Cass. civ. Sez. I, Sent., 28-05-2012, n. 8433 Indennità di espropriazione Occupazione d’urgenza

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1 – Con atto di citazione notificato in data 15 marzo 2007 C. I.R., premesso che con decreto prefettizio emesso il 21 settembre 2005 su un proprio fondo sito in (OMISSIS), era stata imposta una servitù di elettrodotto a favore di Terna S.p.a.; che successivamente era stata depositata l’indennità definitiva, pari complessivamente ad Euro 25.453,67, ritenuta incongrua per difetto, chiedeva che, nel contraddittorio della predetta società, la Corte di appello di Napoli determinasse la giusta indennità di asservimento, anche in relazione al periodo di occupazione e al minor valore della proprietà residua.

1.1 – La Corte adita, con la decisione indicata in epigrafe, rilevato che l’indennità di asservimento dovesse calcolarsi in base ai criteri fissati dal R.D. n. 1775 del 1933, art. 123, tenendo altresì conto, trattandosi di terreno agricolo, del valore agricolo medio stabilito ai sensi della L. n. 865 del 1971, art. 16, richiamato dalla L. n. 359 del 1992, art. 5 bis, comma 4, sulla base di tali parametri (così prescindendo dalle risultanze della ctu, fondata su diversi valori), tenendo altresì conto del deprezzamento della residua superficie, stimato nella misura del 25 per cento, determinava in Euro 38.512,96 l’ammontare complessivo dell’indennità di asservimento.

L’indennità di occupazione veniva poi indicata in Euro 6.418,00, avuto riguardo a un dodicesimo per anno dell’indennità complessiva di asservimento. Veniva infine attribuita all’attore la somma di Euro 13.624,00, per danni a un pescheto, a un pozzo e all’impianto di irrigazione.

Per la cassazione di tale decisione il C.I. propone ricorso, affidato a cinque motivi ed illustrato da memoria, cui Terna S.p.a. resiste con controricorso.

Motivi della decisione

2 – Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 865 del 1971, art. 16 e della L. n. 359, art. 5 bis, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Viene, in particolare, criticato il ricorso, operato dalla corte territoriale, al criterio fondato sul "valore agricolo medio", dovendo ritenersi, anche in base a una lettura sistematica della L. n. 865 del 1971, art. 15 e alla giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, che debba essere considerato il valore agricolo di mercato.

2.1 – Con il secondo motivo si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 57 bis del T.U. approvato con D.P.R. n. 327 del 2001, nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione, rispettivamente, all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e n. 5, sostenendosi quindi l’applicabilità, in luogo del R.D. n. 1775 del 1933, art. 123, del medesimo D.P.R. n. 327 del 2001, art. 33. 2.2 – Con il terzo motivo si prospetta l’ illegittimità costituzionale delle norme applicate dalla corte partenopea, nonchè la loro contrarietà all’art. 1, Prot. addizionale, della Cedu.

2.3 – Il quarto motivo attiene alla violazione della L. n. 865 del 1971, artt. 15 e 20, per essere stata l’indennità di occupazione commisurata al "valore complessivo dell’asservimento", e non già al valore (virtuale) dell’espropriazione, dal momento che, sulla base del decreto prefettizio, risultava occupato, con relativa sottrazione al proprietario della sua disponibilità, l’intero bene.

2.4 – Con l’ultimo motivo viene infine criticata, per le ragioni già indicate, l’applicazione del criterio fondato sul valore agricolo medio per la determinazione della diminuzione del valore del fondo.

3 – Devesi preliminarmente rilevare che nella presente vicenda processuale assume rilievo la recente pronuncia n. 181 del 2011 della Corte costituzionale, che ha dichiarato l’illegittimità della L. n. 865 del 1971, art. 16 e confermato dalla L. n. 359 del 1992, art. 5 bis, comma 4, per contrasto con l’art. 42 Cost., comma 3 e art. 117 Cost..

Questa Corte Suprema, così come del resto affermato in relazione alla declaratoria di incostituzionalità della normativa relativa ai suoli aventi natura edificatoria, ritiene che in merito all’individuazione del criterio legale di stima non sia concepibile la formazione di un giudicato autonomo, in quanto il bene della vita alla cui attribuzione tende l’opponente alla stima è l’indennità, liquidata nella misura di legge, non già l’indicato criterio legale.

Deve ritenersi, invero, che la pronuncia di illegittimità costituzionale non si applichi ai soli rapporti ormai esauriti in modo definitivo, per avvenuta formazione del giudicato o per essersi ve-rificato altro evento cui l’ordinamento collega il consolidamento del rapporto medesimo, ovvero per essersi verificate preclusioni processuali, o decadenze e prescrizioni non direttamente investite, nei loro presupposti normativi, dalla pronuncia d’incostituzionalità (Cass., n. 16450 del 2006; n. 15200 del 2005; n. 22413 del 2004).

Nessuna di queste ipotesi si è verificata nel caso concreto posto che l’espropriato con i motivi di impugnazione in esame ha impedito la definitiva ed immodificabile determinazione dell’indennità, ponendo in discussione proprio il criterio legale utilizzato dalla Corte territoriale, tenuto conto che il relativo capo della sentenza riposa sulla premessa dell’applicabilità della L. n. 865 del 1971, art. 16 e della L. n. 359 del 1992, art. 5 bis, comma 4. 3.1 – Una volta venuti meno i criteri riduttivi suddetti a seguito della declaratoria di illegittimità costituzionale, la Corte deve ribadire quanto già affermato dopo la menzionata sentenza 348/2007 della Corte costituzionale relativa ai suoli edificatori: che cioè per la stima dell’indennità torna nuovamente applicabile il criterio generale dell’indennizzo pari al valore venale del bene, fissato dalla L. 25 giugno 1865, n. 2359, art. 39, che è l’unico criterio ancora vigente rinvenibile nell’ordinamento, e per di più non stabilito per singole e specifiche fattispecie espropriative, ma destinato a funzionare in linea generale in ogni ipotesi o tipo di espropriazione salvo che un’apposita norma provvedesse diversamente.

E che quindi nel caso concreto si presenta idoneo a riespandere la sua efficacia per colmare il vuoto prodotto nell’ordinamento dall’espunzione del criterio dichiarato incostituzionale (Cass., n. 4602/1989; 3785/1988; sez. un. 64/1986): anche per la sua corrispondenza con la riparazione integrale in rapporto ragionevole con il valore venale del bene garantita dall’art. 1 del Protocollo allegato alla Convenzione europea, nell’interpretazione offerta dalla Corte EDU. L’applicazione del criterio in questione da parte del giudice di rinvio comporta necessariamente l’estensione anche alla stima dell’indennizzo in questione dei medesimi principi già applicati per quello rivolto a risarcire l’espropriazione illegittima degli stessi fondi non edificatori; i quali impongono di tener conto delle obbiettive ed intrinseche caratteristiche ed attitudini dell’area in relazione alle utilizzazioni autorizzate dagli strumenti di pianificazione del territorio: perciò consentendo pure al proprietario interessato da un’espropriazione rituale, di dimostrare sempre all’interno della categoria suoli/inedificabili, anche attraverso rigorose indagini tecniche e specializzate, che il valore agricolo, da determinarsi in base al relativo mercato, sia mutato e/o aumentato in conseguenza di una diversa destinazione del bene egualmente compatibile con la sua ormai accertata non edificatorietà. E, quindi, che il fondo, suscettibile di sfruttamento ulteriore e diverso da quello agricolo, pur senza raggiungere i livelli dell’edificatorietà, abbia un’effettiva e documentata valutazione di mercato che rispecchia queste possibilità di utilizzazioni intermedie tra l’agrìcola e l’edificatoria (parcheggi, depositi, attività sportive e ricreative, chioschi per la vendita di prodotti ecc.): semprecchè assentite dalla normativa vigente sia pure con il conseguimento delle opportune autorizzazioni amministrative. Deve aggiungersi, con riferimento al caso di specie, che già prima della richiamata pronuncia della Corte costituzionale questa Corte, proprio in materia di indennità di asservimento, ha affermato il principio, che il Collegio condivide, secondo cui la diminuzione di valore che il suolo subisce per l’imposizione della predetta servitù, a norma del R.D. n. 1775 del 1933, art. 123, comma 1, deve tenere conto, laddove si tratti di suolo appartenente ad un’azienda agricola, della riduzione del valore venale del fondo, per l’eventuale riduzione quantitativa e qualitativa della produttività agricola che si dimostri prodotta dal passaggio dell’elettrodotto (Cass., 28 luglio 2010, n. 17680).

4 – L’accoglimento del primo motivo risulta assorbente rispetto al secondo, al terzo e al quinto, tutti intesi alla disapplicazione dei criteri riduttivi ormai non più operanti. Deve comunque ribadirsi, quanto alla terza censura, l’applicabilità, ratione temporis, sulla base del chiaro tenore della norma transitoria richiamata dallo stesso appellante, del R.D. n. 1775 del 1933, art. 123. 5- Il quarto motivo, relativo alla determinazione dell’indennità di occupazione, è fondato.

La corte territoriale, nel determinare l’entità di tale voce, ha ritenuto di calcolare un dodicesimo dell’indennità complessiva di asservimento.

Questa Corte ha ripetutamente affermato che il provvedimento di occupazione temporanea preordinata all’espropriazione di un immobile privato attribuisce immediatamente alla P.A. il diritto di disporne allo scopo di accelerare la realizzazione dell’opera pubblica per la quale è stato emanato ed incide in misura corrispondente sui poteri dominicali del titolare del bene, privandolo (temporaneamente) in tutto o in parte delle facoltà di godimento e di disposizione: e perciò stesso attuando automaticamente la compressione del diritto dominicale nel momento stesso in cui viene pronunciato e diviene, quindi, suscettibile di esecuzione, a prescindere dalla successiva immissione in possessoria quale si colloca nell’ambito di un rapporto già- in atto ed in una situazione in cui si è già realizzato l’effetto giuridico ablatorio, configurando la trasformazione del correlativo diritto del proprietario in diritto all’indennizzo ex art. 42 Costit.: e perciò producendo un’obbligazione indennitaria volta a compensare, per tutta la durata dell’indisponibilità del bene, fino all’esproprio, il detrimento dato dal suo mancato godimento (piuttosto che dal ritardo con cui viene corrisposta l’indennità di espropriazione), ossia una perdita reddituale che, essendo diversa da quella patrimoniale della perdita della proprietà del bene, impone un ristoro separato ed aggiuntivo, non assorbibile nell’indennità di espropriazione; nè allorquando si tratta come nel caso concreto di imposizione di una servitù, nell’indennità di asservimento (Cass. sez. un. 493/1998; 7324/96, 5804/95, 6083/94 ed altre). Detto indennizzo, derivando, dunque, da un atto legittimo dell’amministrazione autonomo ed indipendente dal titolo in base al quale potrà concludersi la vicenda ablativa, deve essere liquidato qualunque sia l’evento giuridico che la caratterizzi (cessione volontaria, espropriazione formale, occupazione acquisitiva, asservimento) in base ad un criterio unico ed unitario che, trattandosi di terreno agricolo, deve essere commisurata all’indennità che sarebbe dovuta per l’espropriazione dell’area effettivamente occupata (Cass., 1 aprile 2003, n. 4919; Cass., 26 marzo 2004, n. 6086)), non necessariamente coincidente con quella successivamente espropriata o, come nella specie, asservita.

6 – In considerazione dello ius superveniens e delle ulteriori censure accolte la sentenza impugnata va cassata, con rinvio alla Corte di appello di Napoli che, in diversa composizione, determinerà le indennità di asservimento e di occupazione alla stregua dei principi sopra indicati, provvedendo, altresì, al regolamento delle spese processuali relative al presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso per quanto di ragione. Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte di appello di Napoli, in diversa composizione.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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