Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 28-05-2012, n. 8423 Competenza

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso depositato in data 7.3.2003 l’INPDAP proponeva appello avverso la sentenza, con la quale il Tribunale di Roma l’aveva condannato al pagamento, in favore di P.P., già dipendente dell’Istituto, della somma di Euro 33.672,07, oltre interessi successivi all’1.8.2001, a titolo di ricostruzione di carriera e differenze economiche, dovute in applicazione delle sentenze n. 108391/1999 e 15676/1999, con le quali l’Istituto era stato condannato a pagare al ricorrente l’importo corrispondente a 48 ore mensili di straordinario e dichiarato il diritto del P. al ricalcolo delle indennità percepite a titolo di progetti finalizzati.

A sostegno del gravame deduceva il difetto di giurisdizione del G.O., riproponeva le eccezioni di giudicato e prescrizione, già sollevate in primo grado e, nel merito, sosteneva l’infondatezza delle domande, accolte erroneamente Tribunale.

Si costituiva l’appellato, contestando le avverse deduzioni e concludendo per il rigetto del gravame.

Con sentenza non definitiva l’adita Corte d’appello di Roma, in parziale riforma della sentenza gravata, dichiarava il difetto di giurisdizione in ordine alle domande concernenti crediti antecedenti al 30.6.1998 e disponeva con separata ordinanza in ordine alla prosecuzione del giudizio; quindi, ammessa ed espletata CTU contabile, sulla base della stessa, definitivamente pronunciando, in accoglimento dell’impugnazione, rigettava la domanda proposta con il ricorso introduttivo, risultando accertato che il P. aveva ottenuto quanto spettantogli in base alle sentenze passate in giudicato e che, comunque, nel nuovo ricorso il P. aveva omesso di dedurre le ragioni di fatto e di diritto a sostegno delle sue nuove pretese.

Per la cassazione di tale pronuncia ricorre P.P. con due motivi, depositando anche memoria ex art. 378 c.p.c..

Resiste l’INPDAP con controricorso.

Motivi della decisione

Va preliminarmente puntualizzato che – come emerge dalla ricostruzione della vicenda processuale operata dalla Corte di merito – il P. ha promosso l’azione in esame per ottenere la quantificazione dei crediti vantati in base a due sentenze passate in giudicato. Con la prima, in data 28.1.99, il Pretore del lavoro di Roma aveva dichiarato il diritto del P. a vedersi computare, nell’indennità di anzianità e nel TFR, l’importo percepito a titolo di 48 ore mensili di straordinario e, conseguentemente, condannato l’INPDAP a corrispondere, in favore dello stesso, la somma specificamente indicata in dispositivo; con la seconda, in data 19.10.99, il Pretore del lavoro aveva dichiarato il diritto del predetto P. all’inquadramento nel 6 livello, 1^ categoria CCNL dipendenti da imprese edili ed affini, e condannato il Ministero del Tesoro al pagamento delle differenze retributive pari a L. 8.500.905.

Con il ricorso introduttivo del giudizio il P. ha chiesto la condanna dell’INPDAP al pagamento della somma di L. 65.198.226, pari a L. 43.939.424, per differenze retributive dovute per effetto del mutamento di qualifica (di cui L. 24.586.061 per differenze dal 5^ al 7^ livello fino al 23.7.96 e L. 19.353.362 dal 24.7.96 al 30.3.01 per differenze dal 6^ all’8^), L. 13.079.708, dovute a titolo di incidenza dello straordinario e L. 12.000.000, quale corrispettivo dei progetti finalizzati, per un totale complessivo di L. 69.019.131, dal quale aveva detratto la somma di L. 8.500.905, già corrisposta.

Orbene, la Corte territoriale, dopo avere dichiarato con sentenza non definitiva "il difetto di competenza giurisdizionale in ordine alle domanda concernenti crediti antecedenti al 30 giugno 1998, ha disposto con separata ordinanza in ordine alla prosecuzione del giudizio, nominando un CTU ed accertando, sulla base della relazione e dei chiarimenti di quest’ultimo, che l’INPDAP aveva corrisposto al P. le differenze retributive derivanti dal riconosciuto inquadramento nell’8^ qualifica a decorrere dal 9.1.97, e, quindi, a decorrere da epoca addirittura antecedente a quella per la quale la Corte si era ritenuta competente a decidere. Inoltre, era rimasto altresì accertato che al P. era stato regolarmente corrisposto, fin dalla sua assunzione presso PINPDAP, l’assegno ad personam relativo al lavoro straordinario di 48 ore mensile, non assorbito da miglioramenti economici e che, quanto al compenso per progetti finalizzati, lo stesso rapportato all’8^ qualifica, era stato corrisposto con decorrenza 2000.

Tuttavia, -come ancora rilevato dal Giudice d’appello- per il periodo precedente, nulla spettava all’appellato in base alla sentenza richiamata, atteso che la stessa non si era limitata ad affermare il diritto del ricorrente al superiore inquadramento con ogni conseguenza di legge anche in ordine al trattamento giuridico ed economico- come affermato dall’appellato- ma aveva, altresì, condannato la controparte ad una somma di denaro a titolo di differenze retributive, in conseguenza del superiore inquadramento, in cui non era compreso tale compenso.

Del resto – come ancora osservato dalla Corte di merito- il diritto allo stesso era stato fin dal primo grado contestato dall’INPDAP, onde il ricorrente avrebbe dovuto dedurre le ragioni di diritto e di fatto, in base alle quali aveva azionato lo stesso, circostanza da escludere del tutto nella fattispecie in esame.

Così chiarito l’iter argomentativo, che ha indotto la Corte territoriale a rigettare le pretese avanzate con il ricorso introduttivo, va esaminato il primo motivo del presente ricorso con cui il P. deduce la illegittimità della sentenza impugnata laddove la stessa ha dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice adito in favore del G.A. per i fatti controversi anteriori al 30/6/1998.

Il motivo è inammissibile poichè la decisione sul punto è stata adottata dalla sentenza non definitiva (n. 3009/07), rispetto alla quale il ricorrente afferma di avere operato riserva d’impugnativa all’udienza del 12.04.07, omettendo, tuttavia di riprodurre i termini dell’avvenuta riserva.

Vale, infatti, il principio secondo cui l’esercizio del potere di diretto esame degli atti del giudizio di merito, riconosciuto al giudice di legittimità ove sia denunciato un "error in procedendo", presuppone comunque che, in ottemperanza del principio di specificità e autosufficienza del ricorso per cassazione, che deve consentire al giudice di legittimità di effettuare, senza compiere generali verifiche degli atti, il controllo demandatogli dal corretto svolgersi dell’iter processuale, che nel ricorso stesso siano riportati, nei loro esatti termini, e non genericamente ovvero per riassunto del loro contenuto, i passi con i quali la questione controversa è stata dedotta in giudizio (per questo principio, ex plurimis, v. Cass. n. 23420/2011).

Va aggiunto, comunque, che -come affermato dal controricorrente Istituto- negli atti e verbali di causa presenti nel fascicolo d’ufficio del giudizio, in particolare nel verbale relativo all’udienza del 12.4.2007 ed in quello successivo relativo all’udienza del 4.10.2007, non risulta formulata dall’odierno ricorrente alcuna riserva d’appello nè tantomeno risulta notificato all’INPDAP, nell’anno successivo al deposito della sentenza parziale, un atto contenente la riserva dei motivi sulla sentenza parziale pronunciata dalla Corte.

E’ pertanto indubbio che la sentenza n. 3009/2007 della Corte d’appello lavoro, che si è pronunciata statuendo il difetto di giurisdizione del G.O. sui fatti controversi avvenuti antecedentemente al 31 giugno 1998, è da considerarsi passata in giudicato e pertanto sul punto l’odierno ricorrente non può più proporre alcuna domanda di annullamento in questa sede.

Va, infine, soggiunto che il presente ricorso risulta proposto nei soli confronti della sentenza definitiva (n. 8455/09 depositata in data 15/5/2010), sicchè anche sotto questo assorbente profilo il motivo non merita accoglimento.

Con il secondo motivo il ricorrente censura la decisione della Corte d’appello nella parte in cui ha ritenuto, a seguito della ctu espletata, l’avvenuta ottemperanza, da parte dell’INPDAP, alle precedenti sentenze passate in giudicato, corrispondendo allo stesso tutte le differenze retributive riconosciutegli dal Tribunale a decorrere da epoca addirittura antecedente a quella per la quale la Corte si era ritenuta competente a decidere.

Orbene, il ricorrente ritiene che il CTU, con i propri chiarimenti supplementari, abbia espresso delle valutazioni diverse da quelle espresse dal Giudice di appello nella propria motivazione.

Sennonchè le argomentazioni del ricorrente, per un verso, non tengono conto del giudicato formatosi sulla declaratoria del difetto di giurisdizione relativo ai crediti antecedenti al 30 giugno 1998, mentre, per altro verso, investono il merito della controversia, in quanto vertono su elementi di fatto, quali le valutazioni ricavate dall’elaborato peritale da parte del Giudice d’appello, che non si prestano ad essere censurate in questa sede. Infatti, non si versa in ipotesi di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione quando vi sia difformità rispetto alle attese ed alle deduzioni della parte ricorrente sul valore e sul significato attribuito dal giudice di merito agli elementi presi in considerazione, poichè in questo caso, il motivo del ricorso consisterebbe in un’inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e del convincimento del giudice stesso, volta ad ottenere una nuova pronuncia sul fatto, estranea alle finalità del giudizio di Cassazione.

Va in proposito, altresì, rammentato che in tema di ricorso per cassazione per vizio di motivazione, la parte che si duole di carenze o lacune nella decisione del giudice di merito che abbia basato il proprio convincimento disattendendo le risultanze degli accertamenti tecnici eseguiti, non può limitarsi a censure apodittiche di erroneità o di inadeguatezza della motivazione od anche di omesso approfondimento di determinati temi di indagine, prendendo in considerazione emergenze istruttorie asseritamente suscettibili di diversa valutazione e traendone conclusioni difformi da quelle alle quali è pervenuto il giudice "a quo", ma, per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione ed il carattere limitato di tale mezzo di impugnazione, è per contro tenuta ad indicare, riportandole per esteso, le pertinenti parti della consulenza ritenute erroneamente disattese, ed a svolgere concrete e puntuali critiche alla contestata valutazione, condizione di ammissibilità del motivo essendo che il medesimo consenta al giudice di legittimità (cui non è dato l’esame diretto degli atti se non in presenza di "errores in procedendo") di effettuare, preliminarmente, al fine di pervenire ad una soluzione della controversia differente da quella adottata dal giudice di merito, il controllo della decisività della risultanza non valutata, delle risultanze dedotte come erroneamente od insufficientemente valutate, e un’adeguata disamina del dedotto vizio della sentenza impugnata; dovendosi escludere che la precisazione possa viceversa consistere in generici riferimenti ad alcuni elementi di giudizio, meri commenti, deduzioni o interpretazioni, traducentisi in una sostanziale prospettazione di tesi difformi da quelle recepite dal giudice di merito, di cui si chiede a tale stregua un riesame, inammissibile in sede di legittimità (ex plurimis, Cass. n. 17369/2004; Cass. n. 13845/07).

Per quanto precede il ricorso va rigettato.

Le spese del presente giudizio, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese di questo giudizio, liquidate in Euro 40,00, oltre Euro 3,000,00 per onorari ed oltre accessori di legge.

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