Cass. civ. Sez. III, Sent., 29-05-2012, n. 8571

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1 – Con sentenza in data 8 giugno – 25 ottobre 2002 il Tribunale di Vercelli accolse la domanda proposta da D.M. e, attribuita la responsabilità esclusiva del sinistro stradale a R.M., che l’aveva investita mentre stava esercitando l’attività di operatrice ecologica, condannò la medesima e la Meie Assicurazioni S.p.A. a risarcirle il conseguente danno, analiticamente determinato.

2 – Con sentenza in data 26 settembre – 26 ottobre 2006 la Corte d’Appello di Torino dichiarò inammissibile l’Appello della D..

La Corte territoriale osservò per quanto interessa: la sentenza del Tribunale era stata notificata alla Meie nel domicilio eletto presso il procuratore costituito in primo grado e tale notifica era idonea a far decorrere anche per il notificante il termine breve di cui all’art. 325 c.p.c.;

conseguentemente l’appello della D. era tardivo.

3 – Avverso la suddetta sentenza la D. ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi, illustrati con successiva memoria.

L’Aurora Assicurazioni S.p.A. (già Meieauurora Assicurazioni S.p.A.) ha resistito con controricorso.

La R. non ha espletato attività difensiva.

Il Collegio ha raccomandato la motivazione semplificata.

Motivi della decisione

1.1 – L’Aurora Assicurazioni (già Meieaurora Assicurazioni) S.p.A. ha eccepito l’inammissibilità del ricorso perchè notificato alla Meie Assicurazioni S.p.A., società che asseriva essere carente di legittimazione passiva poichè, come risulta dalla sentenza impugnata, l’appellata costituita nel giudizio di secondo grado era la Meieaurora Assicurazioni S.p.A. 1.2 – L’eccezione è infondata. Il ricorso è stato notificato nel domicilio eletto nel giudizio di appello dalla Meieasurora Assicurazioni S.p.A. che nel giudizio di primo grado risultava denominata Meie Assicurazioni S.p.A. e che poi si è fusa con l’Aurora Assicurazioni. E’ noto (Cass. n. 1059 del 2011) che la fusione di società realizza una successione universale corrispondente a quella "mortis causa" e produce gli effetti, tra loro interdipendenti, dell’estinzione della società incorporata e della contestuale sostituzione, nella titolarità dei rapporti giuridici attivi e passivi facenti capo a questa, della società incorporante, che rappresenta il nuovo centro di imputazione e di legittimazione dei rapporti giuridici già riguardanti i soggetti fusi o incorporati. Ne consegue (Cass. n. 13695 del 2005) che, nel caso di proposizione del ricorso per cassazione nei confronti di società incorporata da un’altra società, posteriormente all’iscrizione dell’atto di fusione nel registro delle imprese, l’assoluta incertezza circa l’identità della parte per l’inesistenza del soggetto indicato nell’atto, e quindi un vizio del ricorso per mancata costituzione del contraddittorio, inquadrabile fra le nullità regolate dall’art. 164 c.p.c., comma 1; tuttavia tale nullità è sanata con effetto "ex nunc" dalla costituzione in giudizio della parte effettivamente legittimata.

La costituzione dell’Aurora Assicurazioni ha avuto, dunque, efficacia sanante.

2.1 – Il primo motivo denuncia violazione e/o falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., comma 1, n. 4, nonchè degli artt. 101, 183 e 359 c.p.c. in relazione all’art. 111 Cost., commi 1 e 2; in ogni caso omissione, insufficienza e/o contraddittorietà della motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio: in particolare, omissione di motivazione circa la mancata elezione di domicilio da parte del procuratore Meie in primo grado.

2.2 – Ai ricorsi proposti contro le sentenze pubblicate a partire dal 2.3.2006, data di entrata in vigore del D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, recante modifiche al codice di procedura civile in materia di ricorso per cassazione, si applicano le disposizioni dettate nello stesso decreto al Capo 1^.

Secondo l’art. 366-bis c.p.c. – introdotto dall’art. 6 del decreto – i motivi di ricorso debbono essere formulati, a pena di inammissibilità, nel modo lì descritto e, in particolare, nei casi previsti dall’art. 360 c.p.c., nn. 1), 2), 3) e 4, l’illustrazione di ciascun motivo si deve concludere con la formulazione di un quesito di diritto, mentre, nel caso previsto dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione.

2.3. – Occorre rilevare sul piano generale che, considerata la sua funzione, la norma indicata (art. 366 bis c.p.c.) va interpretata nel senso che per, ciascun punto della decisione e in relazione a ciascuno dei vizi, corrispondenti a quelli indicati dall’art. 360 c.p.c., per cui la parte chiede che la decisione sia cassata, va formulato un distinto motivo di ricorso.

Per quanto riguarda, in particolare, il quesito di diritto, è ormai jus receptum (Cass. n. 19892 del 2007) che è inammissibile, per violazione dell’art. 366 bis c.p.c., introdotto dal D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 6 il ricorso per cassazione nel quale esso si risolva in una generica istanza di decisione sull’esistenza della violazione di legge denunziata nel motivo. Infatti la novella del 2006 ha lo scopo di innestare un circolo selettivo e "virtuoso" nella preparazione delle impugnazioni in sede di legittimità, imponendo al patrocinante in cassazione l’obbligo di sottoporre alla Corte la propria finale, conclusiva, valutazione della avvenuta violazione della legge processuale o sostanziale, riconducendo ad una sintesi logico- giuridica le precedenti affermazioni della lamentata violazione.

In altri termini, la formulazione corretta del quesito di diritto esige che il ricorrente dapprima indichi in esso la fattispecie concreta, poi la rapporti ad uno schema normativo tipico, infine formuli il principio giuridico di cui chiede l’affermazione.

Quanto al vizio di motivazione, l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione; la relativa censura deve contenere un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto), che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità (Cass. Sez. Unite, n. 20603 del 2007).

2.4. – Il quesito finale non da adeguata ragione delle numerose norme di cui è stata denunciata violazione e falsa applicazione (peraltro senza specificazione, come se si trattasse di sinonimi) e non postula l’enunciazione di un principio di diritto, decisivo per il giudizio e nel contempo di applicazione generalizzata, fondato sulle norme indicate, ma si limita a chiedere alla Corte di cassazione di verificare la (negata) correttezza della sentenza impugnata, peraltro ricorrendo a formulazione astratta e avulsa dalla motivazione della sentenza e dalla specificazione di quanto in concreto verificatosi.

Quanto all’asserito vizio di motivazione, manca il momento di sintesi necessario non solo per circoscrivere il fatto controverso, ma anche per specificare in quali sue parti e per quali ragioni la motivazione della sentenza impugnata di riveli, rispettivamente, omessa, insufficiente, contraddittoria, concetti tra loro antitetici poichè la motivazione di una sentenza non può essere contemporaneamente, con riferimento ad un medesimo punto, omessa e contraddittoria.

3. – Le medesime considerazione (inidoneità del quesito e mancanza del momento di sintesi) caratterizzano anche i successivi motivi, che lamentano, rispettivamente, violazione e/o falsa applicazione degli artt. 82 e 83 c.p.c. dell’art. 1324 c.c., nonchè degli artt. 1324 e 1362 c.c. e, in ogni caso, insufficienza e/o contraddittorietà della motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio: in particolare, sull’erronea applicazione delle norme in tema di interpretazione dei contratti alla sottoscrizione apposta dal difensore alla procura alle liti (secondo motivo) e violazione e/o falsa applicazione del R.D. 22 gennaio 1934, n. 37, art. 82, art. 47 c.c., nonchè art. 1324 c.c., art. 1362 c.c. e segg.; in ogni caso insufficienza e/o contraddittorietà della motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio: in particolare, sulla nullità della procura o, comunque, sulla sua inefficacia ai fini dell’elezione di domicilio da parte del procuratore della convenuta Meie in primo grado.

4 – Peraltro il ricorso omette di riferire e di considerare la rilevante circostanza che le censure sono finalizzate ad ottenere la declaratoria di una nullità (della notificazione della sentenza di promo grado) cui la stessa ricorrente avrebbe dato causa (vedi art. 157 c.p.c., comma 3).

5 – Pertanto il ricorso va dichiarato inammissibile: Le spese seguono il criterio della soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Dichiara il ricorso inammissibile. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 3.200,00, di cui Euro 5.000,00 per onorari, oltre spese generali e accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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