Cass. civ. Sez. I, Sent., 28-05-2012, n. 8432 Istanze di fallimento

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Corte d’appello di Venezia, respingendo il reclamo dell’ing. B.A. in proprio e come legale rappresentante della CMB Telai s.r.l., ha confermato la sentenza 30 luglio 1999 con cui il Tribunale di Bassano del Grappa aveva dichiarato il fallimento della predetta società su istanza degli ex dipendenti sigg. A. D., B.C., C.F., J.H., L.S., P.V., Pr.Di.Lu., T.S. e Z.M..

Ha ritenuto in particolare:

– che non era stato dimostrato che gli acconti versati dalla società debitrice ai creditori istanti avessero ridotto i crediti dei medesimi sino al disotto della soglia di procedibilità dell’istanza di fallimento, soglia comunque superata già dai soli crediti dei sigg. P. e J., rispettivamente ammessi al passivo per Euro 21.550,89 e 17.772,62;

– che neppure ricorrevano i presupposti per la sospensione della procedura prefallimentare ai sensi della L. 23 febbraio 1999, n. 44, art. 20, per effetto della richiesta di accesso al fondo di solidarietà per le vittime dell’usura avanzata dal B. dopo aver denunciato in sede giudiziaria penale le pretese usurarie delle banche creditrici e sulla quale il Prefetto aveva già espresso più volte parere favorevole;

– che infatti il parere del prefetto è sempre sindacabile dal giudice che procede; il comma 4 dell’art. 20, cit., prevede soltanto una sospensione dei termini, non già una sospensione dell’esecuzione, ossia di tutte le attività del processo esecutivo;

la sospensione dei termini in questione non è prorogabile e alla reclamante era già stata concessa tre volte;

che ciò dispensa dall’affrontare il tema dell’estensibilità della sospensione di cui trattasi alle procedure fallimentari, ma comunque la stessa giurisprudenza favorevole a tale estensione richiede che l’insolvenza dipenda dai crediti dei soggetti denunciati dal debitore per usura, sì che la declaratoria di inesigibilità sia idonea a elidere lo stato di decozione, mentre nel caso della CMB Telai l’insolvenza, ammessa dallo stesso reclamante, non dipendeva solo dall’esposizione verso le banche, e si manifestava anche come sbilancio patrimoniale poichè erano stati ammessi al passivo crediti per complessivi Euro 2.547.501,99 a fronte di un’attivo stimato in Euro 1.034.492,43.

L’ing. B., nella duplice qualità sopra detta, ha proposto ricorso per cassazione con sei motivi di censura. Le parti intimate non hanno svolto difese.

Motivi della decisione

1. – I primi tre motivi di ricorso recano tutti denuncia di violazione della L. n. 44 del 1999, art. 20 (il secondo motivo anche dell’art. 9 della stessa legge) e vizio di motivazione. Essi possono essere trattati congiuntamente perchè il loro oggetto è sempre il mancato riconoscimento della sospensione della procedura prefallimentare.

Per comodità è opportuno premettere il testo del richiamato art. 20 (nella versione anteriore alle modifiche apportate dalla L. 27 gennaio 2012, n. 3, qui non applicabile ratione temporis):

"1. A favore dei soggetti che abbiano richiesto o nel cui interesse sia stata richiesta l’elargizione prevista dagli artt. 3, 5, 6 e 8, i termini di scadenza, ricadenti entro un anno dalla data dell’evento lesivo, degli adempimenti amministrativi e per il pagamento dei ratei dei mutui bancari e ipotecar, nonchè di ogni altro atto avente efficacia esecutiva, sono prorogati dalle rispettive scadenze per la durata di trecento giorni.

2. A favore dei soggetti che abbiano richiesto o nel cui interesse sia stata richiesta l’elargizione prevista dagli artt. 3, 5, 6 e 8, i termini di scadenza, ricadenti entro un anno dalla data dell’evento lesivo, degli adempimenti fiscali sono prorogati dalle rispettive scadenze per la durata di tre anni.

3. Sono altresì sospesi, per la medesima durata di cui al comma 1, i termini di prescrizione e quelli pe-rentori, legali e convenzionali, sostanziali e processuali, comportanti decadenze da qualsiasi diritto, azione ed eccezione, che sono scaduti o che scadono entro un anno dalla data dell’evento lesivo.

4. Sono sospesi per la medesima durata di cui al comma 1 l’esecuzione dei provvedimenti di rilascio di immobili e i termini relativi a processi esecutivi mobiliari ed immobiliari, ivi comprese le vendite e le assegnazioni forzate.

5. Qualora si accerti, a seguito di sentenza penale irrevocabile, o comunque con sentenza esecutiva, l’inesistenza dei presupposti per l’applicazione dei benefici previsti dal presente articolo, gli effetti dell’inadempimento delle obbligazioni di cui ai commi 1 e 2 e della scadenza dei termini di cui al comma 3 sono regolati dalle norme ordinarie.

6. Le disposizioni di cui ai commi 1, 2, 3, 4 e 5 si applicano altresì a coloro i quali abbiano richiesto la concessione del mutuo senza interesse di cui alla L. 7 marzo 1996, n. 108, art. 14, comma 2, recante "Disposizioni in materia di usura", n.d.r., nonchè a coloro che abbiano richiesto l’elargizione prevista dalla L. 20 ottobre 1990, n. 302, art. 1. 7. La sospensione dei termini di cui ai commi 1, 2, 3 e 4 ha effetto a seguito del parere favorevole del prefetto competente per territorio, sentito il presidente del tribunale".

Con il primo motivo di ricorso si censura la perplessità della Corte d’appello sull’applicabilità della sospensione alle procedure fallimentari e, con il secondo, l’affermato divieto di proroga della sospensione stessa; mentre con il terzo motivo si esclude che l’operatività del comma 4 dell’art. 20 sia limitata, come per i commi 1 e 3, entro l’anno dall’evento dannoso.

1.1. – La complessiva censura va disattesa in radice perchè la norma in esame non prevede la sospensione delle procedure prefallimentari, e in tal senso va rettificata la motivazione in diritto della sentenza impugnata.

1.1.1. – L’unica disposizione, fra quelle dell’articolo in esame che prevedono moratorie, dalla quale sarebbe plausibile far scaturire la sospensione delle procedure prefallimentari è il comma 4 (il comma 1 riferendosi chiaramente a termini di diritto sostanziale, il 2 alle scadenze fiscali e il 3 ai termini di prescrizione e decadenza). E infatti con riferimento ad esso si registra, nella giurisprudenza di merito, contrasto fra un orientamento favorevole alla sua applicazione a dette procedure e uno contrario.

Quanto alla giurisprudenza di legittimità, la L. n. 44 del 1999, art. 20, è stato oggetto di esame, con riguardo alle procedure prefallimentari, in due precedenti pronunce: Cass. 1613/2009, che ha implicitamente riconosciuto l’applicabilità a tali procedure del comma 3 – non 4 – dell’articolo, avendo statuito sul termine per appellare la decisione di primo grado nel giudizio di opposizione a sentenza dichiarativa di fallimento; e Cass. 18612/2010, che, nell’affermare la non prorogabilità del termine di sospensione di cui al comma 4, precisa che la questione dell’applicabilità di tale sospensione alle procedure prefallimentari esulava dal thema decidendum di quel giudizio di legittimità, nel quale, pacifica essendo in causa l’applicabilità della sospensione, si discuteva esclusivamente della prorogabilità del termine.

Mancano, dunque, precedenti di questa Corte sulla questione se la L. n. 44 del 1999, art. 20, comma 4, preveda una sospensione dei procedimenti volti alla dichiarazione di fallimento. E’ il caso di precisare che la questione può risolversi prescindendo dalla individuazione dell’esatto significato della norma sotto il profilo dell’oggetto della sospensione ivi prevista: se, cioè, si tratti di sospensione tout court dei procedimenti esecutivi (come afferma, senza specifica motivazione, Corte cost. 457/2005) oppure dei soli termini degli stessi procedimenti (come sostiene Cass. 1496/2007) peraltro con immaginabili ricadute sul corso complessivo di essi.

1.1.2. – Ad avviso del Collegio la questione dell’applicabilità del comma 4 dell’art. 20, cit., alle procedure prefallimentari va risolta in senso negativo.

Il testo della disposizione normativa, che riferisce la sospensione ai "termini relativi a processi esecutivi mobiliari ed immobiliari, ivi comprese le vendite e le assegnazioni forzate" (oltre che all’"esecuzione dei provvedimenti di rilascio di immobili", chiaramente eccedente la materia concorsuale), sembra scritto avendo presenti le esecuzioni individuali; e tuttavia non può escludersi la possibilità di un’interpretazione estensiva, tenuto conto che anche il fallimento può definirsi processo esecutivo, sia pure collettivo anzichè individuale. L’interpretazione estensiva, però, non potrebbe comunque spingersi sino a far rientrare nella formula normativa anche le procedure prefallimentari, perchè queste ultime hanno natura cognitiva e non esecutiva e, prima della dichiarazione di fallimento, non può dirsi iniziata l’esecuzione collettiva, alla stessa maniera che, prima del pignoramento, non è iniziata l’esecuzione individuale.

2. – Con il quarto motivo di ricorso, denunciando violazione della cit. L. n. 44, art. 20, e vizio di motivazione, si lamenta che la Corte d’appello non abbia considerato che, ai sensi dei commi 1 e 3 della norma invocata, tutte le obbligazioni in essere al 26 giugno 2007 – data del primo parere prefettizio favorevole alla sospensione – erano inesigibili per trecento giorni a decorrere da quella data;

onde non poteva dirsi sussistente l’insolvenza allorchè, il 28 marzo 2008, fu presentata l’istanza di fallimento.

2.1. – Il motivo è infondato.

La tesi della ricorrente si basa sul presupposto di una generale moratoria di trecento giorni, a decorrere dalla data del parere favorevole del prefetto, dei debiti dell’imprenditore che abbia richiesto l’intervento del fondo.

Il che però non è esatto.

Il comma 1 dell’art. 20, cit., prevede infatti esclusivamente una proroga dei termini di scadenza, ricadenti entro un anno dalla data dell’evento lesivo, … per il pagamento (non già di qualsiasi debito, bensì soltanto) dei ratei dei mutui bancari e ipotecari;

proroga decorrente, per di più, (non dalla data del parere prefettizio, bensì) dalle rispettive scadenze (dei mutui) per la durata di trecento giorni. Il comma 3, poi, come si è visto, prevede soltanto la sospensione di termini di prescrizione e decadenza.

Dunque l’unico effetto della domanda di intervento del fondo proposta dal ricorrente era la proroga delle scadenze dei mutui per trecento giorni dalle stesse, e solo in tali limiti vi poteva essere incidenza sullo stato di decozione della società. Il ricorrente, pertento, avrebbe dovuto formulare in tutt’altri termini la sua censura:

avrebbe dovuto cioè specificare, in particolare, le scadenze relative ai mutui bancari e ipotecari rientranti nell’anno dall’evento lesivo denunciato e l’entità dei relativi crediti, e determinarne l’impatto sulla complessiva situazione debitoria della società per le conseguenti valutazioni relative alla sussistenza o meno dello stato d’insolvenza.

3. – Con il quinto motivo, denunciando nuovamente violazione dell’art. 20, cit., e vizio di motivazione, si censura l’affermazione della Corte d’appello secondo cui la sospensione "sostanziale e processuale" di cui al medesimo art. 20 sarebbe operante esclusivamente nei confronti dei creditori che abbiano posto in essere fatti di usura e si afferma che, invece, essa opera nei confronti dell’intero ceto creditorio.

3.1. – L’infondatezza del motivo deriva da quanto si è sopra chiarito sulla portata dei commi 1, 3 e 4 della L. n. 44 del 1999, art. 20, che non prevedono alcuna moratoria generalizzata dei debiti dell’imprenditore, nè una sospensione della procedura prefallimentare iniziata nei suoi confronti. Anche a questo proposito, dunque, va corrispondentemente rettificata la motivazione in diritto della sentenza impugnata.

4. – Con il sesto motivo, denunciando violazione della L. Fall., art. 2697 c.c. e L. Fall., art. 10 (recte: 15), u.c., nonchè vizio di motivazione, si censurano le affermazioni della Corte d’appello secondo cui (a) il ricorrente non aveva dimostrato il mancato superamento della soglia di cui all’art. 15, u.c., e (b) sussisteva lo stato d’insolvenza anche come sbilancio patrimoniale nei termini già indicati sopra in narrativa. Il ricorrente richiama in contrario una serie di documenti dei quali i giudici non avrebbero tenuto conto.

4.1. – Il motivo è inammissibile per la genericità delle censure.

Infatti quanto alla prima, relativa all’affermazione (a), non viene neppure precisato quale fosse, secondo il ricorrente, l’importo complessivo dei residui crediti dei lavoratori istanti, che secondo la Corte di merito era già sufficiente a superare il limite di legge; quanto alla seconda, relativa all’affermazione (b), l’indicazione del contenuto dei documenti richiamati non è sufficientemente specifica e presuppone una rielaborazione – inammissibile in sede dei legittimità – delle valutazioni di merito scaturenti dal diretto esame degli stessi.

5. – Il ricorso va in conclusione respinto. In mancanza di attività difensiva delle parti intimate, non vi è luogo a provvedere sulle spese processuali.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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