Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 28-10-2011) 18-11-2011, n. 42640

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. – Con ordinanza, deliberata il 3 giugno 2011 e depositata il 8 giugno 2011, il Tribunale ordinario di Palermo, in funzione di giudice distrettuale del riesame delle ordinanze che dispongono misure coercitive, ha confermato la ordinanza del giudice per le indagini preliminari del Tribunale di quella stessa sede, 9 maggio 2011, di custodia cautelare in carcere a carico di G.M., indagato per il delitto di associazione di tipo mafioso, per la compartecipazione alla "famiglia mafioso" di Castronovo di Sicilia.

Con riferimento ai motivi di gravame e in relazione a quanto assume rilievo nel presente scrutinio di legittimità, il Collegio ha osservato: priva di fondamento è la eccezione difensiva circa la violazione del divieto del ne bis in idem, sotto il profilo della ritenuta preclusione costituita dalla sentenza del Tribunale ordinario di Roma, 26 ottobre 2006 di assoluzione, per non aver commesso il fatto, dal delitto associativo; le condotte oggetto di quel giudizio e del presente procedimento sono "strutturalmente diverse"; il fatto giudicato concerne, infatti, la differente ipotesi di associazione capeggiata dai fratelli R., operante in Roma, e finalizzata alla illecita acquisizione degli appalti, con permanenza limitata dal (OMISSIS);

mentre è irrilevante la circostanza della partecipazione a quel gruppo di compartecipi (i R.) inseriti in Cosa Nostra, essendo ammesso il concorso materiale dei delitti associativi.

2. – Ricorre per cassazione l’indagato, col ministero del difensore di fiducia, avvocato Roberto Fabio Tricoli, mediante atto del 23 giugno 2011, col quale dichiara di denunziare, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b), violazione dell’art. 416-bis c.p., artt. 273 e 649 cod. proc. pen., e, censurando la omessa considerazione delle deduzioni difensive in proposito formulate, oppone: le "risultanze probatorie", illustrate nella ordinanza di custodia cautelare in carcere, "riguardano comunque circostanze antecedenti al 14 febbraio 2002", che il giudice per le indagini preliminari ha inserito "nel novero degli elementi indiziari"; non sono decisivi, per distinguere le due ipotesi associative, il criterio territoriale e il riferimento ai reati fine; Cosa Nostra è, infatti, diffusa su tutto il territorio nazionale; il capo di imputazione del reato giudicato reca il riferimento dei collegamenti tra la "articolazione" romana e Cosa Nostra e tra i R. e M.G.;

costui è originario di Vallelunga Pratameno; e tale comune è limitrofo a quello di nascita del ricorrente (Castronovo di Sicilia);

l’appartenenza dei R. a Cosa Nostra qualificava la ipotesi associativa formulata dal Pubblico Ministero presso il Tribunale ordinario di Roma, dalla quale il ricorrente è stato assolto; non è pertinente il riferimento alla giurisprudenza circa il concorso tra i delitti di cui al Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, etc., approvato con D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, artt. 416-bis e 74. 3.- Il ricorso è infondato.

Non ricorre il vizio della violazione di legge:

– nè sotto il profilo della inosservanza (per non aver il giudice a quo applicato una determinata disposizione in relazione all’operata rappresentazione del fatto corrispondente alla previsione della norma, ovvero per averla applicata sul presupposto dell’accertamento di un fatto diverso da quello contemplato dalla fattispecie);

– nè sotto il profilo della erronea applicazione, avendo il Tribunale esattamente interpretato le norme applicate, alla luce dei principi di diritto fissati da questa Corte, nè, oltretutto, opponendo il ricorrente alcuna alternativa interpretazione a quella correttamente seguita nel provvedimento impugnato.

Circa l’accertamento, in punto di fatto, della diversità delle condotte, relative al delitto già giudicato e a quello oggetto dell’incidente cautelare (diversità, peraltro, affatto palese per la protrazione della permanenza oltre il 14 febbraio 2002 e fino al 9 maggio 2011, data del provvedimento coercitivo), il giudice a quo ha dato conto adeguatamente – come illustrato nel paragrafo che precede sub 1. – delle ragioni della propria decisione, sorretta da motivazione congrua, affatto immune da illogicità di sorta, sicuramente contenuta entro i confini della plausibile opinabilità di apprezzamento e valutazione (v. per tutte: Cass., Sez. 1, 5 maggio 1967, n. 624, Maruzzella, massima n. 105775 e, da ultimo, Cass., Sez. 4, 2 dicembre 2003, n. 4842, Elia, massima n. 229369) e, pertanto, sottratta a ogni sindacato nella sede del presente scrutinio di legittimità; laddove le deduzioni, le doglianze e i rilievi residui espressi dal ricorrente, benchè inscenati sotto la prospettazione della violazione di legge, si sviluppano tutti nell’orbita delle censure di merito, sicchè, consistendo in motivi diversi da quelli consentiti dalla legge con il ricorso per cassazione, sono inammissibili à termini dell’art. 606 c.p.p., comma 3.

Conseguono il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

La Cancelleria provvedere agli adempimenti di rito ai sensi dell’ art. 94 disp. att. cod. proc. pen..

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Dispone trasmettersi, a cura della cancelleria, copia del provvedimento al direttore dell’istituto penitenziario ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1-ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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