Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 28-10-2011) 18-11-2011, n. 42646

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

-1 – M.G. ricorre per cassazione avverso l’ordinanza 14.4/3.5.2011 del tribunale di Reggio Calabria, di conferma della misura cautelare della custodia in carcere per il delitto di associazione a delinquere di tipo mafioso, disposta con ordinanza, emessa in data 28.2.2011 dal gip dello stesso tribunale, muovendo tre ordini di rilievi. Il primo: manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione costituita dal richiamo a due conversazioni captate etero-accusatorie di per sè equivoche, generiche ed incerte, non supportate da elementi di riscontro ed anzi amputate dal collegamento di altra conversazione tra terzi, del 24.1.2008,- questa sì non equivoca e non generica, riconosciuta dal giudice del riesame inconferente perchè non riferibile all’indagato.

Il secondo: motivazione apparente nella misura in cui, non discostandosi per nulla dal discorso giustificativo del giudice che ha applicato la misura, non ha dato conto, da un lato, dei criteri di ragione a sostegno della ritenuta chiarezza di significato delle due conversazioni, e non ha considerato, dall’altro, le ragioni contrarie offerte dalla difesa.

Il terzo: ancora manifesta illogicità della motivazione sul punto, affatto chiarito, relativo alla specifica posizione ed al ruolo che avrebbe rivestito l’indagato in seno alla cosca ndraghetista.

-2- Nessuno dei tre motivi di ricorso merita accoglimento perchè infondati.

Non i primi due, per il fatto che dal tenore delle conversazioni rispettivamente del 31.7.2008 tra G.N. e F. G. e del 21.8.2008 tra ancora G.N. e R. F., tutti uomini di ‘ndragheta, i giudici di merito hanno tratto il convincimento dell’inserimento dell’indagato nell’associazione, avendo fatto riferimento al contesto, del tutto ignorato dalla difesa del ricorrente, in cui quelle conversazioni si collocavano: nella prima, nel corso di una discussione di alcune cariche di ‘ndragheta e dei relativi assegnatali, veniva prospettata la eventualità che la qualifica di "padrino" fosse attribuita, per la locale di (OMISSIS) a M.P., dal che si deduceva agevolmente che l’indagato era inserito nella cd. "società Maggiore", di cui facevano parte ‘ndraghetisti di elevato livello;

nella seconda, la discussione verteva sull’intervento dell’indagato per riappacificare i cugini G.N. e G.C. con riferimento ad una riunione di ‘ndraghetisti avvenuta il 3.7.2008 in località (OMISSIS) e indetta per risolvere questioni interne alla cosca e dove si era discusso in merito alla punizione di affiliati alla ‘ndragheta.

Ora in materia di intercettazioni telefoniche, l’interpretazione del linguaggio e del contenuto delle conversazioni costituisce questione di fatto, rimessa alla valutazione del giudice di merito, e si sottrae al sindacato di legittimità se tale valutazione è motivata in conformità ai criteri della logica e delle massime di esperienza.

Ed in effetti la ricostruzione delle circostanze indizianti, nella specie, si rivela precisa, chiara e concordante, sorretta, per i riferimenti al contesto, da criteri di seria ragionevolezza: il compito di questa Corte di conseguenza deve limitarsi a verificare se le giustificazioni date dal giudice del merito siano compatibili i con il senso comune e con i limiti di una plausibile opinabilità di apprezzamento. E la verifica, risolvendosi positivamente, esime dalla ricerca di riscontro, superflui a fronte del chiaro significato attribuito alle conversazioni intercettate. La giurisprudenza di legittimità sul punto non registra arresti di sorta: alle indicazioni di reità provenienti da conversazioni intercettate non si applica il canone di valutazione di cui all’art. 192 c.p.p., comma 3, perchè esse non sono assimilabili alle dichiarazioni che il coimputato del medesimo reato o la persona imputata in procedimento connesso rende in sede di interrogatorio dinanzi all’autorità giudiziaria e, conseguentemente, per esse vale la regola generale del prudente apprezzamento del giudice (v. per,tutte, Sez. 1, 23.9/11.10.2010, Pisanello e a., Rv 248290; Sez. 5, 26.3/8.6.2010, Cavallaro e a., Rv 247447; Sez. 4, 28.9/26.10.2006, Della vendura, Rv 235020).

Nemmeno il terzo ed ultimo motivo di ricorso appare fondato: invero il mero inserimento, ed ad un livello qualificato, nella associazione costituisce di per sè condotta costitutiva del reato, che è di pericolo, per la disponibilità ad agire, quale uomo d’onore, ai fini perseguiti dalla consorteria ‘ndraghetista.

Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che rigetta il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Dispone trasmettersi, a cura della cancelleria, copia del provvedimento al direttore dell’Istituto penitenziario, ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1-ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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