Cass. civ. Sez. Unite, Sent., 28-05-2012, n. 8406 Provvedimenti impugnabili per Cassazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1 – La Procura presso la Sezione giurisdizionale regionale per la Lombardia della Corte dei Conti citò in giudizio L.S., funzionario dell’Agenzia delle Entrate, contestandogli danno patrimoniale diretto per disservizio e danno all’immagine, per un complessivo importo di Euro 228.247,60, in relazione a comportamenti dannosi, che avevano dato origine a procedimento penale (per i reati di tentata concussione e corruzione) conclusosi con applicazione di pena patteggiata.

2 – Il L. contestò in fatto e in diritto quanto addebitatogli ed eccepì la nullità della citazione e l’improcedibilità della domanda.

3 – Con ordinanza in data 22 giugno 2010, resa in Camera di consiglio, la Sezione giurisdizionale Lombardia, respinse l’istanza di nullità e ritenne la sentenza emessa ai sensi dell’art. 444 c.p.p. equivalente a sentenza di condanna.

4. Pronunciando sull’impugnazione del L. con sentenza non definitiva n. 206 depositata in data 9 maggio 2011, la Sezione giurisdizionale Centrale d’Appello della Corte dei Conti respinse l’appello.

La Sezione giurisdizionale osservò in particolare: la questione della nullità D.L. n. 78 del 2009, art. 17, comma 30 ter doveva essere decisa con sentenza, per cui l’ordinanza impugnata aveva contenuto decisorio, con conseguente ritualità dell’appello;

effettivamente era stato violato il principio del contraddittorio, in quanto il L. aveva comunque diritto di partecipare all’udienza, tuttavia l’appellante aveva concluso chiedendo la pronuncia in appello sulla nullità dell’atto di citazione e degli atti istruttori riguardanti il danno all’immagine per insussistenza ovvero per non azionabilità del medesimo; erano stati incontestabilmente accertati reati contro la pubblica amministrazione e la nozione di irrevocabilità della sentenza attiene esclusivamente al suo non essere più soggetta ad impugnazione, mentre l’art. 445 c.p.c., comma 1 bis prevede l’equiparazione della sentenza di applicazione di pena su richiesta a una pronuncia di condanna.

La sentenza impugnata concluse affermando che non ricorreva nella specie "fa nullità degli atti processuali comminata dal D.L. n. 78 del 2009, art. 17, comma 30 ter, convertito nella L. n. 102 del 2009, come modificato dal D.L. n. 103 del 2009 convertito nella L. n. 179 del 2009". 5 Avverso fa suddetta sentenza il L. ha proposto ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 111 Cost., comma 8, affidato a tre motivi.

La Procura Generale presso la Corte dei Conti ha resistito con controricorso.

Il ricorrente ha presentato memoria.

Motivi della decisione

1 – Il primo motivo denuncia violazione ed errata applicazione del D.L. n. 78 del 2009, art. 17, comma 30 ter come modificato in sede di conversione e con L. n. 141 del 2009; illogicità e contraddittorietà della motivazione in riferimento agli istituti giuridici considerati;

difetto assoluto della giurisdizione e violazione degli istituti normativi regolanti la applicazione pena ex artt. 444 e 445 cod. proc. pen. e gli effetti dell’irrevocabilità e extra penali ex artt. 648 – 653 cod. proc. pen. della sentenza (penale) e errata applicazione della L. 27 marzo 2001, n. 97 e in particolare dell’art. 7 nonchè della successiva L. n. 134 del 2003. Le argomentazioni addotte a sostegno si sostanziano nella tesi che, a mente della normativa indicata, l’accertamento della colpevolezza erariale con specifico riferimento al danno di immagine, presuppone l’accertamento della responsabilità penale, la quale deve essere affermata con sentenza irrevocabile, cui non è equiparabile la sentenza che pronuncia sull’istanza di applicazione della pena, dal momento che essa può intervenire già nella fase prodromica delle indagini preliminari.

2 – Il secondo motivo lamenta vizio di motivazione. Si assume che la sentenza impugnata non ha tenuto conto della sentenza n. 355 intervenuta il 1 dicembre 2010 della Corte Costituzionale e della sentenza n. 26806 del 19 dicembre 2009 delle Sezioni Unite; si ravvisa, poi, una violazione del ne bis in idem sostanziale e comunque una proliferazione di richieste di risarcimento.

3 – Il terzo motivo denuncia violazione del contraddittorio e del diritto di difesa.

4 – Il ricorso è inammissibile. Infatti (Cass. Sez. Un. 21 luglio 2011, n. 15975) l’art. 360 c.p.c., comma 3, nel testo modificato dal D.Lgs. n. 40 del 2006 (applicabile alla specie ratione temporis), stabilisce che non sono immediatamente impugnabili con ricorso per cassazione le sentenze che decidono di questioni insorte senza definire, neppure parzialmente, il giudizio. Il ricorso per cassazione avverso tali sentenze può essere proposto, senza necessità di riserva, allorchè sia impugnata la sentenza che definisce, anche parzialmente, il giudizio.

5 – Nella specie, la sentenza della Corte dei conti non definisce neppure parzialmente il giudizio, ma decide unicamente le questioni relative alla nullità della citazione e degli atti processuali e all’improcedibilità della domanda e lo stesso ricorrente riconosce testualmente (pag. 4 del ricorso) che la controversia è stata successivamente decisa da altra sentenza.

6 – Pertanto il ricorso è inammissibile.

P.Q.M.

Dichiara il ricorso inammissibile.

Così deciso in Roma, il 14 febbraio 2012.

Depositato in Cancelleria il 28 maggio 2012
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