Cass. civ. Sez. III, Sent., 29-05-2012, n. 8561

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con citazione ritualmente notificata il Centro Regionale S. Alessio Margherita di Savoia per i Ciechi esponeva di aver concesso in locazione alla I.MA.CO. S.p.a. un’area di circa 5000 mq con annessi manufatti ubicata in (OMISSIS) ad uso "vivaio" per la durata di anni 6 a far data dall'(OMISSIS), con decorrenza economica però dal successivo febbraio 2003 e canone mensile di Euro 4.800,00 inclusa Iva. Deducendo che la conduttrice si era resa morosa nel pagamento dei canoni da febbraio a maggio 2003, intimava alla stessa sfratto per morosità, avverso il quale la conduttrice proponeva opposizione facendo presente di avere a sua volta depositato ricorso volto ad ottenere la risoluzione del contratto. I giudizi venivano riuniti. In esito, il Tribunale di Roma, che aveva già emesso provvedimento interinale di rilascio, accoglieva la domanda proposta dal locatore, dichiarava risolto il contratto per inadempimento della conduttrice, che condannava al pagamento della somma di Euro 50.400,00, pari a Euro 38.400,00 per canoni ed Euro 12.000,00 per mancato guadagno, oltre interessi legali dalla scadenza dei singoli ratei e dalla domanda per il residuo importo, rigettava le domande proposte dalla I.MA.CO.. Avverso tale decisione la soccombente proponeva appello ed in esito al giudizio la Corte di Appello di Roma con sentenza depositata in data 7 aprile 2009 respingeva l’impugnazione.

Avverso la detta sentenza notificata il 9 novembre 2009 la soccombente ha quindi proposto ricorso per cassazione articolato in due motivi. Resiste con controricorso il Centro Regionale S. Alessio Margherita di Savoia per i Ciechi. Entrambe le parti hanno depositato memoria illustrativa.

Motivi della decisione

Con la prima doglianza, deducendo la violazione e la falsa applicazione degli artt. 1578 e 1453 c.c., artt. 115 e 116 c.p.c., l’insufficiente e contraddittoria motivazione, la ricorrente ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la Corte di Appello ha ritenuto la riconoscibilità dei vizi della cosa locata (i manufatti insistenti sul terreno locato erano abusivi e non vi era la documentazione attestante l’eventuale condono) trascurando che, come risulta dagli atti del giudizio, la società IMACO, al momento della conclusione del contratto di locazione, non solo non conosceva i vizi denunciati, ma non poteva facilmente riconoscerli in quanto essi sono emersi solo dopo che, a seguito di evasive e reticenti risposte del Centro locatore, la società conduttrice aveva svolto faticose ricerche che avevano evidenziato l’esistenza dei manufatti abusivi, la mancanza di condono, la conseguente impossibilità di ottenere le autorizzazioni amministrative da parte degli enti territoriali preposti e la conseguente impossibilità, per la conduttrice, di godere della cosa locata, destinandola all’uso pattuito.

Con la seconda doglianza, articolata sotto il profilo della violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1460 c.c. nonchè sotto il profilo della motivazione insufficiente e contraddittoria, la ricorrente lamenta inoltre che la Corte di Appello avrebbe sbagliato quando ha escluso l’operatività dell’eccezione di inadempimento proposta in via subordinata dalla Imaco per aver quest’ultima acquisito la disponibilità del terreno. Ed invero, in tal modo, la Corte avrebbe trascurato che tale disponibilità non significava di per sè adempimento dell’obbligazione facente carico al locatore, obbligatosi a dare in locazione un bene per che avesse i requisiti di regolarità urbanistica necessari per realizzare le finalità indicate nel contratto stesso.

I motivi in questione, che vanno esaminati congiuntamente in quanto sia pure sotto diversi ed articolati profili, prospettano ragioni di censura intimamente connesse tra loro, sono infondati.

A riguardo, vale la pena di prendere le mosse da una prima considerazione – posta dalla Corte di merito a base del proprio percorso argomentativo – fondata sul rilievo che, con il contratto di locazione, stipulato in data (OMISSIS), le parti contraenti avevano convenuto espressamente che il terreno dovesse essere adibito prevalentemente ad uso vivaio, come lo era stato già in precedenza, circostanza quest’ultima di cui la I.ma.co si dichiarava essere a conoscenza. La conduttrice aveva dichiarato inoltre di aver esaminato i locali e di averli trovati adatti al proprio uso, obbligandosi altresì – atteso lo stato manutentivo del compendio immobiliare – ad effettuare a proprio esclusivo carico gli interventi di ristrutturazione necessari per la riqualificazione dell’area.

La premessa torna utile nella misura in cui evidenzia, innanzitutto, che le parti contraenti avevano attribuito rilevanza decisiva alla prevalente destinazione ad uso vivaio, come può evincersi sia dal fatto che la stessa conduttrice dichiarava di aver esaminato i locali e di averli trovati adatti al proprio uso – e ciò, indipendentemente dagli interventi di ristrutturazione dei manufatti che avrebbe poi eseguito a proprio completo carico – sia dalla pattuizione della clausola contrattuale con la quale il Centro Regionale ebbe cura di esonerarsi da qualsiasi responsabilità, facendo risultare che i lavori sarebbero iniziati solo a seguito delle richieste autorizzazioni.

Ed è appena il caso di sottolineare come tale circostanza non sia certamente di poco conto poichè, ove il conduttore abbia riconosciuto già sussistente al momento della conclusione del contratto l’idoneità del bene locato all’uso pattuito, vale a dire la sua idoneità all’esercizio dell’attività propostasi, ed abbia convenuto di porre a proprio esclusivo carico l’obbligo di apportare al bene locato talune modificazioni previo rilascio delle necessarie autorizzazioni amministrative, in casi siffatti, deve escludersi la risoluzione del contratto per colpa del locatore, esonerato da ogni inadempienza.

Ciò, in quanto, una volta riconosciuto idoneo l’immobile all’uso prevalente pattuito, la destinazione ulteriore e particolare che il conduttore intenda riservare all’immobile, tale da richiedere una particolare conformazione dello stesso, nonchè il rilascio di specifiche licenze amministrative, intanto ha rilevanza, in quanto – e soltanto se – abbia formato oggetto di specifica pattuizione e sia stata prevista espressamente come obbligazione del locatore.

Ed invero, secondo l’orientamento di questa Corte, nei contratti di locazione relativi ad immobili destinati ad uso non abitativo, grava sul conduttore l’onere di verificare che le caratteristiche del bene siano adeguate a quanto tecnicamente necessario per lo svolgimento dell’attività che egli intende esercitarvi, nonchè al rilascio delle necessarie autorizzazioni amministrative; ne consegue che, ove il conduttore non riesca ad ottenere tali autorizzazioni, non è configurabile alcuna responsabilità per inadempimento a carico del locatore, e ciò anche se il diniego sia dipeso dalle caratteristiche proprie del bene locato. (Cass. n. 1735/2011, n. 13395/07, n. 5836/07). Ed invero, stipulato un contratto di locazione di un immobile destinato a uso non abitativo, grava sul conduttore l’onere di verificare che le caratteristiche del bene siano adeguate a quanto tecnicamente necessario per lo svolgimento della divisata attività e al rilascio delle autorizzazioni amministrative indispensabili alla legittima utilizzazione del bene locato (confr. Cass. civ. 30 aprile 2005, n. 9019, Cass. civ. 31 marzo 2008n.8303).

Ma vi è di più. Come ha evidenziato la Corte territoriale, soltanto tre mesi dopo la stipula del contratto, la conduttrice conferì ad un professionista un incarico "esplorativo" per la fattibilità urbanistica degli interventi. Ciò, dopo aver omesso preventivamente qualsiasi idonea verifica tecnico-amministrativa in ordine alla regolarità amministrativa dei fabbricati preesistenti, le cui condizioni richiedevano comunque opere di manutenzione, a conferma della sconcertante superficialità manifestata già nella fase delle trattative.

"Invero, – questa, la conclusione della Corte -nel lungo periodo intercorso prima della stipula del contratto, usando una minima diligenza, sarebbe stato agevole attraverso elementari controlli tecnici amministrativi verificare l’esistenza delle difficoltà … che potevano ostacolare la realizzazione degli interventi della cui fattibilità sotto il profilo amministrativo si assumeva la esclusiva responsabilità in sede di contratto" (v. pagg. 6 e 7 della sentenza). La considerazione è di pregnante rilievo e merita di essere condivisa. Invero, deve ritenersi sussistente la riconoscibilità dei vizi della cosa locata ai sensi e per gli effetti dell’art. 1578 c.c. ogni volta in cui, in relazione al contenuto ed alle circostanze del contratto, una persona di normale diligenza, attivandosi previamente secondo i criteri di ordinaria diligenza e prudenza richiesti ad ogni contraente, avrebbe potuto agevolmente verificare l’inidoneità del bene al soddisfacimento dell’uso prefissosi. Ciò, senza considerare che costituiscono peraltro vizi della cosa locata agli effetti della norma citata solo quelli che investono la struttura materiale della cosa, alterandone l’integrità in modo tale da impedirne o ridurne notevolmente il godimento secondo la destinazione contrattuale (nella specie, l’uso vivaio, pacificamente consentito) indipendentemente dall’eventuale mancata realizzabilità delle ulteriori finalità unilateralmente propostesi dal contraente, riguardo all’uso del bene locato.

Considerato che la sentenza impugnata appare esente dalle censure dedotte, ne consegue che il ricorso per cassazione in esame, siccome infondato, deve essere rigettato. Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente alla rifusione delle spese di questo giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente alla rifusione delle spese processuali che liquida in Euro 5.200,00 di cui Euro 200,00 per esborsi oltre accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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