Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 04-11-2011) 18-11-2011, n. 42654

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. – Con ordinanza del 16 febbraio 2011 il Tribunale di Trani – Sezione distaccata di Ruvo ha respinto la richiesta del Pubblico Ministero di convalida dell’arresto di C.A. e di C.N., indagati per i delitti di detenzione di munizioni da guerra e di detenzione di stupefacenti, rinvenuti dalla polizia giudiziaria occultati (e interrati) in un fondo di proprietà della figlia di C.A., nella disponibilità di entrambi gli arrestati: motivando: sebbene il reato rientri nella cognizione collegiale, deve tuttavia provvedersi sulla richiesta del Pubblico Ministero; gli arresti non devono essere convalidati; difettano la flagranza e la certezza della riferibilità della detenzione agli indagati; costoro non furono notati "armeggiare nei pressi del punto di ritrovamento"; il terreno è facilmente accessibile da chiunque.

2. – Ricorre per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale ordinario di Trani, in persona del dott. M.R., sostituto procuratore della Repubblica, mediante atto recante la data del 17 febbraio 2011, col quale, dolendosi anche della incidentale valutazione circa la competenza del collegio, denunzia inosservanza o erronea applicazione dell’art. 391 c.p.p., comma 4, asserendo: la condotta di detenzione è permanente; il reato era flagrante; non era necessario che gli arrestati fossero sorpresi nei pressi del punto di ritrovamento; il giudice a quo ha esorbitato dai limiti delle proprie attribuzioni, arrogandosi la potestà di valutare "la idoneità degli indizi" riservata "alla fase di cognizione del giudizio di merito". 3. – Il Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte suprema, con requisitoria del 20 giugno 2011, rileva la convalida dell’arresto sottende la ricorrenza dei gravi indizi di colpevolezza e investe, piuttosto, la verifica degli "elementi della flagranza" ovvero della quasi flagranza, sotto il profilo della correttezza del rito; l’unico rimedio assegnato al Pubblico Ministero per "ottenere il riesame sulla sussistenza dei gravi indizi di reato è l’appello" previsto dall’art. 310 cod. proc. pen.; in via gradata non sono ravvisabili violazioni di legge nè vizio di motivazione.

4. – Il ricorso è infondato.

Premesso che la questione del riparto di attribuzioni tra giudice singolo e collegio non assume rilievo nella sede del presente scrutinio di legittimità in quanto il giudice a quo ha provveduto sul merito della richiesta del Pubblico Ministero, la Corte non ravvisa, il vizio della violazione di legge:

– nè sotto il profilo della inosservanza (per non aver il giudice a quo applicato una determinata disposizione in relazione all’operata rappresentazione del fatto corrispondente alla previsione della norma, ovvero per averla applicata sul presupposto dell’accertamento di un fatto diverso da quello contemplato dalla fattispecie);

– nè sotto il profilo della erronea applicazione, avendo il Tribunale esattamente interpretato le norme applicate.

Le residue deduzioni, le doglianze e i rilievi residui espressi dal ricorrente, benchè inscenati sotto la prospettazione della violazione di legge, si sviluppano tutti nell’orbita delle censure di merito, sicchè, consistendo in motivi diversi da quelli consentiti dalla legge con il ricorso per cassazione, sono inammissibili à termini dell’art. 606 c.p.p., comma 3.

Consegue il rigetto del ricorso.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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