Cass. civ. Sez. III, Sent., 29-05-2012, n. 8559 Inadempimento

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1 – Il 21.7.2005 il conduttore T.A. rilasciò alla locatrice s.n.c. Ferdico Giuseppe & C. il locale adibito a bar locatogli in data 1.4.2005 a seguito di una missiva della locatrice che, in data 11.7.2005 gli aveva comunicato la risoluzione del contratto.

Il 12.10.2005 convenne in giudizio la locatrice chiedendone la condanna al pagamento di Euro 18.000,00 (pari a 18 mensilità del canone di Euro 1.000, comprensivo di IVA), oltre accessori.

La s.n.c. Ferdico resistette adducendo, tra l’altro, che il contratto s’era risolto per grave inadempimento del conduttore, e che l’indennità non era dovuta per essere stato il contratto concluso per l’esercizio di un’attività di carattere transitorio, com’era dimostrato dal fatto che la durata del rapporto era stata contrattualmente fissata in un anno.

2.- Con sentenza del 23.10.2007 il tribunale di Palermo rigettò per tale seconda ragione la domanda, invece accolta dalla Corte d’appello di Palermo con sentenza n. 1152 del 15.9.2009, avverso la quale la società soccombente ricorre per cassazione affidandosi a cinque motivi, cui resiste con controricorso il T..

Motivi della decisione

1.- Ha ritenuto la Corte territoriale:

a) che – alla luce del principio espresso da Cass., n. 3663/1996 – se il carattere transitorio non risulti dall’intrinseca natura dell’attività svolta, occorre che la transitorietà sia espressamente enunciata in contratto in relazione alle ragioni che la determinano, che tanto non era nella specie accaduto e che, a tali fini, è insufficiente la fissazione della durata del rapporto in un tempo inferiore al minimo di legge;

b) che solo in grado di appello la locatrice aveva sostenuto che il conduttore era stato inadempiente per non aver mai corrisposto i canoni locativi, sicchè quell’eccezione non poteva esaminarsi per essere stata tardivamente sollevata;

c) che esistevano in atti le fatture emesse dalla Ferdico s.n.c. per i mesi da aprile a luglio del 2005, sicchè, per un verso, non poteva dubitarsi che egli avesse pagato e, per altro verso, non poteva considerarsi un’eccezione di inadempimento l’affermazione della locatrice che la richiesta del T. volta ad ottenere le quietanze di pagamento non era suscettibile di essere soddisfatta per non avere lo stesso pagato; segnatamente in un contesto nel quale, nella comparsa di primo grado, l’unico motivo di inadempimento addotto dalla locatrice era stato il comportamento tenuto dal T. in occasione dell’episodio riportato nella querela in atti, dalla quale peraltro non si evinceva una violazione da parte del convenuto della disposizione di cui all’art. 5 del contratto di locazione;

d) che, "a tutto voler concedere, tenuto conto della mancata resistenza del T. alla illegittima richiesta della Ferdico, potrebbe al limite sostenersi che la cessazione del suddetto rapporto fosse derivata dall’incontro consensuale della volontà dei contraenti", ma non, comunque, da inadempimento, disdetta o recesso del conduttore.

2.- Col primo, terzo e quarto motivo di ricorso – coi quali sono dedotti falsa applicazione della L. n. 392 del 1978, artt. 27, 34 e 35 e vizi della motivazione – la Corte di Cassazione non viene edotta dell’esatto tenore del contratto di locazione, del contenuto della querela, delle precise deduzioni della comparsa di risposta.

E con nessuno si afferma – offrendosi argomenti che possano indurre a modificare l’opposto orientamento di questa Corte – che quando non sia configurabile in concreto la sussistenza di un danno (ex plurimis, Cass., nn. 4027/1995, 2834/2002, 15821/2005, 7528/2009) al conduttore non sia dovuta l’indennità di avviamento.

Si sostiene, invece, che il conduttore era consapevole della imminente ristrutturazione del centro commerciale nel quale era ubicato il bar, che le spese per l’arredamento del locale erano state affrontate dalla locatrice, che il bar era destinato all’uso esclusivo o quasi esclusivo dei dipendenti del predetto centro; ma non si precisa come, quando e con quali risultati tali circostanze fossero entrate a far parte del thema decidendum. Insomma, si ripercorre la vicenda, ma non si prospettano censure puntuali alla sentenza, dalla quale sostanzialmente si prescinde, quasi che la Corte di legittimità dovesse stabilire non già se la decisione è viziata per violazione di legge o vizio della motivazione ma, autonomamente, chi ha ragione e chi torto.

Detti motivi sono dunque inammissibili perchè non soddisfano i requisiti di cui agli artt. 360 e 366 c.p.c..

3.- Il secondo motivo – col quale la sentenza è censurata per violazione della L. n. 392 del 1978, art. 34, e per vizio di motivazione – investe la decisione nella parte in cui la Corte d’appello ha svolto la considerazione riportata al precedente paragrafo 1, sub lettera d, omettendo di trame la conseguenza che, appunto per essere stato il contratto risolto a seguito dell’incontro consensuale della volontà dei contraenti, l’indennità per la perdita dell’avviamento non era dovuta al conduttore.

3.1.- Il motivo è fondato nei sensi qui di seguito indicati.

Con ordinanza 20.12.1989, n. 565 la Corte costituzionale ha dichiarato la manifesta infondatezza – in riferimento all’art. 3 Cost. – della questione di costituzionalità della L. 27 luglio 1978, n. 392, art. 34, comma 1, nella parte in cui non contempla l’ipotesi di "risoluzione per mutuo consenso" tra quelle che escludono il diritto all’indennità.

Tanto perchè ha ritenuto che, ai fini dell’esclusione del diritto all’indennità per la perdita dell’avviamento commerciale, la cessazione della locazione "per mutuo consenso" è assimilabile alla disdetta o al recesso del conduttore, in particolare osservando che, con riguardo a quest’ultimo soggetto, ciò che rileva ai fini dell’esclusione del diritto all’indennità è l’intento di non proseguire il rapporto alla scadenza ovvero di interromperlo.

Tali rilievi, integralmente condivisi da questa Corte (per un’implicita affermazione del principio cfr., ex multis, Cass., nn. 15590/07, 15091/01, 1165/97), comportano che se, nella specie, il contratto fosse stato risolto per mutuo consenso per esservi stata adesione immediata alla richiesta da parte del conduttore, allora la Corte d’appello avrebbe fatto erronea applicazione della L. n. 392 del 1978, art. 34. Ma se così fu o no la Corte d’appello non dice laddove formula l’ipotesi intermini dubitativi ("a tutto voler concedere … potrebbe al limite sostenersi …"); e non può dire questa Corte con decisione di merito ai sensi dell’art. 384 c.p.c., per difetto di prospettazione sia in sentenza che in ricorso dei possibili fatti sintomatici suscettibili di venire in rilievo ed ulteriori rispetto al dato obiettivo che l’immobile fu rilasciato pochi mesi dopo l’inizio del rapporto.

La sentenza va dunque cassata per vizio della motivazione, nella specie perplessa, affinchè il giudice del rinvio compia la relativa valutazione nel rispetto dell’enunciato principio.

4.- Fondato è anche il quinto subordinato motivo – che conserva una possibile rilevanza in ragione del dubbio sull’esito del giudizio di rinvio – col quale la ricorrente si duole che l’indennità da perdita dell’avviamento sia sta calcolata sul canone comprensivo di IVA, anzichè su Euro 834 mensili al netto d’imposta, e sia stato dunque determinato in Euro 18.000, anzichè in Euro 15.012.

Tanto per la ragione (obiettivamente sussistente benchè non esposta dalla ricorrente nell’illustrazione del motivo a pagina 26 del ricorso) che l’indennità ha, appunto, funzione indennitaria e non costituisce il corrispettivo per la prestazione di un servizio (Cass., n. 13345/2006).

5.- Il giudice del rinvio, che si designa nella stessa Corte d’appello in diversa composizione, regolerà anche le spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

LA CORTE DI CASSAZIONE dichiara inammissibili il primo, il terzo ed il quarto motivo di ricorso, accoglie il secondo ed il quinto, cassa in relazione e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’appello di Palermo in diversa composizione.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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