Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 28-10-2011) 18-11-2011, n. 42643

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

– 1 – R.G. ricorre per cassazione avverso l’ordinanza 18/27.4.2011 del tribunale di Reggio Calabria che, in sede di appello, confermava il pregresso provvedimento del gip dello stesso tribunale, in data 28.2.2011, di rigetto della richiesta di revoca della misura cautelare in carcere per i delitti di cui ai capi E e T – associazione a delinquere di stampo mafioso, turbata libertà degli incanti ed estorsione ex artt. 416 bis, 353 e 629 c.p.- di cui all’ordinanza cautelare in carcere emessa il 9.6.2010 dal predetto gip. Con l’unico motivo di ricorso la difesa del ricorrente denuncia violazione della legge penale,della legge processuale penale, nonchè "la corretta individuazione dei gravi indizi di colpevolezza" in relazione ai delitti come contestati. In particolare, a fronte del discorso giustificativo dei giudici di merito, che richiamano l’apparato indiziario posto a base dell’ordinanza cautelare non oggetto di riesame, e l’inconcludenza degli elementi di novità, rispetto a quel quadro, prospettati dalla difesa, i motivi di ricorso, da un lato, contestano le limitazioni conoscitive che deriverebbero al giudice di appello per via dell’ordinanza cautelare di cui non è stato richiesto il riesame, dall’altro il difetto di riscontri alle conversazioni intercettate etero-accusatorie con riferimento al delitto di turbativa agli incanti, dall’altro ancora la ritenuta irrilevanza delle indagini difensive, costituite dall’acquisizione di deposizioni testimoniali, in merito al delitto associativo.

– 2 – Il ricorso merita accoglimento solo in parte, con riferimento solo al delitto di turbativa d’asta e e del collegato delitto di estorsione. Infondato invece il ricorso nella parte in cui ha riferimento al delitto di associazione a delinquere di tipo mafioso.

Preliminarmente occorre anche in questa sede ribadire che una volta emessa l’ordinanza in materia cautelare, all’esito del procedimento eventualmente instaurato di riesame o allo scadere del termine previsto per la sua proposizione, si forma una preclusione processuale, anche se di portata più modesta di quella relativa alla cosa giudicata, perchè è limitata allo stato degli atti e copre solo le questioni dedotte (v, per tutte, Sez. 1, 13/27.5.2010, De Simone, Rv 247659). Ne consegue che non valgono a infirmare il pregresso provvedimento restrittivo la prospettazione di elementi di fatto nuovi in sè ma incapaci di intaccare l’originario quadro accusatorio. Ora l’elemento nuovo, senza ragione sottovalutato dal giudice di merito, è per l’appunto costituito dall’annullamento dell’ordinanza cautelare nei confronti del coindagato L.P. S., la cui posizione è strettamente avvinta a quella del ricorrente. Non vale in proposito sottolineare la novità delle nuove circostanze intervenute a favore dell’indagato – il suo interrogatorio chiarificatore e le deposizione di terzi a suo favore – e che non ricorrerebbero per il ricorrente, senza fare alcun cenno sui riflessi che la mutata situazione indiziante nei confronti dell’uno riverberi sulla posizione dell’altro. Il turbamento della gara per aggiudicarsi l’immobile, già di proprietà di S. F.V., immobile che vedeva coinvolti i maggiori esponenti mafiosi dell’area reggina, nel capo di imputazione è addebitato all’azione congiunta di L.P. e R. e non si vede e non si spiega la ragione per la quale, venuta meno l’azione del primo, anche sul versante della gravità indiziaria, debba rimanete immutata la congiunta azione del secondo. Ed alla predetta osservazione critica se ne può aggiungere l’altra che segnala un chiaro vizio di contraddittorietà intrinseca del provvedimento impugnato: pur in presenza di elementi indizianti, dati dal tenore di conversazioni intercettate, del coinvolgimento sia di L.P. che di R. in merito alla turbativa d’asta e di estorsione di altro acquisto di beni a cui era interessato tale C.A. che ai predetti, insieme ad altri esponenti della criminalità organizzata, si era rivolto perchè lo favorissero nell’acquisto dei suoi beni venduti all’asta attraverso intimidazioni ad altri possibili offerenti, i giudici di merito hanno escluso, con riferimento a tale episodio al coindagato L.P., la possibilità di una incriminazione, "stante la mancanza di un sicuro elemento di prova in ordine al fatto" di una effettiva intimidazione. Lo stesso metro di valutazione però gli stessi giudici di merito, e nel contesto dello stesso provvedimento, oggetto di ricorso, dimostrano di non adottare con riferimento alla condotta del prevenuto in relazione alla gara dell’immobile,già di proprietà del S., finalizzata ad ostacolare a favore di altri l’aggiudicazione della gara a cui era interessato il C., per il fatto che, esclusa la gravità indiziaria della condotta del L.P., che agiva insieme al R., non si indicano le ulteriori azioni di quest’ ultimo finalizzate alla turbativa, specie poi, se l’immobile de quo risulterebbe, giusti i motivi di ricorso, non venduto all’asta,ma ceduto a trattativa privata ad una anonima, tale (OMISSIS), società con sede in (OMISSIS). I motivi di ricorso, invece, che tentano di minare la logicità dell’ordinanza impugnata con riferimento all’imputazione del delitto associativo, sono chiaramente infondati: invero i giudici di merito hanno valorizzato il tenore di puntuali conversazioni intercettate tra terze persone, tali B.D. e B. P., che attribuiscono al prevenuto condotte di chiaro stampo mafioso, quale quella di manacce ed intimidazione agli operai di un cantiere di abbandonare il lavoro, hanno collegato tale circostanza con i riferimenti che in altre conversazioni si colgono in merito al coinvolgimento del prevenuto, insieme ad altri, negli interessi mafiosi di condizionare le gare di aggiudicazioni di beni. Ancora i giudici di merito hanno richiamato le dichiarazioni accusatorie di tale F.A. in data 20.11.2008, a cui ha fatto seguito una condanna per il delitto di associazione mafiosa. A fronte di un tale composito quadro indiziario correttamente i giudici di merito non hanno ritenuto dirimenti le deposizioni di due operai che hanno deposto nel senso di non aver subito minacce dall’indagato volte ad abbandonare il cantiere: è facile sul punto rilevare che i due operai potevano non essere presenti in cantiere nel luogo e nel giorno delle avvenute intimidazioni riferite nel contesto di conversazioni captate etero-accusatorie. Nè può seguirsi la difesa del ricorrente nella parte in cui lamenta l’assenza di riscontri per concedere credibilità alle predette conversazioni, posto che il tenore delle stesse è connotato da caratteri di chiarezza, piana decifrabilità dei significati, dall’assenza di ambiguità, tale da non lasciare margini di dubbio sul significato complessivo della condotta di intimidazione e di minaccia in un contesto mafioso. (in tal senso v. per tutte, Sez. 4, 25.2/7.5.2004, Spadaro e a., Rv 228573).

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata limitatamente ai reati di cui al capo T – art. 353 c.p., comma 1 e art. 629 c.p., comma 2 – e rinvia per nuovo giudizio sul capo al tribunale di Reggio Calabria; rigetta il ricorso nel resto. Dispone trasmettersi, a cura della cancelleria, copia del provvedimento al direttore dell’Istituto penitenziario, ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1-ter.

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