Cass. civ. VI – 1, Sent., 29-05-2012, n. 8592 Diritti politici e civili

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso depositato il 19 ottobre 2007 presso la Corte d’appello di Roma, S.G. ha chiesto il riconoscimento dell’equa riparazione per la irragionevole durata di un processo, introdotto dinnanzi alla Corte dei conti, sezione giurisdizionale del Lazio con ricorso depositato il 2 agosto 2002 e definito con sentenza depositata il 10 ottobre 2006.

L’adita Corte d’appello ha ritenuto violata la durata ragionevole del processo – stimata in tre anni – per un anno, liquidando in favore del ricorrente la somma omnicomprensiva di Euro 1.000,00.

Per la cassazione di questo decreto S.G. ha proposto ricorso sulla base di un unico motivo; l’intimata amministrazione ha depositato memoria ai fini della partecipazione alla discussione in pubblica udienza.

Motivi della decisione

Il collegio ha deliberato l’adozione della motivazione semplificata nella redazione della sentenza.

Con l’unico motivo di ricorso il ricorrente denuncia violazione e/o falsa applicazione della L. n. 89 del 2001, art. 2 e dell’art. 6, par. 1, e dell’art. 13 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, e degli artt. 1223, 122 6, 1227 e 2056 cod. civ., dolendosi del fatto che la Corte d’appello abbia riconosciuto l’indennizzo solo in relazione agli anni di eccessiva durata del giudizio presupposto e non alla intera durata di tale giudizio, come imposto dalla giurisprudenza della Corte europea. Il ricorrente chiede che venga sollevata, ai sensi dell’art. 234 del Trattato CE, questione pregiudiziale rimettendo la causa alla Corte di Giustizia, in considerazione della intervenuta ricomprensione della convenzione europea dei diritti umani tra le fonti del diritto comunitario, al fine di fare affermare che il citato L. n. 89 del 2001, art. 2 deve essere interpretato nel senso che l’indennizzo deve essere ragguagliato alla intera durata del giudizio presupposto e non solo alla parte di questo eccedente la ragionevole durata.

Il ricorso è infondato.

La giurisprudenza di questa Corte è saldamente orientata nel senso che ai fini della liquidazione dell’indennizzo del danno conseguente alla violazione del diritto alla ragionevole durata del processo, ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, non deve aversi riguardo ad ogni anno di durata del processo stesso, essendo vincolante, per il giudice nazionale, la L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 3, lett. a ai sensi del quale è influente solo il danno riferibile al periodo eccedente il termine ragionevole (Cass. 21597 del 2005; Cass. n. 22875 del 2009).

Tale interpretazione della L. n. 89 del 2001, art. 2 è poi stata ritenuta immune da dubbi di costituzionalità, essendosi dichiarata manifestamente infondata la questione di costituzionalità della L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 3, lett. a), nella parte in cui stabilisce che, al fine dell’equa riparazione, rileva soltanto il danno riferibile al periodo eccedente il termine di ragionevole durata, non essendo ravvisabile alcuna violazione dell’art. 117 Cost., comma 1, in riferimento alla compatibilità con gli impegni internazionali assunti dall’Italia mediante la ratifica della Convenzione Europea per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle libertà fondamentali. Infatti, qualora sia sostanzialmente osservato il parametro fissato dalla Corte EDU ai fini della liquidazione dell’indennizzo, la modalità di calcolo imposta dalla norma nazionale non incide sulla complessiva attitudine della legislazione interna ad assicurare l’obiettivo di un serio ristoro per la lesione del diritto in argomento, non comportando una riduzione dell’indennizzo in misura superiore a quella ritenuta ammissibile dal giudice europeo; diversamente opinando, poichè le norme CEDU integrano il parametro costituzionale, ma rimangono pur sempre ad un livello subcostituzionale, dovrebbe valutarsi la conformità del criterio di computo desunto dalle norme convenzionali, che attribuisce rilievo all’intera durata del processo, rispetto al novellato art. 111 Cost., comma 2, in base al quale il processo ha un tempo di svolgimento o di durata ragionevole, potendo profilarsi, quindi, un contrasto dell’interpretazione delle norme CEDU con altri diritti costituzionalmente tutelati. Nè a conclusioni diverse perviene la stessa giurisprudenza della predetta Corte internazionale che – nei precedenti Martinetti e Cavazzuti c. Italia del 20 aprile 2010, Delle Cave e Corrado c. Italia del 5 giugno 2007 e Simaldone c. Italia del 31 marzo 2009 – ha osservato che il solo indennizzo, come previsto dalla Legge Italiana n. 89 del 2001, del pregiudizio connesso alla durata eccedente il ritardo non ragionevole, si correla ad un margine di apprezzamento di cui dispone ciascuno Stato aderente alla CEDU, che può istituire una tutela per via giudiziaria coerente con il proprio ordinamento giuridico e le sue tradizioni, in conformità al livello di vita del Paese, conseguendone che il citato metodo di calcolo previsto dalla legge italiana, pur non corrispondendo in modo esatto ai parametri enunciati dalla Corte EDU, non è in sè decisivo, purchè i giudici italiani concedano un indennizzo per somme che non siano irragionevoli rispetto a quelle disposte dalla CEDU per casi simili (Cass. n. 478 del 2011).

Le argomentazioni sin qui svolte consentono di rigettare il motivo e di escludere la necessità di rimettere gli atti alla Corte di Giustizia al fine della verifica della compatibilità della norma interna con l’ordinamento comunitario, per effetto della intervenuta ricomprensione della convenzione europea dei diritti umani tra le fonti del diritto comunitario.

Il ricorso deve quindi essere rigettato.

Non vi è luogo a provvedere sulle spese del giudizio di legittimità, atteso che l’amministrazione ha depositato un atto di costituzione ai fini della partecipazione alla discussione del ricorso, ma la difesa erariale non è intervenuta all’udienza di discussione.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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