Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 28-05-2012, n. 8416 Contratto a termine

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1.- Con sentenza del Tribunale di Locri veniva rigettata la domanda di M.R. di dichiarare nullo il termine apposto alla sua assunzione presso Poste Italiane s.p.a. per il periodo 3-31.05.99, motivata da "esigenze eccezionali conseguenti alla fase di ristrutturazione e rimodulazione degli assetti occupazionali in corso, in ragione della graduale introduzione di nuovi processi produttivi, di sperimentazione di nuovi servizi e in attesa dell’attuazione del progressivo e completo equilibrio sul territorio delle risorse umane", ai sensi dell’art. 8, comma 2, del c.c.n.l.

26.11.94 e dell’accordo integrativo 25.9.97. 2.- Proposto appello da M. in via principale e da Poste Italiane spa in via incidentale, la Corte d’appello di Reggio Calabria con sentenza depositata il 13.07.09, accoglieva l’impugnazione incidentale.

La Corte di merito rilevava che – nell’ambito del sistema della L. n. 56 del 1987, art. 23 che aveva delegato le oo.ss. a individuare nuove ipotesi di assunzione a termine con la contrattazione collettiva – il contratto era stato stipulato in forza dell’art. 8 del CCNL Poste 26.11.94, come integrato dall’accordo 25.9.97, per fare fronte ad esigenze eccezionali connesse alla fase di ristrutturazione dell’azienda. Considerato che la norma collettiva consentiva l’assunzione a termine per detta causale solo fino al 31.12.98, e riteneva quindi che il termine non avrebbe potuto essere apposto.

Tuttavia, considerava che il lavoratore, in ragione del comportamento tenuto successivamente alla scadenza del termine, avesse prestato adesione al recesso del datore di lavoro e, pertanto, non lo riteneva privo di interesse a proporre la domanda.

La Corte, pertanto, in riforma parziale della sentenza impugnata, dichiarava risolto per mutuo consenso il rapporto di lavoro a termine.

3.- Propone ricorso per cassazione M.. Poste Italiane risponde con controricorso e ricorso incidentale a sua volta contrastato dal ricorrente. Entrambe le parti hanno depositato memoria.

Motivi della decisione

4.- I due ricorsi debbono essere riuniti ai sensi dell’art. 335 c.p.c..

5.- Il ricorrente principale propone i seguenti due motivi:

5.1.- violazione dell’art. 345 c.p.c., atteso che Poste Italiane non aveva formalmente esplicitato la sua eccezione di risoluzione del contratto per mutuo consenso nelle conclusioni finali della memoria di costituzione;

5.2.- carenza di motivazione in quanto l’unico dato da cui la Corte di merito aveva desunto il tacito comportamento del lavoratore era stato il lasso di tempo intercorso tra la cessazione del rapporto e lo svolgimento del tentativo obbligatorio di conciliazione.

6.- Con il ricorso incidentale Poste Italiane deduce:

6.1.- violazione dei canoni di ermeneutica contrattuale ( art. 1362 c.c. e segg.) in relazione all’interpretazione accolta dal giudice di merito dell’art. 8 del CCNL 26.11.94 e dell’accordo integrativo 25.9.97, nonchè carenza di motivazione. In particolare, il giudice di merito non avrebbe considerato che gli accordi successivi a quello del 25.9.97 avevano valenza ricognitiva della sussistenza delle condizioni legittimanti in fatto il ricorso al contratto a termine, senza circoscrivere il ricorso a tale strumento solo al periodo temporale indicato.

6.2.- omessa ed insufficiente motivazione in quanto il giudice di merito non esposto in modo idoneo le ragioni che porrebbero in rapporto il contratto collettivo 1994, l’accordo sindacale 25.9.97 ed i successivi accordi attuativi in relazione al limite temporale cui sarebbero subordinate le assunzioni a termine.

7.- Sono fondati i due motivi proposti con il ricorso principale, da trattare in unico contesto. Deve al riguardo rilevarsi che la giurisprudenza della Corte di cassazione (v. per tutte Cass. 17.12.04 n. 23554) ritiene che nel giudizio instaurato per il riconoscimento di un unico rapporto di lavoro a tempo indeterminato (sul presupposto dell’illegittima apposizione al contratto di un termine finale scaduto) è configurabile la risoluzione del rapporto per mutuo consenso ove sia accertata – per il tempo trascorso dopo la conclusione dell’ultimo contratto, nonchè, per le modalità di tale conclusione, per il comportamento tenuto dalla parti e per altre eventuali circostanze significative – una chiara e certa comune volontà di porre fine ad ogni rapporto lavorativo; la valutazione del significato e della portata di tali elementi compete al giudice di merito, le cui conclusioni non sono censurabili in sede di legittimità se non sussistono vizi logici o errori di diritto.

8.- Nel caso di specie il giudice di merito ha fatto applicazione meramente formale di questo principio, atteso che ha desunto l’esistenza della comune volontà di porre fine al rapporto lavorativo sulla base di una sola circostanza oggettiva, quale la durata del lasso temporale intercorso tra cessazione del contratto e proposizione del tentativo obbligatorio di conciliazione (quattro anni), che ha ritenuto del tutto sovradimensionata rispetto alle esigenze di ponderazione e riflessione che l’azione giudiziaria impone, anche per la mancanza di prova di iniziative prodromiche all’azione giudiziaria.

Tale motivazione è da considerare insufficiente in quanto non idonea a qualificare il fatto – di per sè giuridicamente non rilevante – del mero trascorrere del tempo come chiara volontà delle parti di considerare definitivamente chiuso il rapporto lavorativo. Non viene, infatti, individuata alcuna ulteriore significativa circostanza di fatto, nè viene svolta ulteriore considerazione che non sia meramente formale a sostegno della tesi della realizzazione del mutuo consenso.

Giova rammentare, invece, che la giurisprudenza di questa Corte ha osservato che, ai fini dell’esaustività della motivazione, la formulazione del giudizio di carenza di interesse alla continuazione del rapporto trova nella lunghezza del tempo trascorso tra cessazione del termine e promovimento dell’azione in sede giudiziaria solo uno dei riferimenti argomentativi. Deve, infatti, essere tenuto in adeguato conto anche il comportamento ulteriore tenuto dalla parti e debbono essere indicate eventuali ulteriori circostanze significative (Cass. 10.11.08 n. 26935 e 28.9.07 n. 20390), la cui prova è onere della parte che abbia dedotto la risoluzione (Cass. 1.2.10 n. 2279).

9.- E’, invece, infondato il ricorso incidentale di Poste Italiane.

Procedendo anche in questo caso ad esame congiunto dei due motivi proposti, deve rilevarsi che la giurisprudenza di questa Corte ritiene che la L. 28 febbraio 1987, n. 56, art. 23 nel demandare alla contrattazione collettiva la possibilità di individuare – oltre le fattispecie tassativamente previste dalla L. 18 aprile 1962, n. 230, art. 1 nonchè dal D.L. 29 gennaio 1983, n. 17, art. 8 bis conv. dalla L. 15 marzo 1983, n. 79 – nuove ipotesi di apposizione di un termine alla durata del rapporto di lavoro, configura una vera e propria delega in bianco a favore dei sindacati, i quali, pertanto, non sono vincolati all’individuazione di figure di contratto a termine comunque omologhe a quelle previste per legge (v. S.u. 2.3.06 n. 4588). Dato che in forza di tale delega le parti sindacali hanno individuato, quale nuova ipotesi di contratto a termine, quella di cui all’accordo integrativo del 25.9.97, la giurisprudenza ritiene corretta l’interpretazione dei giudici di merito che, con riferimento al distinto accordo attuativo sottoscritto in pari data ed al successivo accordo attuativo sottoscritto in data 16.1.98, ha ritenuto che con tali accordi le parti abbiano convenuto di riconoscere la sussistenza fino al 31.1.98 (e poi in base al secondo accordo attuativo, fino al 30.4.98), della situazione di fatto integrante le esigente eccezionali menzionate dal detto accordo integrativo.

Consegue che per far fronte alle esigenze derivanti da tale situazione l’impresa poteva procedere (nei suddetti limiti temporali) ad assunzione di personale straordinario con contratto tempo e che l’esistenza di dette esigenze costituisse presupposto essenziale della pattuizione negoziale; da ciò deriva che deve escludersi la legittimità dei contratti a termine stipulati dopo il 30 aprile 1998 in quanto privi di presupposto normativo. In altre parole, dato che le parti collettive avevano raggiunto originariamente un’intesa priva di termine ed avevano successivamente stipulato accordi attuativi che avevano posto un limite temporale alla possibilità di procedere con assunzioni a termine, fissato inizialmente al 31.1.98 e successivamente al 30.4.98, l’indicazione di tale causale nel contratto a termine legittima l’assunzione solo ove il contratto scada in data non successiva al 30.4.98 (v., ex plurimis Cass. 23.8.06 n. 18378).

10.- La giurisprudenza ha, altresì, ritenuto corretta, nella ricostruzione della volontà delle parti come operata dai giudici di merito, l’irrilevanza attribuita all’accordo 18.1.01 in quanto stipulato dopo oltre due anni dalla scadenza dell’ultima proroga, e cioè quando il diritto del soggetto si era già perfezionato.

Ammesso che le parti avessero espresso l’intento di interpretare autenticamente gli accordi precedenti, con effetti comunque di sanatoria delle assunzioni a termine effettuate senza la copertura dell’accordo 25.9.97 (scaduto in forza degli accordi attuativi), la suddetta conclusione è comunque conforme alla regula iuris dell’indisponibilità dei diritti dei lavoratori già perfezionatisi, dovendosi escludere che le parti stipulanti avessero il potere, anche mediante lo strumento dell’interpretazione autentica (previsto solo per lo speciale settore del lavoro pubblico, secondo la disciplina nel D.Lgs. n. 165 del 2001), di autorizzare retroattivamente la stipulazione di contratti a termine non più legittimi per effetto della durata in precedenza stabilita (vedi, per tutte, Cass. 12.3.04 n. 5141).

11.- Conseguentemente i contratti scadenti (o comunque stipulati) al di fuori del limite temporale del 30.4.98 sono illegittimi in quanto non rientranti nel complesso legislativo-collettivo costituito dalla L. 28 febbraio 1987, n. 56, art. 23 e dalla successiva legislazione collettiva che consente la deroga alla L. n. 230 del 1962. Essendo nella specie il contratto stipulato per "esigenze eccezionali ecc. …" per il periodo 3-31.05.99, i due motivi debbono essere rigettati.

12.- In conclusione, accolto il ricorso principale e rigettato quello incidentale, la sentenza impugnata deve essere cassata, con rinvio al giudice indicato in dispositivo, il quale procederà a nuovo esame facendo applicazione del principio di diritto indicato al capo che precede. Lo stesso giudice provvederà alla regolazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte così provvede:

– riuniti i ricorsi, accoglie il principale e rigetta l’incidentale;

– cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Reggio Calabria in diversa composizione, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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