Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 28-05-2012, n. 8422

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

P.E. e P.R., quali eredi testamentari di P.B., proponevano appello avverso la sentenza del Tribunale di Civitavecchia, con la quale era stata respinta la domanda dai medesimi avanzata, volta al riconoscimento della natura subordinata del rapporto di lavoro intercorso tra la dante causa P.B. e M.V., in quanto titolare di ditta individuale unitamente o in alternativa con la S.A.S. Ristorante Sora Olga di Munafò Vincenzo e C, dall’1.5.50 e fino al 5.3.98, ed al pagamento delle differenze retributive.

Gli appellati resistevano al ricorso, chiedendone il rigetto.

Con sentenza del 14 gennaio/9 ottobre 2009, l’adita Corte d’appello di Roma, ritenuto, sulla base del materiale probatorio acquisito, che non risultava dimostrata la sussistenza tra P.B. e M.V. del dedotto rapporto di lavoro subordinato, emergendo, invece, dal medesimo materiale, la sussistenza di un rapporto di lavoro associativo, rigettava il gravame.

Per la cassazione di tale pronuncia ricorrono P.E. e P.R. con otto motivi.

Il M. non si è costituito.

Motivi della decisione

Con il primo mezzo d’impugnazione i ricorrenti, denunciando violazione dell’art. 116 c.p.c., ed omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione, lamentano che la Corte di merito abbia espresso giudizi di inattendibilità di tutti i testi di parte ricorrente, non supportandoli con logica e coerente motivazione, ma basandosi quasi esclusivamente sui rapporti tra i testi e la Sig.ra P., violando, in tal modo, il disposto di cui al richiamato art. 116 c.p.c..

Con il secondo motivo i ricorrenti, denunciando violazione dell’art. 116 c.p.c., ed omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione, lamentano che la Corte abbia ritenuto non provata la dedotta simulazione del rapporto societario senza adeguatamente spiegare le ragioni di tale convinzione.

Con il terzo motivo i ricorrenti denunciano violazione dell’art. 112 c.p.c. ( art. 360 c.p.c., n. 4) per essersi la Corte pronunciata su un presunto intervento novativo del rapporto, nonostante l’assenza di domanda e deduzioni in tal senso.

Con il quarto motivo si denuncia violazione dell’art. 116 c.p.c., ed omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione per avere la Corte territoriale ritenuto provato detto evento novativo sulla sola base di documenti societari, con conseguente violazione dell’art. 2948 c.c., n. 5, che prevede un termine quinquennale per la prescrizione delle competenze lavorative.

Con il quinto motivo viene dedotta la violazione dell’art. 2697 c.c., nonchè vizio di motivazione per avere il Giudice d’appello illegittimamente invertito l’onere della prova, considerando prevalente la qualifica di socio della dante causa P.B. e ponendo, a carico della parte ricorrente, la prova contraria.

Con il sesto motivo i ricorrenti denunciano violazione dell’art. 112 c.p.c. ( art. 360 c.p.c., n. 4), nonchè omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione ed, ancora, violazione dell’art. 116 c.p.c. per avere la Corte affermato che il compenso della P. "era determinato – evidentemente – in relazione alla misura della propria quota di partecipazione, come ammesso dagli stessi appellanti nel conteggio del percepito risultante solo dal 1984, verosimilmente cioè dall’intervenuta partecipazione societaria".

Ad avviso dei ricorrenti, poichè tale circostanza non era stata mai dedotta da parte resistente, la Corte non avrebbe dovuto neanche soffermarsi su tale accertamento, ossia sulla possibilità che il compenso fosse commisurato alla partecipazione societaria.

Con il settimo motivo i ricorrenti, denunciando vizio di motivazione e travisamento delle prove, lamentano che la Corte abbia dato per provato l’acquisto degli arredi del locale e della licenza commerciale del Ristorante Sora Olga in (OMISSIS), gestito da Pa.Ol., da parte del M. (con la ditta individuale costituita il 26/6/1978, trasformata, poi, in accomandita semplice sin dall’1/12/1984 con la denominazione Ristorante Sora Olga di Munifò Vincenzo & C,) che alla data del 9/5/91 vedeva già presente P.B., quale socia accomandante, cedente la propria quota del 4% alla data del 9/12/93.

Con l’ottavo motivo i ricorrenti, denunciando violazione dell’art. 2725 c.c. e art. 112 c.p.c., lamentano che la Corte territoriale abbia ritenuto la mancanza di prova del regime di subordinazione nel periodo antecedente la ritenuta qualità di socia sulla base di non consentite prove testimoniali.

Il ricorso, pur valutato nelle sue molteplici articolazioni, è infondato.

Va preliminarmente osservato che la Corte territoriale, dopo avere rimarcato che, in applicazione del principio generale sancito dall’art. 2697 c.c., grava su colui che agisce per far valere i diritti nascenti da un rapporto di lavoro subordinato fornire la prova della sussistenza dello stesso, ove sul punto vi sia contestazione, ha opportunamente proceduto ad una disamina della vicenda per cui è giudizio, per meglio illustrare le ragioni della sua decisione.

Ha, in proposito chiarito che gli appellanti P. hanno agito quali eredi testamentari di P.B. al fine di vedere riconosciuta la natura subordinata della prestazione lavorativa che la medesima avrebbe svolto a decorrere dal 1.5.50 e fino al 5.3.98, vale a dire fino a pochi giorni prima del suo decesso intervenuto il 28.3.98, quale cuoca unica addetta alla cucina del Ristorante "Sora Olga"; hanno quindi prospettato, anche in secondo grado, l’esistenza di tutti gli indici c.d. rilevatori, costantemente espressi dalla Corte di legittimità ai fini dell’individuazione del regime di subordinazione.

Di contro, l’impugnata sentenza ha evidenziato che, sin dalla tempestiva costituzione in giudizio, la società e la ditta individuale appellate avevano dedotto l’esistenza di un rapporto associativo di P.B., certificato da due atti notarili rispettivamente in data 9.5.91 ed in data 28.12.93, idoneo quindi quanto meno – a rappresentare un intervento "novativo" nel rapporto di lavoro che si fosse eventualmente instaurato precedentemente.

Ciò posto, ha rilevato come fosse pacifico nonchè accertato alla luce sia dei documenti in atti, sia delle deposizioni testimoniali acquisite dal Giudice di primo grado, che il Ristorante "Sora Olga" in (OMISSIS) era stato gestito da Pa.Ol. almeno fino al 1978, quando il M. (con la ditta individuale costituita il 27.6.78) acquistò gli arredi del locale ed acquisì la relativa licenza commerciale.

Tale ditta individuale, poi, era stata trasformata in società in accomandita semplice sin dal 1.12.84 con la denominazione "Ristorante Sora Olga di Munafò Vincenzo & C", che alla data del 9.5.91 vedeva già presente P.B. (che dall’atto notarile in pari data risulta essere già titolare di pensione), quale socia accomandante, cedente la propria quota del 4% alla data successiva del 9.12.93.

Sennonchè – prosegue la Corte territoriale – di tale vincolo associativo nessuna menzione è stata fatta nel ricorso introduttivo, mentre risultava oggetto di specifica deduzione da parte dei convenuti (appellati) ai fini della qualificazione del rapporto di lavoro (vale a dire prestazione giustificata dal vincolo associativo e dazione di denaro quale provente dell’attività associativa) nonchè dell’eccezione di prescrizione; al contrario, solo successivamente gli stessi appellanti avevano fatto decorrere tale partecipazione associativa dal 1991.

In questo contesto, la Corte d’appello ha proceduto ad una attenta analisi delle deposizioni dei testi escussi, giustificando di volta in volta il grado di attendibilità da attribuire alle stesse sul piano probatorio, con motivate argomentazioni non suscettibili, in quanto tali, di censure accoglibili in questa sede.

Nè le conclusioni che la Corte ricava dalla suddetta analisi delle dichiarazioni dei testi può essere messa in discussione dall’affermazione della stessa Corte secondo cui la teste C., moglie di un cugino della P., aveva riferito de relato sulla base di quanto a lei stessa riferito dalla P..

Assumono, infatti, i ricorrenti che le dichiarazioni rese dalla teste sarebbero avvenute per cognizione diretta dei fatti, riportando, a sostegno, alcuni passaggi della deposizione, che, tuttavia, con riguardo agli aspetti fondamentali dell’attività lavorativa ("è vero che la Sig.ra P. lavorava tutta la settimana anche il sabato e la domenica per otto ore. Il mercoledì osservava il giorno di riposo"), non appaiono tali da smentire l’assunto del Giudice a quo.

Si tratta, comunque – come ammesso dagli stessi ricorrenti-, di semplici stralci della deposizione, insufficienti di per sè a contrastare quanto esposto, in proposito, dalla Corte territoriale.

Quest’ultima, infatti, dal complesso del materiale probatorio acquisito ha tratto il convincimento il M. aveva acquisito la gestione solo dal 1978 (data di costituzione della ditta individuale) e che fino al 1980, quanto meno, la P. era stata legata da vincoli di affetto e convivenza con la famiglia Pa. alla quale il ristorante apparteneva, sicchè, in mancanza pure di riscontro rigoroso in ordine ai criteri rivelatori della subordinazione per tale periodo (vale a dire un compenso fisso, un regime di orario prestabilito, un controllo sulla sua presenza e sulla sua prestazione lavorativa), l’appello andava respinto.

Giova, in proposito, rammentare, costituendo specifico motivo di gravame, unitamente a quello ricondotto al vizio di violazione di legge, che la denuncia di un vizio di motivazione, nella sentenza impugnata con ricorso per cassazione (ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5) non conferisce al giudice di legittimità il potere di riesaminare autonomamente il merito della intera vicenda processuale sottoposta al suo vaglio, bensì soltanto quello di controllare, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico – formale, le argomentazioni – svolte dal giudice del merito, al quale spetta in via esclusiva l’accertamento dei fatti, all’esito della insindacabile selezione e valutazione della fonti del proprio convincimento – con la conseguenza che il vizio di motivazione deve emergere – secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di questa Corte (v., per tutte, Cass. S.U. n. 13045/97) – dall’esame del ragionamento svolto dal giudice di merito, quale risulta dalla sentenza impugnata, e può ritenersi sussistente solo quando, in quel ragionamento, sia rinvenibile traccia evidente del mancato (o insufficiente) esame di punti decisivi della controversia, prospettati dalle parti o rilevabili d’ufficio, ovvero quando esista insanabile contrasto tra le argomentazioni complessivamente adottate, tale da non consentire l’identificazione del procedimento logico- giuridico posto a base della decisione, mentre non rileva la mera divergenza tra valore e significato, attribuiti dallo stesso giudice di merito agli elementi da lui vagliati, ed il valore e significato diversi che, agli stessi elementi, siano attribuiti dal ricorrente ed, in genere, dalle parti.

Non risultando nell’iter argomentativo presente nella impugnata sentenza i denunciati vizi e violazioni di legge, il ricorso va rigettato.

Nulla per le spese non avendo il M. svolto attività difensiva.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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