Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 10-11-2011) 18-11-2011, n. 42590

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con sentenza dell’11 novembre 2009, il Tribunale di Palmi, in composizione monocratica, dichiarò C.C. colpevole dei reati di cui all’art. 640 c.p., comma 2, n. 1 e art. 483 c.p., unificati dal vincolo della continuazione e – con la concessione dell’attenuante di cui all’art. 62 c.p., n. 4, ritenuta prevalente all’aggravante contestata – lo condannò alla pena di tre mesi di reclusione e di Euro 100,00 di multa.

Avverso la suddetta sentenza, il C. propose impugnazione, ma la Corte di appello di Reggio Calabria confermò la decisione del giudice di primo grado.

2. Ricorre per cassazione l’imputato personalmente deducendo la violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) ed e), in relazione all’art. 483 c.p. e art. 640 c.p., comma 2, e sostenendo che – nella fattispecie – andavano applicati i principi di diritto enunciati dalle Sezioni Unite della Corte di cassazione con la sentenza 25 febbraio 2010, numero 7537. 3. Il ricorso è fondato per le ragioni di seguito indicate.

Il C. risulta imputato dei seguenti reati:

A) del delitto p. e p. dall’art. 483 c.p. perchè, con dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà, posta sul retro dell’impegnativa e resa ai sensi della L. n. 15 del 1968, art. 4 e presentata alla ASL di Palmi al fine di essere esonerato dal pagamento delle spese sanitarie, attestava – contrariamente al vero – di essere disoccupato e che il suo nucleo familiare aveva percepito un reddito lordo complessivo per l’anno 2003 che gli consentiva l’esenzione da pagamento del ticket, mentre dagli accertamenti tributari emergeva che il dichiarante apparteneva a un nucleo familiare produttore di reddito superiore al limite consentito, precisamente ammontante per l’anno predetto a Euro 12.393,95, fatti dei quali l’atto era destinato a provare la verità;

B) del delitto p. e p. dall’art. 640 c.p., comma 2, n. 1, perchè con artifizi e raggiri, consistiti nel sottoscrivere la falsa dichiarazione di cui sub a) e nel presentare la predetta dichiarazione per usufruire della prestazione sanitaria, induceva in errore l’ASL 10 di Palmi in ordine alla sussistenza dei presupposti per l’esenzione della spesa sanitaria, beneficiando indebitamente della prestazione sanitaria meglio descritta nelle impegnative numero (OMISSIS) per la quale era previsto il pagamento di Euro 84,94, procurando a sè o ad altri un ingiusto profitto, con danno economico di pari entità per la predetta ASL. Reati accertati in (OMISSIS) e consumati in (OMISSIS).

4. Quanto sopra premesso, va osservato che, in ordine alla questione concernente la corretta qualificazione giuridica del fatto criminoso consistente nella falsa attestazione del privato di trovarsi nelle condizioni di reddito per fruire, a termini di legge, delle prestazioni del servizio sanitario pubblico senza il versamento della quota di partecipazione alla spesa sanitaria, sono di recente intervenute le SSUU – citate dalla difesa del ricorrente – che, con la decisione numero 7537 del 2010 hanno affermato i seguenti principi di diritto:

a) l’art. 316 ter c.p., punisce condotte decettive non incluse nella fattispecie di truffa, caratterizzate (oltre che dal silenzio antidoveroso) da false dichiarazioni o dall’uso di atti o documenti falsi, ma nelle quali l’erogazione non discende da una falsa rappresentazione dei suoi presupposti da parte dell’ente pubblico erogatore, che non viene indotto in errore perchè in realtà si rappresenta correttamente solo l’esistenza della formale attestazione del richiedente;

b) il reato di cui all’art. 316 ter c.p. assorbe quello di falso previsto dall’art. 483 c.p. in tutti i casi in cui l’utilizzo o la presentazione di dichiarazioni o documenti falsi costituiscono elementi essenziali per la sua configurazione. La fattispecie di indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato o di altri enti pubblici, infatti, si configura come fattispecie complessa, ex art. 84 c.p., che contiene tutti gli elementi costitutivi del reato di falso ideologico. Nè può attribuirsi rilevo alla diversità del bene giuridico tutelato dalle due norme, considerato che in ogni reato complesso si ha, per definizione, pluralità di beni giuridici protetti, a prescindere dalla collocazione sistematica della fattispecie incriminatrice;

c) l’assorbimento del falso ideologico nel delitto di cui all’art. 316 ter c.p., si realizza anche quando la somma indebitamente percepita o non pagata dal privato, non superando la soglia minima dell’erogazione (Euro 3.999,96), integri la mera violazione amministrativa di cui al secondo comma dello stesso art. 316 ter.

Rientra, infatti, nelle valutazioni discrezionali del legislatore la scelta della natura e qualità delle risposte sanzionatole a condotte antigiuridiche, e quindi l’assoggettabilità dell’autore, in una determinata fattispecie, a sanzioni amministrative, pure se frammenti di queste condotte, ove non sussistesse la fattispecie complessa, sarebbero sanzionabili con autonomo titolo di reato.

5. Ebbene, alla fattispecie per cui è processo – del tutto identica a quella presa in esame dalla citata decisione delle Sezioni unite – debbono essere applicati i principi espressi in quella sentenza: con la conseguenza che, qualificati i fatti come fattispecie ex art. 316 ter c.p., il provvedimento impugnato deve essere annullato senza rinvio perchè il fatto non è previsto dalla legge come reato. Deve, al contempo, disporsi la trasmissione degli atti al Prefetto di Reggio Calabria per l’applicazione della sanzione amministrativa prevista dall’art. 316 ter c.p., comma 2.

P.Q.M.

Qualificati i fatti come fattispecie ex art. 316 ter c.p., annulla senza rinvio la sentenza impugnata perchè il fatto non è previsto dalla legge come reato. Dispone la trasmissione degli atti al Prefetto di Reggio Calabria per l’applicazione della sanzione amministrativa prevista dall’art. 316 ter c.p., comma 2.

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