Cass. civ. Sez. Unite, Sent., 28-05-2012, n. 8407 Procedimento disciplinare

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con l’ordinanza indicata in epigrafe la Sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura, su richiesta del Procuratore generale presso questa Corte, ha disposto in via cautelare il trasferimento provvisorio dal Tribunale di Trani a quello di Matera, con le stesse funzioni di giudice, della dott.ssa M.G. C., che era stata sottoposta a procedimento penate per i reati di atti persecutori, ingiuria, diffamazione, lesione personale, percosse, danneggiamento, commessi in danno del collega M. N., all’epoca dell’esaurimento di una loro travagliata relazione sentimentale.

Contro il provvedimento ha proposto ricorso per cassazione la dott.ssa C.M.G., in base a sei motivi. Il Ministro della giustizia non ha svolto attività difensive in questa sede.

Motivi della decisione

Tra le censure rivolte alla sentenza impugnata deve essere esaminata prioritariamente, dato il suo carattere preliminare e potenzialmente assorbente rispetto alle altre, quella formulata con il secondo motivo di ricorso, con cui la dott.ssa C.M.G. contesta la configurabilità come reato – e quindi come illecito disciplinare, ai sensi del D.Lgs. 23 febbraio 2006, n. 109, art. 4, lett. d) – dei fatti a lei addebitati: sostiene di essere stata lei stessa destinataria di atti persecutori ad opera del dott. M. N., sicchè nella specie si sarebbe in presenza semmai di una ipotesi di reciprocità, con conseguente esclusione della possibilità di ravvisare il delitto di cui all’art. 612-bis cod. pen..

L’assunto – attinente comunque soltanto a una delle varie incolpazioni contestate alla dott.ssa C.M.G., che si riferiscono alla commissione anche di altri reati – non è fondato.

La giurisprudenza di questa Corte è univocamente orientata nei senso che la reciprocità dei comportamenti molesti non esclude la configurabilità del delitto di atti persecutori, incombendo, in tale ipotesi, sul giudice un più accurato onere di motivazione in ordine alla sussistenza dell’evento di danno, ossia dello stato d’ansia o di paura della presunta persona offesa, del suo effettivo timore per l’incolumità propria o di persone ad essa vicine o della necessità del mutamento delle abitudini di vita (Cass. pen. 5 febbraio 2010, Marchino). Da questo principio non vi è ragione di discostarsi, stante la sua coerenza con la disciplina degli atti persecutori, che non prevede fa reciprocità come ragione di esclusione del reato.

Con il primo, il terzo e il quarto motivo di ricorso la dott.ssa C.M.G. lamenta che la Sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura ha erroneamente e ingiustificatamente ritenuto sussistenti i fatti in questione.

Si tratta di doglianze da prendere in considerazione contestualmente, poichè per una stessa ragione non possono essere accolte.

Si verte in tema di accertamenti di fatto e di apprezzamenti di merito, insindacabili in questa sede se non sotto il profilo dell’omissione, insufficienza o contraddittorietà della motivazione.

Ma da tali vizi l’ordinanza impugnata è immune, in quanto la Sezione disciplinare ha dato conto in maniera esauriente e logicamente coerente delle ragioni della decisione: ha vagliato, con esito positivo, la verosimiglianza delle affermazioni del dott. M. N., osservando che in qualche misura avevano avuto conferma in quelle della stessa incolpata e avevano inoltre trovato riscontro nella documentazione acquisita, consistente nei certificati medici relativi alle lesioni subite dalla persona offesa e nelle trascrizioni dei messaggi via "sms" inviati e ricevuti dalla dott.ssa C.M.G.. La opposta interpretazione delle risultanze processuali, propugnata dalla ricorrente come unicamente o maggiormente plausibile, non può costituire idonea ragione di una pronuncia di cassazione del provvedimento impugnato, stanti i limiti propri del giudizio di legittimità.

Per considerazioni analoghe va disatteso anche il quinto motivo di ricorso, con il quale si sostiene che i fatti per cui si procede non sono idonei a ledere l’immagine di magistrato dell’incolpata, poichè in realtà non hanno avuto, diversamente da quanto ha opinato la Sezione disciplinare, alcuna risonanza fuori dal limitato ambito delle persone direttamente coinvolte nella vicenda. Si tratta, anche qui, di valutazioni adeguatamente motivate, alle quali non è consentito a questa Corte sostituirne altre diverse, come in sostanza la ricorrente pretende. Nè è ravvisabile la violazione dell’art. 240 cod. proc. pen., lamentata dalla dott.ssa C.M.G. in considerazione dell’avvenuta menzione, nell’ordinanza impugnata, di uno scritto anonimo. Il documento è stato richiamato a comprova non della sussistenza dei fatti in questione, ma dell’elemento, esterno alla fattispecie penalistica, della loro notorietà e quindi del discredito derivante dalla permanenza dell’incolpata nella sua sede di servizio.

Con il sesto motivo di ricorso viene denunciato l’errore in cui è incorsa la Sezione disciplinare, nel trasferire l’incolpata al Tribunale di Matera (anzichè a quello di Lucera, come da lei richiesto) nel presupposto che la seconda di tali sedi sia più vicina dell’altra a quella attuale e quindi meno idonea ad assicurare la funzione cautelare della misura.

Anche questa censura va disattesa, anche se in effetti Lucera dista da Trani più di Matera. L’istanza della dott.ssa M.G. C. non avrebbe potuto comunque essere accolta, in quanto il citato D.Lgs. n. 109 del 2006, art. 22 dispone che il trasferimento provvisorio cautelare deve avere come destinazione un ufficio di un distretto diverso da quello di provenienza, mentre i Tribunali di Trani e di Lucera sono ubicati entrambi nel distretto della Corte d’appello di Bari.

Il ricorso viene pertanto rigettato.

Non vi è da provvedere sulle spese del giudizio, nel quale il Ministro della giustizia non ha svolto attività difensive.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 13 marzo 2012.

Depositato in Cancelleria il 28 maggio 2012

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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