T.A.R. Lazio Roma Sez. I bis, Sent., 22-12-2011, n. 10027

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Col ricorso in esame, il Tenente Colonnello S.T. ha impugnato (ritenendola illegittima sotto più profili) la sua mancata iscrizione nel quadro di avanzamento al grado superiore per l’anno 2009.

Il soggetto in questione si duole, sostanzialmente, del fatto che i titoli che ne connotano il "curriculum" professionale siano stati (in rapporto a quelli del controinteressato A.V.) inadeguatamente valutati dalla competente Commissione ministeriale.

All’esito della discussione svoltasi nella pubblica udienza del 16.11.2011, il Collegio – trattenuto il predetto ricorso (nel frattempo, debitamente istruito) in decisione – ne constata l’intrinseca infondatezza.

In proposito; premesso

che, "in iure condito", i giudizi quali quello di cui trattasi non devono esser formulati in termini comparativi;

che, "in subjecta materia", la valutazione dei singoli titoli non ha (ai fini della compiutezza delle determinazioni finali) una vera e propria autonomia: dovendo, tutti gli elementi, esser considerati nel loro insieme;

che, più specificamente, la mancanza di uno o più requisiti – da parte di taluno dei valutandi – può esser largamente supplita (nei confronti di altri parigrado) dall’entità di titoli diversi: apprezzati come equivalenti, o plusvalenti, nell’ambito di un giudizio complessivo e indivisibile,

si rileva

che l’impugnato valutazione, la quale non ha certo prescisso dalle risultanze documentali (e che risulta esser stata assunta secondo un metro di giudizio ragionevole: e uguale per tutti i contendenti), appare coerente coi precedenti di carriera di ciascun scrutinato;

che – detto in altri, e più chiari, termini – tra i punteggi di merito singolarmente assegnati, le motivazioni di tali punteggi (espresse dai membri della Commissione di Avanzamento) e le cennate risultanze documentali esiste una correlazione logica più che sufficiente;

che l’affermazione attorea secondo la quale, nel caso di specie, vi sarebbe stata una precostituzione di detti punteggi non è suffragata neppure da un "principio di prova";

che, in presenza di punteggi differenziati (come nella circostanza) in misura minima, è – del resto – impossibile seguire con variazioni terminologiche le sottili differenze numeriche senza incorrere in vizi di altra natura.

Ciò posto; si osserva

che il controinteressato Velardi ha riportato, nel corso della sua carriera, un maggior numero di elogi ed encomi rispetto a quelli attribuiti al T. (e, diversamente da questi: giudicato ben quattro volte solo "superiore alla media", ha sempre ottenuto la qualifica apicale di "eccellente");

che nei Corsi (basici e di qualificazione) da lui frequentati, il ricorrente (il quale, anche nelle schede valutative conclusesi con l’attribuzione della massima qualifica finale, non è sempre stato destinatario delle più elevate aggettivazioni possibili: né è stato costantemente gratificato di citazioni di apprezzamento o compiacimento) ha conseguito risultati che non possono certamente definirsi "di spicco": e che, comunque, non sono – nel loro insieme – migliori di quelli ottenuti dal suo contendente;

che analoghe considerazioni valgono ("mutatis mutandis") per quel che riguarda i dati (titoli di studio, conoscenza delle lingue estere, ecc…) che consentono di stabilire la valenza del profilo culturale ed intellettuale dei vari candidati;

che, pena la violazione del fondamentale principio organizzativo della "tripartizione dei Poteri", il giudice amministrativo non può certo "quantificare" l’importanza degli incarichi ricoperti dai vari Ufficiali: che, d’altro canto (cfr., "ex plurimis", C.d.S., IV, n.1047/96), non è – di per sé – attributiva di speciali capacità.

E dunque; atteso

che, alla luce degli atti di causa, si può tranquillamente affermare che il Velardi (che ha svolto, anch’egli, compiti istituzionali prestigiosi ed impegnativi) è un soggetto di grande caratura professionale (quanto meno pari – soprattutto sotto il fondamentale profilo dell’attitudine ad assolvere alle più elevate funzioni, connesse al grado superiore – a quella del ricorrente);

che la resistente ha fatto, in definitiva, corretta applicazione del(l’amplissimo) potere discrezionale che – in questo particolare ambito di attività – le è tradizionalmente riconosciuto come proprio,

il Collegio non può – appunto – che concludere per l’infondatezza della proposta impugnativa.

Mentre – in stretta applicazione delle regole sulla soccombenza – si ritiene di dover liquidare (come da dispositivo) le spese di lite in favore dell’Amministrazione intimata, non si ravvisano i presupposti per far luogo ad un’analoga statuizione per quel che concerne il controinteressato: che, non essendosi costituito in giudizio, non ha espletato – in quest’ambito – alcuna attività difensiva.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Bis)

rigetta il ricorso indicato in epigrafe;

condanna il proponente al pagamento, in favore della resistente Amministrazione, delle spese del giudizio: che liquida in complessivi 3000 euro.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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