Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 28-10-2011) 18-11-2011, n. 42631 Reato continuato e concorso formale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. – Con ordinanza, deliberata il 21 marzo 2011 e depositata il 28 marzo 2011, il Tribunale ordinario di Pordenone, in composizione monocratica e in funzione di giudice della esecuzione, ha respinto la richiesta avanzata dal condannato S.L. per il riconoscimento della continuazione tra il delitto di omissione o falsità in denuncia obbligatoria e altri reati, in precedenza commessi e non meglio indicati se non col riferimento al numero di ordine nel certificato penale dei provvedimenti di esecuzione delle relative condanne.

Il giudice della esecuzione ha motivato: il condannato ha dedotto in modo "ellittico e assi implicito la continuità cronologica e la identità della natura degli illeciti", omettendo di indicare gli elementi di fatto che dimostrano la esistenza del medesimo disegno criminoso, essendo a tal fine ininfluenti le disquisizioni dottrinarie sull’istituto della continuazione e l’assunto che i reati furono commessi in "un periodo di grande confusione affettiva e sociale e di un conseguente degrado morale della persona". 2. – Ricorre per cassazione il condannato, personalmente, mediante dichiarazione resa 22 aprile 2011, ai sensi dell’art. 123 cod. proc. pen., al direttore della Casa circondariale di Padova, colla quale, mediante fraseggio involuto e a tratti incomprensibile, premesse varie considerazioni in ordine all’istituto della continuazione, instando per l’acquisizione delle sentenze di condanna, sostiene la ricorrenza della continuazione e, in proposito, deduce: i reati furono commessi, a far tempo dal 1983 e fino al 2000, in un periodo di grande confusione affettiva e sociale, per causa di gravi problemi di salute, e di un conseguente degrado morale della persona" che ha condotto esso ricorrente "a vagare e a non rispettare norme e regole della società". 3. – Il procuratore generale della Repubblica presso questa Corte, con atto del 27 giugno 2011, rileva: i motivi del ricorso costituiscono censure in punto di fatto della decisione impugnata in ordine alla ritenuta insussistenza della unicità del disegno criminoso.

4. – Il ricorso è inammissibile.

Nelle confuse deduzioni del ricorrente non sono enucleabili ragioni di impugnazione riconducibili alla tipologia dei motivi di ricorso per cassazione à termini dell’art. 606 c.p.p., comma 1.

Sicchè al rilievo che l’impugnazione risulta proposta "per motivi diversi da quelli consenti dalla legge", conseguono la declaratoria della inammissibilità del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchè – valutato il contenuto dei motivi e in difetto della ipotesi di esclusione di colpa nella proposizione della impugnazione – al versamento a favore della cassa delle ammende della somma, che la Corte determina, nella misura congrua ed equa, infra indicata in dispositivo.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di Euro 1.000 (mille) alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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