Cass. civ. Sez. III, Sent., 29-05-2012, n. 8575

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1.- Con sentenza n. 439/2004 il Tribunale di Venezia, pronunciando sulle conseguenze del sinistro avvenuto il (OMISSIS) tra due motocicli, in esito al quale B.M. (collaudatore di motociclette alle dipendenze della S.p.A. Aprilia) decedette, ne attribuì la responsabilità esclusiva a S.L. (dipendente della medesima società) e condannò il predetto, l’Aprilia e la Sai al risarcimento del danno a favore dei prossimi congiunti della vittima.

2.- Con sentenza in data 4 maggio – 16 luglio 2009 la Corte d’Appello di Venezia confermò la sentenza del Tribunale.

La Corte territoriale osservò per quanto interessa: ad Br.

A., madre del B., non poteva essere riconosciuto il danno morale specifico, distinto da quello soggettivo e da quello di rilevanza medico-legale; il danno morale e biologico jure ereditario non potevano essere liquidati non avendo avuto la vittima lucida consapevolezza della propria situazione terminale; l’acconto percepito era stato correttamente imputato; non appariva configurabile la responsabilità contrattuale dell’Aprilia; l’appello incidentale della Fondiaria – Sai prospettava tardivamente questioni nuove.

1.- Avverso la suddetta sentenza B.G., Br.

B.A. e B.L. proposero ricorso per cassazione articolato in cinque motivi.

La Fondiaria – Sai propose ricorso incidentale affidato ad un motivo.

Piaggio & C. (già Aprilia) S.p.A. e Assicurazioni Generali S.p.A. resistettero con separati controricorsi, mentre S.L. non espletò attività difensiva.

Le parti presentarono memorie.

I ricorsi, originariamente avviati alla trattazione in camera di consiglio, sono stati rimessi alla pubblica udienza.

I ricorrenti e Assicurazioni Generali hanno depositato ulteriori memorie.

Motivi della decisione

Ricorso principale B..

1.1.- Il primo motivo denuncia violazione dell’art. 2059 c.c. per mancata personalizzazione del danno di Bo.Ag.. In sostanza si lamenta che a costei è stato riconosciuto il danno morale per la morte del figlio e il danno biologico jure proprio per la patologia riscontrata quale conseguenza della perdita del figlio, ma non il danno morale correlato a tale malattia.

1.2.- La censura è manifestamente infondata. La Corte territoriale ha correttamente rilevato l’impossibilità di configurare un danno ulteriore e diverso, distinto da quello soggettivo conseguente alla perdita del figlio e da quello della compromissione del benessere psichico. Appare evidente che l’accoglimento della tesi propugnata dalla parte ricorrente comporterebbe una inammissibile duplicazione risarcitoria.

La soluzione disattesa appare tanto più infondata ove si consideri il carattere unitario ormai riconosciuto al danno non patrimoniale (Cass. Sez. Un. n. 26972 del 2008) e l’orientamento più volte espresso da questa stessa sezione, secondo cui (Cass. sez. 3, n. 2557 del 2011 e n. 28423 del 2008) la morte di un prossimo congiunto può causare nei superstiti sia una sofferenza morale per la perdita del rapporto parentale, sia un danno biologico vero e proprio in presenza di una effettiva compromissione dello stato di salute fisica o psichica di chi lo invoca, la quale deve essere specificamente allegata con l’atto introduttivo del giudizio.

Nè può negarsi, proprio in virtù dei riconoscimento del danno morale per la morte del figlio e del danno biologico personale (non riconosciuto all’altro genitore) che la sentenza impugnata abbia personalizzato il danno subito dalla B..

2.1.- Il secondo motivo assume violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. e dell’art. 2059 c.c. per il mancato riconoscimento del danno jure hereditario. Si assume che esso spettava essendo trascorso un apprezzabile lasso di tempo tra le lesioni patite da B.M. e la morte causata dalle medesime.

2.2.- Il motivo è infondato. Premesso che la violazione dell’art. 112 c.p.c. si verifica solo allorchè il giudice di merito ometta di pronunciarsi su una delle domande o dei motivi di gravame prospettati dalla parte e non quando li rigetti, è agevole rilevare che la Corte d’Appello ha deciso la questione di diritto in modo conforme alla giurisprudenza della Corte di Cassazione e il motivo in esame non offre elementi per mutarlo ( art. 360-bis c.p.c., n. 1). Anche recentemente questa stessa sezione (Cass. Sez. 3, n. 19133 del 2011) ha ribadito che, in tema di risarcimento del danno non patrimoniale, quando all’estrema gravità delle lesioni, segua, dopo un intervallo temporale brevissimo, la morte, non può essere risarcito il danno biologico "terminale" connesso alla perdita della vita come massima espressione del bene salute.

Analogamente, quando all’estrema gravità delle lesioni, segua, dopo un intervallo temporale brevissimo la morte, il danno morale, ontologicamente distinto dal danno biologico, può essere liquidato solo allorchè la vittima sia rimasta compos sui e consapevole delle condizioni cliniche seguite al sinistro.

La sentenza impugnata, con apprezzamento di fatto non censurato sotto il profilo del vizio di motivazione, ha accertato che nel brevissimo periodo di sopravvivenza (quattro giorni) la vittima non ebbe neppure la percezione e la lucida consapevolezza della propria situazione terminale.

3.1.- Il terzo motivo lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 1224 c.c. Il tema trattato è la determinazione del tasso di interessi da applicare al capitale rivalutato (stabilito nell’8% e richiesto nel 10%).

3.2.- Il quarto motivo ipotizza violazione e falsa applicazione dell’art. 1194 c.c. sull’imputazione a capitale dell’acconto pagato dalla compagnia di assicurazione in corso di causa.

3.3.- Anche queste censure, che per la loro connessione vengono trattate congiuntamente, trovano insormontabile ostacolo nell’art. 360-bis c.p.c., n. 1, dal momento che la statuizione stigmatizzata è conforme all’orientamento di questa Corte, bene espresso da Cass. Sez. 3, n. 14975 del 2006 (e poi sempre ribadito, confronta la recente Cass. n. 12828 del 2009), secondo cui, qualora, in relazione alla domanda del creditore di riconoscimento del "maggior danno" ai sensi dell’art. 1224 c.c., comma 2 si provveda all’integrale rivalutazione del credito, tale rivalutazione si sostituisce al danno presunto costituito dagli interessi legali, ed è idonea, quale espressione del totale danno sofferto in concreto, a coprire l’intera area dei danni subiti dal creditore stesso, con la conseguenza che solo da tale data spettano, sulla somma rivalutata, gli interessi, verificandosi altrimenti l’effetto che il creditore riceverebbe due volte la liquidazione dello stesso danno e conseguirebbe più di quanto avrebbe ottenuto se l’obbligazione fosse stata tempestivamente adempiuta.

4.- Il quinto motivo (erroneamente contrassegnato con il numero 1) lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. e dell’art. 1283 c.c.. I ricorrenti affermano testualmente :"non si vede per quale motivo non debba essere pronunziato sulla nostra richiesta di applicazione dell’art. 1283 decorrente dalla data di liquidazione del danno e cioè dalla data della sentenza di primo grado". 4.2.- Questa censura è inammissibile poichè non autosufficiente e priva di argomentazioni a sostegno, in palese violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 4.

Ricorso incidentale Fondiaria – Sai.

5.1.- L’unico motivo denuncia violazione degli artt. 334 e 343 c.p.c. poichè la Corte d’Appello ha dichiarato inammissibile l’appello incidentale tardivo avendolo ritenuto non dipendente sotto il profilo logico-giuridico da quello principale. Detto appello era stato proposto sulla base di tre motivi, con i quali si contestava l’operatività della polizza assicurativa stipulata con l’Aprilia (primo motivo), l’applicabilità alla specie della L. n. 990 del 1969 (secondo motivo) e l’esclusione della solidarietà passiva di Assicurazioni Generali (terzo motivo).

5.2.- La censura è infondata anche se la motivazione della Corte d’Appello deve essere corretta.

I primi due motivi dell’appello incidentale non introducevano una domanda nuova ed erano rivolti anche contro i ricorrenti principali.

Tuttavia essi si rivelano inammissibili nei confronti di costoro poichè omettono di censurare la ratio decidendi – e quindi di rimuovere la statuizione decisiva – del Tribunale, secondo cui l’eventuale inoperatività della polizza (da esso esclusa) non potrebbe essere opposta ai B..

Nè può ravvisarsi l’ammissibilità delle censure nei confronti dell’Aprilia, contro cui, ove accertata l’inoperatività della polizza, sarebbe stata esperibile l’azione di rivalsa, in quanto la relativa domanda non è mai stata proposta.

5.3.- Il terzo motivo era effettivamente volto contro soggetto diverso dall’appellante principale e proponeva una domanda nuova.

Giova precisare che la domanda dei B. era stata inizialmente proposta, nei confronti di S., Aprilia e Sai, avanti al giudice del lavoro ed era stata basata sugli artt. 2087, 2049 e 2054 c.c..

L’Aprilia aveva chiamato in garanzia le Assicurazioni Generali, garante per la responsabilità operai e terzi. Il giudice del lavoro rigettò la domanda svolta ai sensi dell’art. 2087 c.c. e la conseguente domanda di manleva nei confronti delle Generali e dichiarò la propria incompetenza a decidere sulla domanda ex artt. 2054 e 2049 c.c.. Nel giudizio riassunto avanti al Tribunale ordinario vennero riproposte le medesime domande. Il Tribunale ravvisò la causa del sinistro nell’inversione ad "U" effettuata dal S. e condannò al risarcimento del danno, unitamente a costui, l’Aprilia, quale proprietaria del veicolo e ai sensi dell’art. 2049 c.c. sussistendo un nesso di occasione necessaria tra le incombenze affidate al S. e l’evento dannoso e la Sai nella qualità di assicuratore per la responsabilità civile. Inoltre precisò che la domanda di garanzia avanzata dall’Aprilia nei confronti delle Generali andava respinta poichè proposta con esclusivo riferimento alla responsabilità ex art. 2087 c.c., decisa con sentenza ormai definitiva dal giudice del lavoro. Da tale premessa si evince che effettivamente il ricorso principale non era rivolto contro la Assicurazioni Generali e che nei confronti della medesima nessuna domanda era stata proposta in primo grado dall’appellante incidentale.

6.- Pertanto entrambi i ricorsi vanno rigettati. Considerata la natura della controversia, i temi trattati e il loro esito, si ritiene sussistano giusti motivi per compensare le spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

Rigetta i ricorsi riuniti. Compensa le spese del giudizio di cassazione.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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