Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 28-10-2011) 18-11-2011, n. 42635

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con l’ordinanza in epigrafe la Corte d’Appello di Bologna ha provveduto, quale giudice dell’esecuzione, sulla richiesta di H.M. di applicazione della disciplina della continuazione ai fatti separatamente giudicati con sette sentenze di condanna, e precisamente:

1- tentato furto commesso il (OMISSIS);

2- furto del (OMISSIS);

3- truffa del (OMISSIS);

4- truffa, tentata estorsione, appropriazione indebita di cosa smarrita commesse tra il (OMISSIS);

5- truffa del (OMISSIS);

6- truffe e ricettazioni commesse fra il (OMISSIS);

7- truffa e falso in atto privato commessi in data anteriore e prossima al (OMISSIS).

Ha ritenuto il vincolo della continuazione tra i reati sub 1 e 2, e separatamente fra gli illeciti sub 3 e 5, rideterminando conseguentemente le pene e rigettando nel resto l’istanza.

Ha proposto personalmente ricorso per cassazione l’interessato. Con il gravame denuncia inosservanza ed erronea applicazione dell’art. 81 c.p., con carente, illogica e contraddittoria motivazione. Sotto il primo profilo espone che, a parte i due furti, tutte le violazioni successive erano riconducibili o collegate ad un’unica tipologia di truffa (acquisto di autovetture verso assegni postali privi di copertura, corredato da artifici per carpire la fiducia del venditore), indicativa di unitaria programmazione. Quanto al vizio motivazionale, viene ravvisato nell’avere male applicato il criterio della prossimità temporale, non tenendo conto della vicinanza nel tempo dei fatti sub 4 e 7 a quelli sub 3 e 5.

Il ricorso è manifestamente infondato. Va preliminarmente ribadita l’ormai consolidata giurisprudenza secondo cui la continuazione presuppone l’anticipata ed unitaria ideazione di più violazioni della legge penale, già insieme presenti alla mente del reo nella loro specificità, almeno a grandi linee, situazione ben diversa da una mera inclinazione a reiterare violazioni della stessa specie, anche se dovuta ad un bisogno persistente nel tempo, ad una scelta di vita o ad un programma generico di attività delittuosa da sviluppare in futuro secondo contingenti opportunità (cfr., per tutte, Cass., Sez. 2, 7/19.4.2004, Tuzzeo; Sez. 1 15.11.2000/31.1.2001, Barresi).

La prova di detta congiunta previsione – ritenuta meritevole di più benevolo trattamento sanzionatorio attesa la minore capacità a delinquere di chi si determina a commettere gli illeciti in forza di un singolo impulso, anzichè di spinte criminose indipendenti e reiterate – investendo l’inesplorabile interiorità psichica del soggetto deve di regola essere ricavata da indici esteriori significativi, alla luce dell’esperienza, del dato progettuale sottostante alle condotte poste in essere. Tali indici, di cui la giurisprudenza ha fornito esemplificative elencazioni (fra gli altri, l’omogeneità delle condotte, il bene giuridico offeso, il contenuto intervallo temporale, la sistematicità e le abitudini programmate di vita), hanno normalmente un carattere sintomatico, e non direttamente dimostrativo; l’accertamento, pur officioso e non implicante oneri probatori, deve assumere il carattere di effettiva dimostrazione logica, non potendo essere affidato a semplici congetture o presunzioni. A questo fine l’interessato – unico ad avere diretta conoscenza della fase ideativa – può fornire chiarimenti atti ad orientare l’indagine giudiziale, in mancanza dei quali si espone al rischio del rigetto della domanda, quando le circostanze sintomatiche esterne non risultino sufficientemente probanti (in tal senso è stato ravvisato un "onere di allegazione").

Tanto premesso, nel caso di specie il giudice "a quo" ha fatto ragionevole e congiunto impiego dei criteri indicativi della prossimità temporale e dell’omogeneità delle condotte, escludendo i fatti sub 6 e 7 per il considerevole distacco cronologico e i fatti sub 4 perchè connotati anche da violenza o minaccia (tentata estorsione), elemento assente nelle altre violazioni. Trattasi di valutazione di merito coerente con il dato normativo e logicamente giustificata, come tale incensurabile in sede di legittimità.

Quanto poi all’allegazione dell’interessato, secondo il quale le truffe commesse sarebbero tutte caratterizzate da un "modus operandi" inizialmente ed una volta per tutte individuato, è lo stesso ricorrente a chiarire che ciò ha dato luogo ad una "progressione criminale rafforzata via via dal successo del meccanismo truffaldino che spinge il prevenuto reato dopo reato ad incrementare la portata dei suoi affari sino all’ultima condanna": in altre parole, una volta sperimentato con successo il raggiro, si è poi indotto a reiterare e moltiplicare le condotte criminose. Ora, in base ai principi sopra enunciati, ciò esclude automaticamente la continuazione, dovendo l’unitario disegno necessariamente risalire al momento in cui fu concepito il primo reato (cfr. Cass., Sez. 1, 22.3/5.4.2011, Aversano), mentre resta irrilevante la mera reiterazione dell’illecito, pur con modalità ripetitive, in conseguenza di impulsi successivamente insorti.

Il ricorso va perciò dichiarato inammissibile. Consegue la condanna al pagamento delle spese della procedura e, non ricorrendo ipotesi di esonero, di una somma alla cassa delle ammende, congruamente determinata in 1000 Euro.

P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione, Prima Sezione Penale, dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000 in favore della Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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