Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 28-10-2011) 18-11-2011, n. 42647

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

– 1 – V.R. ricorre per cassazione avverso l’ordinanza 14.4/3.5.201 Idei tribunale di Reggio Calabria, di conferma della misura cautelare della custodia in carcere per il delitto di associazione a delinquere di tipo mafioso, disposta con ordinanza, emessa in data 28.2.2011 dal gip dello stesso tribunale, contestando la logicità della motivazione del provvedimento sia sul versante della sussistenza degli indizi sia, in via subordinata, sul versante della gravità delle circostanze indizianti. In particolare il ricorrente riporta testualmente il contenuto di due conversazioni captate rispettivamente il 4.9. e del 10.10 2009, valorizzate ai fini accusatori dai giudici del merito, per inferirne la loro inconsistenza ed insufficienza in funzione di giustificare il discorso giudiziale.

– 1 – Il ricorso è inammissibile perchè generico, mancando di indicare i criteri di ragione che possano giustificare la valutazione difensiva di inconsistenza ed insufficienza. Sta di fatto che i giudici di merito hanno agevolmente tratto delle conversazioni captate nella casa circondariale di Vibo Valentia il 4.9.2002 tra affiliati, ed avente per oggetto le doti da assegnare a vari ‘ndraghetisti in una apposita riunione a cui dovevano partecipare persone di spicco l’inserimento del V., che partecipava al colloquio, nell’organizzazione criminale, evidenziata ancor più dal fatto che ad un certo punto della conversazione O.D. cl. (OMISSIS), uomo di spicco dell’associazione, comunicava al V. la "copiata di riferimento", ossia il nominativo degli uomini d’onore di rango superiore, presenti nei cerimoniali di conferimento di un grado superiore ad un uomo d’onore, meccanismo che ha garantito l’espansione e la solidità dell’ndrangheta. Una tale circostanza, secondo i giudici di merito, sarebbe, a ragione, oltremodo significativa del pieno inserimento, ed ad un elevato livello, dell’indagato nella cosca, per trattarsi nella specie di una copiata a livello provinciale, che, giusto il tenore della conversazione del 10.10.2009, non si comunicava certo ai semplici affiliati.

Ebbene il contesto, per nulla considerato dai motivi di ricorso, conferisce luce sinistra alla conversazione captata e delucida in modo non equivoco il contenuto della conversazione. A fronte di un discorso giustificativo giudiziale così pregnante la difesa del ricorrente muove critiche filologicamente esplicitate da espressioni generiche, come tale idonei alla critica, epidermica, di qualsiasi altro costrutto accusatorio. E, per giurisprudenza consolidata, il compito di questa Corte deve limitarsi a verificare se le giustificazioni date dal giudice del merito siano compatibili i con il senso comune e con i limiti di una plausibile opinabilità di apprezzamento. E la verifica, risolvendosi positivamente, esime dalla ricerca di riscontro, superflui a fronte del chiaro significato attribuito alle conversazioni intercettate. La giurisprudenza di legittimità sul punto non registra arresti di sorta: alle indicazioni di reità provenienti da conversazioni intercettate non si applica il canone di valutazione di cui all’art. 192 c.p.p., comma 3, perchè esse non sono assimilabili alle dichiarazioni che il coimputato del medesimo reato o la persona imputata in procedimento connesso rende in sede di interrogatorio dinanzi all’autorità giudiziaria e, conseguentemente, per esse vale la regola generale del prudente apprezzamento del giudice (v. per, tutte, Sez. 1, 23.9/11.10.2010, Pisanello e a., Rv 248290; Sez. 5, 26.3/8.6.2010, Cavallaro e a., Rv 247447; Sez. 4, 28.9/26.10.2006, Della Vendura, Rv 235020).

Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte cost. n. 186/2000; Cass. S.U. 27.6.2001, Cavalera Rv. 219532) – al pagamento a favore della cassa delle ammende della somma di mille Euro, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di mille Euro alla cassa delle ammende.

Dispone trasmettersi, a cura della cancelleria, copia del provvedimento al direttore dell’Istituto penitenziario, ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1-ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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