell’ A.A., oltre tutto anche nello specifico ruolo di rappresentanza ad ogni effetto dell’imputato, ben sarebbe stata in grado di esprimere ogni opportuna riserva nei riguardi del decreto di latitanza e degli atti conseguenti, cosa che non era stata fatta.

A parte ciò, il Procuratore Generale sottolinea che di A.A. risultava soltanto che era nato in Turchia e che era cittadino turco- svedese e non era perciò possibile svolgere alcuna ricerca nel luogo di nascita, di ultima residenza anagrafica, di ultima dimora o in quello in cui esercitava la sua attività lavorativa (art. 159).

D’altra parte in tema di notificazioni all’imputato all’estero, le ricerche che devono essere effettuate ai sensi dell’art. 169 c.p.p., comma 4, prima della eventuale pronuncia del decreto di irreperibilità non possono avere ambito più esteso di quello previsto dall’art. 159 c.p.p. per le ricerche da effettuarsi nel territorio dello Stato, con la conseguenza che, quando non si ha conoscenza dell’esistenza all’estero di alcuno dei luoghi indicati nel citato art. 159, legittimamente l’imputato viene dichiarato irreperibile.

A parte il fatto che il decreto di latitanza era stato emesso in data 14-7-94, sicchè ben difficilmente avrebbe potuto applicarsi al caso in esame le prospettive sostanzialistiche di volontaria sottrazione alla misura cautelare adombrate dalla Corte di Appello, trattandosi di innovazioni senza dubbio successive.

3.-. Il ricorso è fondato.

La Corte di Appello di Venezia ha ritenuto che nel caso di specie non erano state assolte nei confronti di A.A. le prescrizioni necessarie per la dichiarazione di latitanza, in quanto il verbale di vane ricerche del predetto (indicato in atti soltanto come nato in Turchia il 13-1-1962 e come cittadino turco-svedese) nulla aveva precisato in ordine al suo luogo di residenza o dimora, limitandosi a dare atto di avere accertato che il predetto era stato vanamente ricercato nei luoghi notoriamente frequentati e non era rintracciabile nel territorio italiano, senza riferire nè di una sua vana ricerca presso l’Amministrazione carceraria centrale e presso le Banche-dati del Ministero dell’Interno nè di informazioni acquisite tramite Interpol o facendo riferimento agli altri soggetti nominati in atti come componenti della stessa famiglia turca.

In realtà la Corte di merito non ha considerato che le notizie che risultavano a carico del prevenuto erano davvero scarse, essendo emerso unicamente che A.A. era nato in Turchia il 15-1-62 ed era cittadino turco-svedese; ne discendeva la impossibilità di svolgere alcuna ricerca nel luogo di nascita, di ultima residenza anagrafica, di ultima dimora o in quello in cui esercitava la sua attività lavorativa ( art. 159 c.p.p.). D’altra parte in tema di notificazioni all’imputato all’estero, le ricerche che devono essere effettuate ai sensi dell’art. 169 c.p.p., comma 4, prima della eventuale pronuncia del decreto di irreperibilità non possono avere ambito più esteso di quello previsto dall’art. 159 c.p.p. per le ricerche da effettuarsi nel territorio dello Stato, con la conseguenza che, quando non si ha conoscenza dell’esistenza all’estero di alcuno dei luoghi indicati nel citato art. 159, legittimamente l’imputato viene dichiarato irreperibile. Ne deriva che non risultando che l’imputato era residente o dimorante all’estero, erroneamente sono state ritenute insufficienti le ricerche effettuate, posto che nel relativo verbale si era dato che non risultavano i luoghi di sua residenza o dimora, che si era provveduto a ricercarlo nei luoghi e negli ambiti da lui notoriamente frequentati e che non era rintracciabile nel territorio italiano, elementi sufficienti, anche per la impossibilità di ulteriori indagini, per la redazione del verbale di vane ricerche, quanto meno all’epoca in cui detto verbale era stato compilato.

4 .-. Per le considerazioni sopra svolte si impone l’annullamento della sentenza impugnata con rinvio ad altra Sezione della Corte di Appello di Venezia per nuovo giudizio.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata e rinvia ad altra Sezione della Corte di Appello di Venezia per nuovo giudizio.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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