Cass. civ. Sez. III, Sent., 29-05-2012, n. 8565

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1.1. I coniugi A.R. e R.S. adirono – con ricorso del 14.2.02 – il tribunale di Napoli per l’accertamento del canone equo da loro dovuto alla locatrice B.P.C. per la locazione di un immobile in (OMISSIS) e la condanna di lei alla restituzione di quanto percepito in eccedenza, nonchè del deposito cauzionale; ma la controparte oppose il giudicato esterno costituito da Decreto Ingiuntivo n. 4176 del 2001 (non opposto) e lamentò essere state all’immobile arrecate modifiche sostanziali mai autorizzate, tanto da spiegare riconvenzionale per la condanna delle controparti al pagamento delle somme necessarie per il ripristino ed a quello del canone dal luglio al dicembre 2001. 1.2. Il tribunale accolse per quanto di ragione tutte le domande, condannando: la locatrice al pagamento delle somme di Euro 12.046,82 (oltre interessi dalla domanda per altri Euro 1.382,08) per eccedenze sull’equo canone e di Euro 2.478,99 (oltre interessi dal 1.7.86 sino alla data della decisione per altri Euro 2.803,70) per restituzione deposito cauzionale; i conduttori al pagamento delle somme di Euro 12.565,19 per il ripristino dell’appartamento; e, applicata la compensazione giudiziale tra i controcrediti, riconosceva il credito degli A. – R. ad Euro 6.146,39, compensando le spese.

1.3. Tale sentenza, resa col n. 6071/06 in data 26.5.06, fu gravata di appello dagli A. – R., che chiesero riconoscersi gli interessi sulle eccedenze sull’equo canone fin dai singoli pagamenti e rigettarsi la riconvenzionale della B.P., con sua condanna alla restituzione di quanto da lei trattenuto in compensazione; ma anche la controparte, dopo avere eccepito la loro acquiescenza e reiterato l’eccezione di giudicato esterno, appellò la sentenza di primo grado, invocando la restituzione delle somme a lei dovute o, in subordine, delle sole maggiori differenze comunque a lei spettanti.

1.4. Sul gravame è intervenuta una prima sentenza, non definitiva (ed in altri atti identificata con il n. 2328 del 1.9.09), con cui:

sono stati riconosciuti dovuti ai conduttori gli interessi sulle singole eccedenze da ciascun pagamento; è stata rigettata la riconvenzionale della locatrice per le spese di ripristino; è stata dichiarata dovuta dai conduttori la somma di Euro 1.162,03 per indennità di occupazione dal luglio 2001 all’11 dicembre 2001; è stata riconosciuta dovuta alla locatrice l’ulteriore somma di Euro 4.650,14, derivante da sentenza n. 587/03 del tribunale di Napoli (dichiarativa di improcedibilità dell’opposizione al decreto ingiuntivo n. 4176/01) e dal successivo precetto del 20.3.03, nonchè di Euro 64,55 per quota spese di registrazione del contratto per il 2001; è stata disposta ulteriore istruttoria per la determinazione degli interessi secondo il criterio contestualmente fissato.

1.5. La successiva sentenza definitiva, resa dalla corte di appello di Napoli in data 8.9.10 con il n. 2767: risolvendo le sole questioni residuate dopo la pronuncia della sentenza non definitiva, ha disatteso in massima parte le critiche della locatrice alla consulenza contabile di ufficio espletata nelle more e rideterminato la somma complessivamente dovuta agli ex conduttori, già applicata la compensazione giudiziale coi controcrediti della ex locatrice, in Euro 13.629,73, oltre interessi dalla data della pronunzia al soddisfo, con assorbimento dell’appello incidentale e condanna della stessa locatrice alle spese del doppio grado di lite.

1.6. Le sentenze, non definitiva – a seguito della riserva di ricorso formulata alla prima udienza successiva alla sua pronunzia – e definitiva, della corte di appello sono state poi gravate dalla B.P. con ricorso per cassazione, articolato su quattro motivi; resistono gli A. – R. con controricorso; tutte le parti illustrano le rispettive posizioni con memorie ai sensi dell’art. 378 cod. proc. civ., ed i loro difensori prendono parte alla discussione alla successiva pubblica udienza del 26.4.12.

Motivi della decisione

2. La ricorrente B.P.C. sviluppa quattro motivi ed in particolare:

2.1. con un primo – rubricato "violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 c.c., in relazione all’art. 1591 c.c. ed alla L. n. 392 del 1978, art. 79 (art. 360 c.p.c., n. 3)" – ella si duole del mancato riconoscimento della portata del giudicato esterno recato dal Decreto Ingiuntivo n. 4176 del 2001, relativo all’entità del canone:

dovendo l’accertamento ivi contenuto, siccome riferito in parte all’indennità di occupazione ed in altra parte al canone anteriore al momento di risoluzione del contratto, avere ad oggetto anche quest’ultimo;

2.2. con un secondo – rubricato "violazione dell’art. 2033 c.c. in relazione all’art. 2697 c.c. ( art. 360 c.p.c., n. 3)" – ella protesta: da un lato, per il riconoscimento della sua mala fede al momento della ricezione dei canoni in misura maggiore del dovuto, contestando gli elementi valorizzati al riguardo dalla corte di appello; dall’altro lato, per il riconoscimento di interessi a far tempo dalla data di versamento dei singoli ratei di canone pur in mancanza di prova piena su tutte tali date;

2.3. con un terzo – rubricato "violazione e falsa applicazione dell’art. 1590 c.c. e art. 116 c.p.c., comma 2 ( art. 360 c.p.c., n. 3)" – ella contesta il rigetto della sua riconvenzionale (per il ripristino del bene locato) ed il rilievo eccessivo a suo dire attribuito alla sua mancata comparizione a rendere l’interrogatorio formale, in uno alla svalutazione dell’attendibilità delle testi a suo favore, non accompagnata da analoga svalutazione del testimoniale di controparte;

2.4. con un quarto – rubricato "falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3" – ella pretende di avere diritto ad una compensazione per 2/3 delle spese dinanzi al rapporto meramente aritmetico tra le somme da lei dovute e quelle dovute da controparte.

3. Dal canto loro, i controricorrenti:

3.1. del primo motivo eccepiscono l’inammissibilità (perchè integrante semmai una non sviluppata censura di vizio motivazionale) e l’infondate2za (perchè il rapporto era già stato dichiarato cessato al 30.6.98 in virtù di – precedente – convalida di licenza per finita locazione, sicchè il successivo Decreto Ingiuntivo n. 4176 del 2001 non poteva che riferirsi all’indennità di occupazione, con conseguente irrilevanza di quanto in esso statuito ai fini della determinazione del canone per il periodo di vigenza contrattuale);

3.2. del secondo motivo: per il profilo relativo alla ritenuta mala fede dell’accipiens, eccepiscono l’inammissibilità (anch’esso perchè integrante, a tutto concedere, una non sviluppata censura di vizio motivazionale) e l’infondatezza (per l’esaustività della motivazione della corte territoriale sulle circostanze che giustificavano la conclusione della sussistenza della mala fede); per il profilo della mancanza di prova sulla data di effettuazione di 142 dei 162 versamenti sui quali sono stati poi computati gli interessi, eccepiscono l’inammissibilità per novità;

3.3. del terzo motivo eccepiscono l’inammissibilità, in quanto tendente a sollecitare un riesame nel merito della valutazione operata dalla corte territoriale sulle risultanze istruttorie;

3.4. del quarto motivo sostengono l’infondatezza, in mancanza di argomentate dimostrazioni della denunziata violazione di legge.

4. Il primo motivo di ricorso è inammissibile, perchè:

4.1. in violazione del principio di necessaria autosufficienza del ricorso per cassazione, nel medesimo non sono riportati tutti gli elementi testuali degli atti utilmente esaminabili per verificare la fondatezza della censura di erronea interpretazione del giudicato esterno;

4.2. era necessario stabilire se il precedente giudicato riguardava effettivamente la misura della sola indennità di occupazione, relativa cioè a periodi successivi alla cessazione del rapporto, oppure anche a canoni, per periodi cioè anteriori alla cessazione del rapporto; e tanto perchè:

– solo se il decreto ingiuntivo avesse ad oggetto i canoni di locazione a contratto in corso potrebbe applicarsi il principio (Cass. 24 luglio 2007, n. 16319) dell’estensione del giudicato (sia pur limitato, secondo Cass. 2 aprile 2009, n. 8013) anche sull’entità del canone legalmente dovuto;

– qualora effettivamente l’indennità di occupazione si riferisca al canone pattuito, questo sarebbe un elemento intuitivamente diverso dal canone legalmente dovuto, restando così assorbite le questioni sui rapporti tra indennità e canone rispettivamente dopo e prima della cessazione del contratto;

– tale intuitiva ontologica differenza dei due dedotti esclude l’estensione del giudicato sulla misura dell’indennità all’entità del canone legalmente dovuto (in motivazione: Cass. 14 gennaio 2000, n. 375; Cass. 24 gennaio 2007, n. 1514);

4.3. la ratio decidendi della gravata pronunzia di secondo grado sta, sulla base di quanto evidenziato nel controricorso (e comunque costituendo la prova del concreto contenuto del giudicato uno specifico onere della ricorrente), nella qualificazione del giudicato da decreto ingiuntivo (il n. 4176/01 del tribunale di Napoli) come riferita alla sola indennità di occupazione, a seguito dell’operatività di una pregressa convalida di licenza per finita locazione al 30 giugno 1998;

4.4. al contrario, punto centrale del motivo di ricorso per cassazione è l’adduzione del riferimento del giudicato da decreto ingiuntivo anche alla misura del canone dovuto, in dipendenza di quanto richiesto e di quanto addotto in ordine ad (ulteriore?) ordinanza di convalida;

4.5. per consentire di valutare la correttezza di tale interpretazione del giudicato esterno (ciò che normalmente integra un giudizio di fatto – per tutte: Cass. 11 giugno 2007, n. 13618 – e va effettuato in primo luogo sulla base del tenore letterale del titolo giudiziale, valutato alla stregua del dispositivo e della motivazione che lo sostiene, complessivamente considerati: per tutte e solo tra le più recenti, v. Cass. 20 luglio 2011, n. 15902), era però indispensabile la trascrizione integrale nel ricorso di tutti gli atti al riguardo indispensabili, primo fra tutti il detto decreto ingiuntivo ed il relativo ricorso (se, come di consueto accade, il primo si limita a motivare per relationem al secondo);

4.6. infatti, poichè il provvedimento giudiziale su cui si fonda la tesi dell’esistenza di un giudicato esterno rilevante ai fini della decisione assume rispetto ad esso – in ragione della sua oggettiva intrinseca natura di documento – la natura di una produzione documentale, il requisito di ammissibilità del ricorso per cassazione indicato dall’art. 366 cod. proc. civ., n. 6, concerne in tutte le sue implicazioni anche una sentenza prodotta nel giudizio di merito, riguardo alla quale il motivo di ricorso per cassazione argomenti la censura della sentenza di merito quanto all’esistenza, alla negazione o all’interpretazione del suo valore di giudicato esterno (Cass., ord. 18 ottobre 2011, n. 21560);

4.7. tanto non essendo avvenuto, non è stata posta in grado questa corte di legittimità, per la vista carenza del ricorso per cassazione, di valutare la portata del giudicato e la contestata correttezza dell’interpretazione data dalla corte territoriale: ed il relativo motivo resta inammissibile.

5. Anche il secondo motivo di ricorso è inammissibile:

5.1. quanto al primo profilo, la valutazione sulla sussistenza o meno della mala fede dell’accipiens (che non può basarsi, per la misura del canone percepito, sul solo fatto oggettivo della sua spettanza in misura inferiore: Cass. 31 ottobre 2005, n. 21113; Cass. 2 agosto 1997, n. 7165) integra un giudizio di fatto, riservato al giudice di merito, se non affetto da evidenti vizi logici o giuridici; e, nella specie, la corte di appello procede ad una accurata valutazione di due diversi elementi, tra loro combinandoli al fine di ritenere superata la presunzione di buona fede; ma, anche in questo caso in violazione del principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, quanto al contenuto della lettera del 30.6.1986 del consorte della locatrice (che la corte territoriale ritiene rilevante per la configurabilità di una consapevolezza, ex art. 1391 cod. civ., in capo alla locatrice della misura non dovuta del canone) ed al contratto stesso di locazione (che la corte territoriale ritiene carente, nonostante l’uso del prestampato, del calcolo della superficie convenzionale e delle modalità di aggiornamento del canone), non si trascrive il contenuto della prima e, per entrambi i documenti, non si indica la precisa sede processuale in cui sono stati prodotti;

5.2. quanto al secondo profilo, effettivamente non può qualificarsi tempestiva la contestazione della carenza di prova della data dei singoli pagamenti: infatti, in violazione del principio di necessaria autosufficienza del ricorso per cassazione, la ricorrente non indica – non solo la sede processuale, trascrivendo il tenore testuale dei relativi atti, ma neppure – quando per la prima volta ebbe a contestare tale carenza di prova; pertanto, il mero accenno, in ricorso, ad una contestazione complessiva in sede di costituzione in appello – pag. 6, secondo periodo, del ricorso – e ad altra operata all’ud. 16.7.10 – a pag. 17, terzo periodo, del ricorso – qualificano con tutta evidenza tardiva la prima specifica reazione della ricorrente alla lamentata carenza.

6. Pure il terzo motivo è inammissibile:

6.1. è noto che il ricorrente che, in sede di legittimità, denunci il difetto di motivazione sulla valutazione di un documento o di risultanze probatorie o processuali, ha l’onere di indicare specificamente il contenuto del documento trascurato od erroneamente interpretato dal giudice di merito, provvedendo alla sua trascrizione, al fine di consentire al giudice di legittimità il controllo della decisività dei fatti da provare, e, quindi, delle prove stesse, che, per il principio dell’autosufficienza del ricorso per cassazione, la Suprema Corte deve essere in grado di compiere sulla base delle deduzioni contenute nell’atto, alle cui lacune non è consentito sopperire con indagini integrative (con principio affermato ai sensi dell’art. 360 bis cod. proc. civ., comma 1: Cass., ord. 30 luglio 2010, n. 17915);

6.2. ciononostante, la ricorrente omette di trascrivere le deposizioni testimoniali che lamenta essere state malamente valutate;

6.3. e comunque ella pretende una rivalutazione delle risultanze probatorie, sempre preclusa in sede di legittimità: non può mai invocarsi un apprezzamento dei fatti e delle prove in senso difforme da quello posto a base della decisione, perchè non ha la corte di cassazione il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, essendo invero la valutazione degli elementi probatori attività istituzionalmente riservata al giudice di merito, non sindacabile in sede di legittimità se non sotto il profilo della congruità della motivazione del relativo apprezzamento (tra le molte, v. Cass. 17 novembre 2005, n. 23286, oppure Cass. 18 maggio 2006, n. 11670, oppure Cass. 9 agosto 2007, n. 17477; Cass. 23 dicembre 2009, n. 27162; Cass. 18 marzo 2011, n. 6288).

7. Invece, il quarto motivo è infondato, perchè, con riferimento evidentemente all’esito finale della lite (cfr., tra le altre, Cass. 23 agosto 2011, n. 17523), il giudice del gravame ha ritenuto "pressochè totale" la soccombenza della locatrice, così dando sufficiente giustificazione della determinazione di non dar corso alla compensazione: essendo appena il caso di notare che la parte non ha diritto alla compensazione delle spese ai sensi dell’art. 92 cod. proc. civ., questa restando meramente discrezionale, col solo limite del divieto di porre a carico della parte totalmente vittoriosa le spese di lite (giurisprudenza assolutamente consolidata; per tutte:

Cass. 6 ottobre 2011, n. 20457; Cass. 2 luglio 2008, n. 18173; Cass. 2 luglio 2007, n. 14964).

8. Il ricorso – inammissibili o infondati tutti i motivi – va pertanto rigettato e la soccombente ricorrente condannata al pagamento delle spese del giudizio di legittimità in favore delle controparti, tra loro in solido per l’evidente comunanza della posizione processuale.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna B.P.C. al pagamento, in favore di A.R. e di R.S., tra loro in solido, delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 1.300,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre maggiorazione per spese generali, C.P.A. ed I.V.A. nella misura di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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