Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 28-10-2011) 18-11-2011, n. 42633

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. – Con decreto, deliberato il 24 marzo 2001 e depositato il 30 marzo 2011, la Corte di appello di Roma ha confermato il provvedimento del Tribunale di quella stessa sede, 20 luglio 2010, di rigetto della richieste, avanzate da D.T.G., di revoca della confisca, disposta con decreto del medesimo Tribunale 21 settembre 1993, nonchè di restituzione dei beni confiscati, osservando con puntuale riferimento ai motivi di gravame e alle memorie difensive: la valutazione, ai fini della decisione, di circostanze inerenti al N. e ad atti relativi a terzi, non comporta alcuna nullità del decreto; la sopravvenuta esclusione del carattere mafioso della associazione criminale per la quale l’appellante ha riportato condanna non travolge la misura di prevenzione; la diversa qualificazione della condotta associativa non comporta esclusione del fatto posto a fondamento della confisca; la abrogazione della disposizione limitatrice della L. 19 marzo 1990, n. 55, art. 14, ha reso applicabile la confisca, in virtù della disposizione generale di richiamo della L. 22 maggio 1975, n. 152, art. 19, nei confronti di tutti i soggetti compresi nelle categorie, contemplate nei primi due numeri del comma 1, art. 1, L. 27 dicembre 1956, n. 1423; e tra costoro rientra l’appellante; D.T. è, infatti, gravato da numerose condanne per truffa, falso e ricettazione, da sentenza di applicazione della pena su richiesta per il delitto di associazione per delinquere "finalizzata all’uso illecito di carte di credito" e, soprattutto, dalla ulteriore condanna a tre anni e tre mesi di reclusione, per associazione per delinquere ai sensi dell’art. 416 c.p. – così derubricata l’originaria imputazione ai sensi dell’art. 416-bis c.p. – per la compartecipazione alla consorteria criminale denominata Banda della Magliana; tanto comprova la "elevatissima pericolosità sociale", la abituale dedizione alle attività delittuose e l’alimentazione del fabbisogno di vita con i proventi dei delitti, anche alla luce delle implicazioni – accertate dal giudice che ha disposto la misura di prevenzione – in traffici di stupefacenti e alla luce del conseguimento di "enormi guadagni", mediante il "riciclaggio di assegni di illecita provenienza"; sicchè è affatto irrilevante la mancanza di condanne per alcuno dei delitti previsti dall’art. 51 c.p.p., comma 3-bis.

2. – Ricorre per cassazione l’interessato, personalmente, mediante atto recante la data del 17 aprile 2004, col quale sviluppa quattro motivi, dichiarando promiscuamente di denunziare, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. "b) e c)", "violazione di legge", nonchè mancanza di motivazione.

2.1 – Con il primo motivo il ricorrente, censurando l’omessa motivazione in relazione al mezzo di gravame in proposito formulato, oppone: i giudici di merito hanno confuso la posizione di esso D. T. con quella di N.E. e hanno erroneamente analizzato le confische di cui ai procedimenti n.ri 36/89 e 58/94 relative a beni ritenuti nella disponibilità del succitato N..

2.2 – Con il secondo motivo il ricorrente deduce: la confisca è stata applicata ai sensi della L. 31 maggio 1965, n. 575 sul presupposto che il proposto fosse gravato da indizi di appartenenza ad associazione di tipo mafioso; in seguito alla derubricazione del delitto associativo nella fattispecie di cui all’art. 416 c.p. (giusta sentenza 6 ottobre 2000, irrevocabile dal 4 febbraio 2002), è "venuto meno il presupposto genetico della misura di prevenzione", posto che la diversa qualificazione implica la "esclusione di ogni indizio di appartenenza alla associazione mafiosa che mafiosa più non è da ritenersi" e tanto integra la ipotesi del "fatto nuovo" che impone la revoca della confisca.

2.3 – Con il terzo motivo il ricorrente censura: la Corte territoriale ha arbitrariamente supposto la "pericolosità generica" di esso D.T., esorbitando dai propri poteri; in precedenza (due anni prima della applicazione della misura di prevenzione) il Tribunale di Roma, nel respingere, con decreto del 7 febbraio 1990, la pregressa proposta del Pubblico Ministero di irrogazione della misura di prevenzione, personale e reale, ai sensi della L. 31 maggio 1965, n. 575, aveva escluso la pericolosità generica del prevenuto;

i giudici che hanno applicato la confisca avrebbero incluso il ricorrente in alcuna "delle categorie indicate nella L. 27 dicembre 1956, n. 1423" qualora avessero "individuato i requisiti"; la Corte territoriale ha misconosciuto "le numerose sentenze di assoluzione" ottenute da D.T..

2.4 – Con il quarto motivo il ricorrente sostiene che, per effetto della abrogazione della L. 19 marzo 1990, n. 55, art. 14, le misure patrimoniali di prevenzione sono applicabili "anche nei confronti dei soggetti pericolosi ai sensi della L. n. 1423 del 1956, art. 1, nn. 1 e 2, .. soltanto nei casi previsti dall’art. 51 c.p.p., comma 3-bis", in quanto la L. 24 luglio 2008, n. 125, art. 10, ha rimodulato la L. 31 maggio 1965, n. 575, art. 1 ampliando la relativa previsione a tutti i soggetti indiziati dei delitti contemplati dall’art. 51 c.p.p., comma 3-bis.

3. – Il procuratore generale della Repubblica presso questa Corte, con atto del 28 giugno 2011, deduce: il provvedimento impugnato è sorretto da motivazione adeguata e correlata alle risultanze in atti, correttamente valutate.

4. – Resiste al ricorso l’Agenzia del demanio, in persona del direttore in carica pro tempore, col ministero dell’Avvocatura generale dello Stato, rappresentata dall’avvocata Alessandra Bruni, mediante atto recante la data del 13 luglio 2011, depositato il 22 luglio 2011, col quale eccepisce la inammissibilità del ricorso, sotto il duplice profilo che la confisca non sarebbe suscettibile di revoca (reputata esperibile esclusivamente avverso le misure di prevenzione personali) e che, comunque, non sono emersi nuovi elementi, tali da escludere i presupposti e le condizioni della misura patrimoniale, laddove il ricorrente ha riproposto questioni di merito già trattate nei gradi del giudizio di merito.

5. – Il ricorso è infondato.

5.1 – Il primo motivo è inammissibile a cagione della genericità della censura.

Il ricorrente ha peraltro omesso di spiegare, con riferimento alla ratio decidendi del decreto impugnato, sotto quale profilo la supposta confusione delle posizioni (in relazioni a taluni atti o circostanze) si ripercuota sulla decisione impugnata e ne comprometta la tenuta.

5.2 – Correttamente la Corte territoriale, in esito alla esclusione della pericolosità qualificata in relazione alla previsione della L. 31 maggio 1965, n. 575, art. 1 – per effetto della diversa definizione giuridica (à sensi dell’art. 416 c.p.) della condotta delittuosa del ricorrente apprezzata ai fini della prognosi di prevenzione – ha ravvisato la ricorrenza della residuale pericolosità generica, à termini della L. 27 dicembre 1956, n. 1423, art. 1, comma 1, nn. 1 e 2, sulla base della considerazione della ridetta condotta associativa, accertata a carico del D. T. con sentenza di condanna passata in giudicato.

Sicchè, permanendo presupposti e condizioni per l’applicazione della confisca, i giudici di merito hanno negato la ricorrenza del novum tale da comportare la revoca della confisca.

5.3 – Affatto erroneo è l’assunto del ricorrente circa la limitazione soggettiva della confisca nell’ambito dei soggetti indiziati dei reati previsti dall’art. 51 c.p.p., comma 3-bis.

L’arresto di legittimità invocato nel ricorso (Sez. 2, 14 maggio 2009, n. 33597, Monticelli, massima n. 245251) non conforta la tesi del ricorrente.

E questa Corte suprema – come esattamente ricordato dalla Corte territoriale la quale ha fatto riferimento al pertinente arresto in termini – ha fissato i seguenti principi di diritto:

(a) Le misure di prevenzione patrimoniali del sequestro e della confisca sono applicabili, a seguito della novella del D.L. 23 maggio 2008, n. 92, art. 11-ter, convertito nella L. 24 luglio 2008, n. 125, a tutti coloro che siano abitualmente dediti a traffici delittuosi o che vivano abitualmente, anche in parte, con i proventi di attività delittuose (Sez. 1, 26 maggio 2009, n. 26751, De Benedittis, massima n. 244789).

(b) La richiesta di revoca ex tunc della confisca disposta nel procedimento di prevenzione deve essere esaminata in riferimento alla legge vigente al momento della decisione, sicchè, entrato in vigore il D.L. n. 92 del 2008, convertito dalla L. n. 125 del 2208, il mantenimento della misura patrimoniale è reso legittimo dalla pericolosità generica del soggetto, connessa alla sua appartenenza alle categorie previste dalla L. 27 dicembre 1956, n. 1423, art. 1, nn. 1 e 2, ancorchè sia stata esclusa la sua pericolosità qualificata ai sensi della L. 31 maggio 1965, n. 575, art. 1 (Sez. 1, 26 maggio 2009, cit., massima n. 244790).

5.4 – Destituita di fondamento è, infine, la denunzia della mancanza assoluta di motivazione (sotto il profilo della inosservanza della legge processuale che, in materia di prevenzione, prescrive l’adozione del decreto motivato).

La Corte territoriale ha dato conto adeguatamente – come illustrato nel paragrafo che precede sub 1. – delle ragioni della propria decisione, sorretta da motivazione congrua, e, pertanto, sottratta a ogni sindacato nella sede del presente scrutinio di legittimità, circoscritto ai sensi della L. 27 dicembre 1956, n. 1423, art. 4, comma 11, al sindacato della sola violazione di legge, laddove i rilievi, le deduzioni e le doglianze espressi dal ricorrente si sviluppano tutti nell’orbita delle censure di merito, sicchè, consistendo in motivi diversi da quelli consentiti dalla legge con il ricorso per cassazione, sono inammissibili à termini dell’art. 606 c.p.p., comma 3. 5.5 – Conseguono il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchè alla rifusione a favore della Agenzia del demanio delle spese del presente giudizio, congruamente liquidate nel dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e alla rifusione a favore della Agenzia del demanio delle spese di patrocinio, liquidate in complessivi Euro duemila, oltre accessori come per legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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