Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 28-05-2012, n. 8415 Contratto a termine

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

La Corte:

Rilevato che:

1. la Corte d’appello di Roma ha confermato la sentenza di prime cure che aveva rigettato la domanda, proposta da D.A.A. nei confronti di Poste Italiane s.p.a., avente ad oggetto la declaratoria dell’illegittimità del termine apposto al contratto di lavoro stipulato fra la lavoratrice e la società convenuta in primo grado;

2. per la cassazione di tale sentenza D.A.A. ha proposto ricorso; Poste Italiane s.p.a. ha resistito con controricorso;

3. la ricorrente è stata assunta con un contratto a termine protrattosi dal 1 giugno 2001 al 30 settembre 2001, stipulato a norma dell’art. 25 del c.c.n.l. 11 gennaio 2001, che prevede, quale ipotesi legittimante la stipulazione di contratti a termine, la presenza di esigenze di carattere straordinario conseguenti a processi di riorganizzazione, ivi ricomprendendo un più funzionale riposizionamento di risorse sul territorio, anche derivanti da innovazioni tecnologiche ovvero conseguenti all’introduzione e/o sperimentazione di nuove tecnologie, prodotti o servizi, nonchè a fronte della necessità di espletamento del servizio in concomitanza di assenze per ferie;

4. la Corte territoriale ha affermato che per la validità del contratto a termine stipulato ai sensi della citata disposizione collettiva, che costituisce applicazione della L. n. 56 del 1987, art. 23 non è necessario che il datore di lavoro fornisca la prova della sussistenza di un concreto nesso fra la fattispecie astratta e la fattispecie concreta;

5. per la cassazione della suddetta sentenza ha proposto ricorso la lavoratrice affidato ad un unico motivo, con il quale si denuncia vizio di omessa motivazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, sull’assunto che la Corte territoriale aveva omesso di pronunciare e di motivare sul motivo di appello concernente il mancato rispetto, da parte di Poste Italiane s.p.a., della proporzione numerica tra dipendenti assunti a tempo indeterminato e dipendenti assunti a tempo determinato oltre che su quello concernente il mancato rispetto delle procedure di consultazione con i sindacati;

6. la censura è inammissibile;

secondo il costante insegnamento di questa Corte (cfr., ad esempio, Cass. 26 gennaio 2006 n. 1701), infatti, l’omessa pronuncia su una domanda, ovvero su specifiche eccezioni fatte valere dalla parte, integra una violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., che deve essere fatta valere esclusivamente a norma dell’art. 360 c.p.c., n. 4; ne consegue che è inammissibile il motivo di ricorso con il quale la relativa censura sia proposta sotto il profilo del vizio della motivazione. In senso conforme cfr., altresì, Cass. 4 giugno 2007 n. 12952 la quale ha affermato che la decisione del giudice di secondo grado che non esamini e non decida un motivo di censura della sentenza del giudice di primo grado è impugnabile per cassazione non già per omessa o insufficiente motivazione su di un punto decisivo della controversia bensì (solo) per omessa pronuncia su un motivo di gravame. Ne consegue, quindi, che, se il vizio è denunciato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 o, come nel caso di specie, n. 5 anzichè dell’art. 360 c.p.c., n. 4 in relazione all’art. 112 c.p.c., il ricorso si rivela inammissibile;

7. in applicazione del criterio della soccombenza parte ricorrente deve essere condannata al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate in Euro 50,00 per esborsi e Euro 3000,00 per onorari, oltre spese generali, IVA e CPA. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, del 1 marzo 2012.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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