Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 28-10-2011) 18-11-2011, n. 42639

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. – Con ordinanza, deliberata il 26 maggio 2011 e depositata il 27 maggio 2011, il Tribunale ordinario di Palermo, in funzione di giudice distrettuale nei procedimenti incidentali di appello delle ordinanze in materia di misure cautelari personali, ha confermato l’ordinanza del Tribunale di quella stessa sede, 4 maggio 2011, di sospensione – per il periodo necessario per le udienze e per il tempo occorrente per la deliberazione della sentenza – del decorso dei termini della custodia cautelare in carcere applicata al giudicabile L.G., imputato del delitto di associazione di tipo mafioso, del reato di estorsione tentata e di ulteriori sette delitti di estorsione consumata, osservando in relazione ai motivi del gravame e previo richiamo di pertinenti arresti di legittimità:

ricorrono le condizioni per la sospensione dei termini della custodia cautelare in carcere in relazione al requisito, contestato dall’appellante, della complessità del giudizio, "sicuramente complicato e di non celere definizione", il giudicabile è, infatti, sottoposto al regime intramurario differenziato, partecipa al dibattimento mediante videoconferenza la quale comporta i relativi "oneri organizzativi; altre due persone sono imputate nel medesimo giudizio; le parti civili costituite ammontano a tredici; numerosi sono i testimoni ammessi; molti di costoro devono esser ancora esaminati; inoltre devono essere sentiti dieci collaboranti e tre imputati di reato connesso indicati dalla difesa; i collaboranti sono, altresì, impegnati in altri concomitanti processi in corso di svolgimento, con conseguente necessità di conciliare i calendari di udienza; è in corso di svolgimento la perizia "complessa e laboriosa" di trascrizione della numerosissime intercettazioni di conversazioni tra presenti; i capi di imputazione sono plurimi e i fatti, relativi al delitto associativo e alle estorsioni, complessi;

i carichi di lavoro della sezione e dei giudici sono gravosi.

2. – Ricorre per cassazione l’imputato, col ministero del difensore di fiducia, avvocato Armando Zampardi, mediante atto del 18 giugno 2011, col quale dichiara promiscuamente di denunziare, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) ed e), "violazione" dell’art. 304 c.p.p., comma 2, nonchè mancanza e illogicità della motivazione, opponendo: il Tribunale ha adottato "mere formule di stile"; i problemi organizzativi, le difficoltà e gli ostacoli di natura logistica non giustificano la sospensione dei termini della custodia cautelare in carcere, in quanto sono "risolvibili prima del dibattimento"; il processo di svolge "sostanzialmente" contro un solo imputato (il L.); per gli altri due giudicabili è stata versata la produzione documentale esaustiva della prova; le parti civili non hanno addotto testimoni; è stata acquisita la prova documentale concernente il ricorrente; l’espletamento delle operazioni peritali di trascrizione, incoate il 6 dicembre 2010, non rallenta il concomitante svolgimento della istruttoria dibattimentale; sono già state celebrate sedici udienze; entro il mese di giugno sarà completato l’esame dei residui collaboranti ed entro il mese successivo sarà completata la assunzione della prova orale a carico;

il numero dei testi a discarico da escutere è "ridono". 4. – Il ricorso è infondato.

4.1 – In limine deve rilevarsi che, nella giurisprudenza di questa Corte suprema, in ordine alla affermata illegittimità del "provvedimento di sospensione dei termini in considerazione di perizia di trascrizione di intercettazioni telefoniche, ai sensi dell’art. 268 c.p.p., comma 7" – posto che non deve "ricadere a carico dell’imputato la conseguenza della scelta discrezionale operata dal Pubblico Ministero con il differimento al dibattimento dell’attività normalmente riferibile alla fase delle indagini preliminari" (Sez. 1, 12 maggio 1994, n. 2214, Bonacchi, massima n. 198954) – ricorre contrasto di giurisprudenza.

Infatti il contrario principio della legittimità della sospensione "quando la complessità del dibattimento riguardi .. la perizia volta alla trascrizione delle intercettazioni è stato fissato in altre pronunce di questa stessa Corte (Sez. 1, 22 aprile 2004, n. 21601, Calaiò, massima n. 228213 e Sez. 4 8 luglio 2005, n. 37714, Mascia, massima n. 232084).

E, ulteriore, contrasto si accende in ordine alla definizione della natura e della tipologia degli elementi che devono essere presi in considerazione, ai fini dell’apprezzamento della particolare complessità del processo, à sensi dell’art. 304 c.p.p., comma 2.

Al di là dell’isolato arresto, di estremo rigore (invocato dal ricorrente), secondo il quale non deve tenersi conto dei problemi organizzativi e logistici, anche se inerenti "alle esigenze di sicurezza" degli imputati o degli imputati in procedimento connesso collaboranti da esaminare nel dibattimento, in quanto, altrimenti, "le conseguenze derivanti da carenze dell’amministrazione giudiziaria" inciderebbero "in ammissibilmente sulla libertà degli imputati" (Sez. 2, 23 gennaio 1997, n. 191, Acri, massima n. 207839), è dato censire due indirizzi in materia.

Secondo il primo orientamento (oltre, ovviamente, le esigenze "strettamente processuali") possono essere prese in considerazione ragioni estrinseche al processo", quali i concorrenti carichi di lavoro dell’organo giudicante e/o dei suoi componenti ovvero "difficoltà logistico organizzative" dell’ufficio giudiziario, correlate alla relativa provvista di dotazioni, mezzi e risorse (Sez. 1, 23 aprile 1997, n. 2962, Terminio, massima n. 207775; Sez. 1, 9 ottobre 1997, n. 5660, Cottone, massima n. 208627; Sez. 6, 20 febbraio 1998, n. 608, Bisogno, massima n. 211701; Sez. 1, 14 gennaio 2009, n. 3423, Montinaro, massima n. 242633; Sez. 5, 27 aprile 2010, n. 21325, Raggi, in exstenso).

Il secondo orientamento richiede, invece, che le esigenze "di carattere logistico amministrativo" – suscettibili di valutazione – debbano avere "natura endoprocessuale". debbano, cioè, essere "attinenti alla celebrazione del giudizio" specifico per il quale il Pubblico Ministero ha chiesto la sospensione del decorso dei termini previsti dall’art. 303 cod. proc. pen, con conseguente esclusione della rilevanza e.g. dei carichi di lavoro ulteriori del collegio e/o dei giudici (Sez. 1, 12 maggio 1997, n. 3316, Greco, massima n. 207758; cui adde: Sez. 6, 28 novembre 1995, n. 4463/1996, Goietti, massima n. 204508; Sez. 1, 22 febbraio 1996, n. 1192, Agrigento, massima n. 204522; Sez. 1, 30 aprile 1997, n. 3104, Palermo, massima n. 207968; Sez. 5, 11 giugno 1998, n. 3805, Di Giorgio, massima n. 211318; Sez. 6, 10 maggio 2001, n. 24151, Lombardo, massima n. 219078; Sez. 5, 9 luglio 2003, n. 34682, Sorrentino, massima n. 225842; Sez. 4, 14 gennaio 2004, n. 17756, Russo, massima n. 228174).

Residua, infine, un indirizzo intermedio secondo il quale "gli altri impegni di lavoro dei magistrati" e, in generale, "le ragioni estrinseche al processo", pur non rappresentando di per sè motivo di particolare complessità del dibattimento, possono, tuttavia, valere "come argomentazione aggiuntiva" nel concorso con la considerazione dei profili strettamente processuali (Sez., 1, 25 settembre 1997, n. 5273, Rinaldi, massima n. 208799).

Il contrasto, tuttavia, non appare influente (per i motivi infra indicati) ai fini dello scrutinio del ricorso in esame.

E, pertanto, dato doverosamente atto della questione di diritto sollevata colla impugnazione, questa Corte soprassiede alla rimessione ai sensi dell’art. 618 cod. proc. pen..

4.2 – Invero è assorbente e decisivo il rilievo che nel dibattimento del giudizio di merito erano state già celebrate ben sedici udienze, e che numerose altre udienze dovevano essere tenute per la assunzione della residua prova orale a carico e di quella a discarico, oltre che per la discussione finale, con l’intervento dei difensori di plurime parti private.

Epperò non appare ragionevolmente dubitabile che ricorra l’ipotesi del dibattimento particolarmente complesso, prevista dall’art. 304 c.p.p., comma 2.

Tale, infatti, si palesa il giudizio, avuto riguardo al numero delle udienze già tenute, e a quelle che saranno impegnate per il completamento della istruzione dibattimentale e per la discussione finale.

E, in punto di diritto, circa l’oggetto della valutazione della particolare complessità, giova aggiungere quanto segue.

Se è vero che la valutazione, richiesta dall’art. 304 c.p.p., comma 2, involge implicitamente la prognosi circa la possibilità di chiudere tempestivamente il dibattimento non oltre la scadenza dei termini previsti dall’art. 303 cod. proc. pen., e (dunque) il riferimento "al futuro svolgimento del processo" (Cass., Sez. 6, 7 maggio 2003, n. 29537, Valcarenghi, massima n. 226221), diverso è l’oggetto dell’apprezzamento della particolare complessità, per la quale deve, invece, aversi riguardo alla fase dibattimentale nella sua interezza e non già alla "sola frazione" residua, ancora da celebrare (Cass., Sez. 2, 3 luglio 2003, n. 36953, Lleshi, massima n. 228185; Sez. 1, 14 gennaio 2009, n. 4435, Grozavu, massima n. 242799;

contrai Sez. 2, 1 febbraio 1996, n. 531, Carrelli, massima n. 205591).

La contraria opinione è confutata dalla considerazione ab absurdo, che, nella imminenza della scadenza dei termini di cui all’art. 303 cod. proc. pen., non potrebbe disporsi la sospensione, se il dibattimento, pur quasi ultimato, non possa essere tempestivamente chiuso; laddove la sospensione sarebbe consentita per il dibattimento appena incoato, qualora dovesse, per l’appunto, ritenersi che la particolare complessità debba essere apprezzata con esclusivo riguardo alla sola, residua attività processuale ancora da espletare (tutt’altro che complessa nel primo caso) e non anche a quella compiuta.

4.3 – Conseguono il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

La Cancelleria provvedere agli adempimenti di rito ai sensi dell’art. 94 disp. att. cod. proc. pen..

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Dispone trasmettersi, a cura della cancelleria, copia del provvedimento al direttore dell’istituto penitenziario ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1-ter.
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