Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 28-05-2012, n. 8413

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con sentenza del 13 novembre 2009, la Corte d’Appello di Genova respingeva il gravame svolto da A.L. contro la sentenza di primo grado che aveva rigettato la domanda volta ad ottenere la pensione di inabilità civile.

2. La Corte territoriale, aderendo alle conclusioni del consulente officiato in grado di appello e alla decorrenza fissata per il riconoscimento dell’invalidità al 100% e non contestata dalle parti, riteneva di non poter accogliere la domanda sul presupposto che a quella data il signor A. (nato nel (OMISSIS)) avesse già compiuto 65 anni di età. 3. Avverso l’anzidetta sentenza della Corte territoriale, A. L. ha proposto ricorso per cassazione fondato su due motivi.

L’INPS ha resistito con controricorso, eccependo altresì l’inammissibilità del ricorso. Il Ministero dell’Economia e finanze non ha svolto attività difensiva.

Motivi della decisione

4. Con il primo motivo di ricorso il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 113 c.p.c., D.L. n. 509 del 1992, art. 2, comma 1 e omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto controverso e decisivo per il giudizio ( art. 360 c.p.c., n. 5). Il ricorrente si duole che la corte di merito non abbia esaminato i motivi di gravame inerenti alla mancata applicazione del D.M. 5 febbraio 1992 disciplinanti i criteri di valutazione dei vari tipi di invalidità. 5. Osserva il Collegio che, pur ritenuta infondata l’eccezione di inammissibilità per mancata formulazione del quesito di diritto, attesa l’inapplicabilità, ratione temporis, del quesito di diritto ex art. 366 bis c.p.c., il motivo è tuttavia inammissibile per l’inadeguatezza della deduzione della censura avverso la sentenza del Giudice del gravame.

6. Invero, l’omessa pronuncia su alcuni dei motivi di appello – così come, in genere, l’omessa pronuncia su domanda, eccezione o istanza ritualmente introdotta in giudizio – risolvendosi nella violazione della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, integra un difetto di attività del giudice di secondo grado che deve essere fatto valere dal ricorrente non con la denuncia della violazione di una norma di diritto sostanziale, ex art. 360 c.p.c., n. 3, o del vizio di motivazione, ex art. 360 c.p.c., n. 5, in quanto siffatte censure presuppongono che il giudice del merito abbia preso in esame la questione oggetto di doglianza e l’abbia risolta in modo giuridicamente non corretto ovvero senza giustificare (o non giustificando adeguatamente) la decisione al riguardo resa, ma attraverso la specifica deduzione del relativo error in procedendo – ovvero sia della violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4 – la quale soltanto consente alla parte di chiedere e al giudice di legittimità – in tal caso giudice anche del fatto processuale – di effettuare l’esame, altrimenti precluso, degli atti del giudizio di merito e, così, anche dell’atto di appello.

7. Inoltre, in ipotesi di denuncia di un error in procedendo, l’esercizio del potere di diretto esame degli atti del giudizio di merito, riconosciuto al giudice di legittimità, presuppone comunque l’ammissibilità del motivo di censura, cosicchè il ricorrente è tenuto, in ossequio al principio di specificità ed autosufficienza del ricorso, che deve consentire al giudice di legittimità di effettuare, senza compiere generali verifiche degli atti, il controllo demandatogli del corretto svolgersi dell’iter processuale, non solo ad enunciare le norme processuali violate, ma anche a specificare le ragioni della violazione, in coerenza a quanto prescritto dal dettato normativo, secondo l’interpretazione da lui prospettata (cfr., ex plurimis, Cass. 21621/2007).

8. Coerentemente, con riferimento all’ipotesi in cui sia stata denunciata l’omessa pronuncia da parte del giudice di secondo grado sulle doglianze mosse in appello, è stato affermato che non viene rispettato il principio di autosufficienza allorchè nel ricorso per cassazione non siano esposte quelle specifiche circostanze di merito che avrebbero portato all’accoglimento del gravame, non potendo ottemperarsi a tale principio mediante il mero richiamo ad altri atti o scritti difensivi presentati nei precedenti gradi di giudizio (cfr., Cass., 26693/2006); più in generale, sempre con riferimento ai casi di denunzia del vizio di omessa pronuncia ai sensi dell’art. 112 c.p.c., è stata reiteratamente affermata la necessità, da un lato, che al giudice del merito siano state rivolte una domanda od un’eccezione autonomamente apprezzabili, ritualmente ed inequivocabilmente formulate, per le quali quella pronunzia si sia resa necessaria ed ineludibile e, dall’altro, che tali istanze siano riportate puntualmente, nei loro esatti termini e non genericamente ovvero per riassunto del loro contenuto, nel ricorso per cassazione (cfr, ex plurimis, Cass. 21226/2010; Cass. 23420/2011).

9. Analogamente, laddove, come nel caso di specie, l’error in procedendo denunciato inerisca alla falsa applicazione del principio tantum devolutum quantum appellatum, l’autosufficienza del ricorso per cassazione impone che, nel ricorso stesso, siano esattamente riportati sia i passi del ricorso introduttivo con i quali la questione controversa e stata dedotta in giudizio, sia quelli del ricorso d’appello con cui le censure ritenute inammissibili per la loro novità sono state formulate.

10. Tali oneri non sono stati ottemperati, nel caso di specie, dal ricorrente, che si è limitato a rappresentare l’oggetto della propria originaria domanda e delle proprie successive doglianze, unitamente alle difese della controparte, senza trascriverle negli esatti termini del loro svolgimento, ma riportandosi ad un mero sintetico richiamo.

11. La mancata deduzione del vizio nei termini indicati, evidenziando il difetto di identificazione del preteso errore del giudice del merito e impedendo il riscontro ex actis dell’assunta omissione, rende, pertanto, inammissibile il motivo.

12. Con il secondo motivo vengono riprodotte parte delle censure già svolte, denunciando violazione e falsa applicazione degli artt. 111 e 113 c.p.c., e omessa e insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia, dolendosi che la corte di merito non abbia valutato la documentazione prodotta in giudizio comprovante l’aggravamento della situazione psichica fin dal 2005. 13. Il motivo, prima che infondato, è inammissibile.

14. La consulenza tecnica non viene adeguatamente e specificamente censurata con riferimento alla decorrenza dell’invalidità, nè lo è la sentenza che su di essa si è basata.

15. Per quanto concerne le denunziate carenze della consulenza tecnica, occorre ribadire il principio secondo cui "la parte che addebita alla consulenza tecnica d’ufficio lacune di accertamento o errori di valutazione oppure si duole di erronei apprezzamenti contenuti in essa, e nella sentenza che l’ha recepita, ha, innanzitutto l’onere di trascrivere integralmente nel ricorso per cassazione almeno i passaggi salienti e non condivisi e di riportare, poi, il contenuto specifico delle critiche ad essi sollevate, al fine di evidenziare gli errori commessi dal giudice del merito nel limitarsi a recepirla e nel trascurare completamente le critiche formulate in ordine agli accertamenti ed alle conclusioni del consulente di ufficio.

16. In definitiva, le critiche mosse alla consulenza ed alla sentenza devono possedere un grado di specificità tale da consentire alla Corte di legittimità di apprezzarne la decisività direttamente in base al ricorso.

17. Ebbene, nella specie, il ricorrente, pur corredando l’illustrazione della doglianza di copiosa documentazione medica, così devolvendo al Giudice di legittimità un’inammissibile riesame del merito, non ha specificamente censurato la decorrenza ritenuta dal consulente officiato in giudizio e fatta propria dalla corte territoriale, sottraendosi all’osservanza del principio di specificità, completezza e riferibilità del motivo di ricorso alla decisione impugnata.

18. Per le esposte considerazioni il ricorso deve essere rigettato.

19. Le spese del giudizio di cassazione seguono la soccombenza non sussistendo le condizioni previste dall’art. 152 disp. att. c.p.c. per l’esonero dal pagamento delle spese processuali, in relazione alla necessaria indicazione, fin dall’atto introduttivo del giudizio, dell’apposita dichiarazione sostitutiva di certificazione attestante il possesso delle condizioni reddituali previste dalla norma (ex multis, Cass. 10875/2009; Cass. 17197/2010; Cass. 13367/2011).

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese, liquidate in Euro 40,00 per esborsi, Euro 2.000,00 per onorari, oltre IVA, CPA e spese generali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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