Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 28-10-2011) 18-11-2011, n. 42630

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. – Con ordinanza, deliberata il 2 dicembre 2010 e depositata in pari data, il Tribunale di sorveglianza di Torino ha revocato la detenzione domiciliare e ha disposto per il ripristino della detenzione intramuraria nei confronti del condannato M.A., motivando: la condotta di costui è incompatibile colla prosecuzione della misura alternativa; la condotta del condannato osta alla formulazione di prognosi positiva di recupero e di risocializzazione;

M., infatti, è stato sorpreso dalla polizia giudiziaria (che lo ha tratto in arresto nella flagranza della evasione) mentre si tratteneva in compagnia di diversi pregiudicati all’interno del ristorante (OMISSIS) alle 13.00 del (OMISSIS); la giustificazione offerta dal condannato – di essersi recato nel locale per motivi di lavoro e, precisamente, per consegnare il pesce – è mendace; il ristoratore ha smentito la consegna, precisando che acquistava il pesce dal proprio fornitore, e, inoltre, ha dichiarato che, poco prima, M. aveva prenotato un tavolo per sei persone;

peraltro il condannato si trovava nel locale fuori dell’orario assegnatogli per le consegne ai ristoranti (ore 14.30 – 22.00); la "inaffidabilità" del M. risulta, infine, conclamata dalla considerazione delle pregresse inosservanze alle prescrizioni, le quali avevano comportato anche la sospensione della misura (poi ripristinata dal Tribunale di sorveglianza).

2. – Ricorre per cassazione il condannato, col ministero del difensore di fiducia, avvocata Maria Carmela Guarino, mediante atto recante la data del 4 febbraio 2011 col quale sviluppa cinque motivi.

2.1 – Con il primo motivo il difensore denunzia, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. c), inosservanza di norme processuali stabilite a pena di nullità, in relazione art. 127 c.p.p., commi 1 e 5; art. 178 c.p.p., comma 1, lett. c); art. 179 c.p.p. e art. 666 c.p.p., comma 3, deducendo che l’avviso della udienza davanti al giudice a quo, indirizzato al secondo difensore di fiducia del condannato (non intervenuto) era stato intempestivamente notificato senza l’osservanza del termine dilatorio di comparizione e asserendo di non aver potuto prendere visione degli atti in occasione della udienza.

2.2 – Con il secondo motivo il difensore denunzia, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. c), inosservanza dell’art. 70, comma 6, dell’Ordinamento penitenziario e art. 677 cod. proc. pen. in relazione all’art. 178 cod. proc. pen. per la partecipazione al Collegio del magistrato di sorveglianza di Alessandria, anzichè di quello di Novara che aveva disposto la sospensione della provvisoria della misura alternativa.

2.3 – Con il terzo motivo il difensore denunzia, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. c), inosservanza dell’art. 125 c.p.p., comma 3; art. 181 cod. proc. pen. e del D.L. 15 gennaio 1991, n. 816 nonies, comma 7, convertito nella L. 15 marzo 1991, n. 82, per la omessa va-lutazione delle condotte previste dagli artt. 13-quater e 16-septies del succitato decreto legge.

2.4 – Con il quarto motivo il difensore denunzia, à sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione e censurando la omessa considerazione delle deduzioni difensive in proposito formulate mediante memoria (depositata presso l’ufficio di sorveglianza di Novara e assertivamente non "confluita nel fascicolo del Tribunale1) e mediante le dichiarazioni rese in camera di consiglio dall’interessato, deduce: "la leggerezza commessa" non è grave, nè sintomatica di inaffidabilità; M. si recò nel locale in seguito all’incontro con la moglie e con gli operai e l’arredatore incaricati della ristrutturazione di un locale preso in locazione; il ricorrente ignorava i precedenti penali degli interlocutori; gli addebiti per le pregresse condotte non sono significativi; difetta la specifica valutazione, imposta dal regime speciale della detenzione domiciliare prevista per i collaboranti, "del reinserimento del condannato nel circuito criminale". 2.5 – Con il quinto motivo il difensore dichiara di denunziare ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b), inosservanza del D.L. 15 gennaio 1991, n. 8, art. 16-nonies, comma 7, convertito nella L. 15 marzo 1991, n. 82, reiterando, sotto il profilo della violazione di legge, le censure in precedenza formulate.

3. – Il procuratore generale della Repubblica presso questa Corte, con atto del 5 luglio 2001, obietta: la dedotta nullità è stata sanata dalla mancata tempestiva proposizione della relativa eccezione da parte dell’altro difensore di fiducia intervenuto; in seguito al trasferimento del detenuto dalla Casa circondariale di Novara a quella di Vercelli, il Collegio è stato ritualmente composto con la partecipazione del Magistrato di sorveglianza di Alessandria; la L. 15 marzo 1991, n. 82, artt. 13 e 16-septies, non integrano alcun "regime speciale e derogatorio" della revoca della detenzione domiciliare; le censure del ricorrente, circa la negativa prognosi del giudice a quo, sono "in fatto e, in quanto tali, inammissibili". 4.- Il ricorso è infondato.

4.1 – Priva di giuridico pregio è l’eccezione in rito circa la composizione del Collegio giudicante, per l’omessa partecipazione del magistrato di sorveglianza di Novara che aveva adottato il provvedimento temporaneo, dando così inizio al procedimento.

Non è, innanzi, tutto conferente il richiamo del ricorrente all’art. 677 cod. proc. pen. che attiene al diverso profilo della determinazione della competenza dell’ufficio giudiziario di sorveglianza.

E, peraltro, è affatto fuori discussione nella specie la competenza del Tribunale di sorveglianza di Torino.

In ordine alla composizione del collegio l’art. 70, comma 6, dell’Ordinamento penitenziario dispone: "Uno dei due magistrati ordinali deve essere il magistrato di sorveglianza sotto la cui giurisdizione è posto il condannato o l’internato in ordine alla cui posizione di deve provvedere".

Orbene, ogni questione se a tal fine assuma rilievo, in relazione alla determinazione del criterio di collegamento, il momento dell’inizio del procedimento (analogamente a quanto prescrive in tema di competenza l’art. 677 c.p.p., comma 1) ovvero il momento della trattazione e della decisione, risulta assorbita dalla considerazione che, comunque, la violazione della disposizione in parola costituisce mera irregolarità, non sanzionata dalla legge a pena di nullità, in quanto non è riconducibile alla ipotesi di nullità generale, contemplata dall’art. 178 c.p.p., comma 1, lett. a), del difetto di capacità del giudice (Cass., Sez. 1, n. 1855 del 21 marzo 1996, Tommasoni, massima n. 204690; Sez. 1, n. 26037 del 28 maggio 2003, Shoukry, massima n. 224943 e Sez. 1, n. 20291 del 6 maggio 2008, Persechino, massima n. 239995).

4.2 – Destituita di fondamento è, pure, l’ulteriore eccezione in rito.

La denunzia della nullità, riconducibile nel novero di quelle generali non assolute ovvero cd. a regime intermedio, è intempestiva (cfr., in relazione alla ipotesi più radicale dell’omesso avviso a uno dei due difensori: Cass., Sez. Un., 16 luglio 2009, n. 39060, Aprea, massima n. 244187 e 27 gennaio 2011, n. 22242, Scibè, massima n. 249651).

Privo di pregio è l’assunto difensivo di aver fatto "affidamento sulla relazione del Tribunale" il quale – asseritamente – avrebbe "dato atto della regolarità degli avvisi", atteso che la circostanza della tardiva notificazione dell’avviso era necessariamente nota all’altro difensore di fiducia del condannato destinatario dell’atto, sicchè la difesa tecnica del M. (indipendentemente dall’intervento in camera di consiglio di uno o di entrambi i difensori) ben poteva eccepire l’inosservanza del termine dilatorio di comparizione.

4.3 – Le deroghe apportate dal D.L. 15 gennaio 1991, n. 8, convertito nella L. 15 marzo 1991, n. 82, in relazione alla detenzione domiciliare cd. extra ordinem a favore dei condannati beneficiari di programmi di protezione, non comportano la inapplicabilità della generale disposizione, contenuta nell’art. 47-ter, comma 6, dell’Ordinamento penitenziario, la quale, rispetto alle speciali ipotesi contemplate dal compianto disposto dell’art. 16-nonies, comma 7, artt. 13-quater e 16-septies del succitato decreto, assume il valore di vera e propria norma di chiusura, la quale – in difetto della ricorrenza delle particolari condotte cui la legge annette specifico rilievo – opera allorchè il comportamento del condannato si dimostri, comunque, "incompatibile con la prosecuzione" della misura alternativa.

4.4 – Con riferimento alla valutazione in proposito operata il giudice a quo ha. dato conto adeguatamente – come illustrato nel paragrafo che precede sub 1. – delle ragioni della propria decisione, sorretta da motivazione congrua, affatto immune da illogicità di sorta, sicuramente contenuta entro i confini della plausibile opinabilità di apprezzamento e valutazione (v. per tutte: Cass., Sez. 1, 5 maggio 1967, n. 624, Maruzzella, massima n. 105775 e, da ultimo, Cass., Sez. 4, 2 dicembre 2003, n. 4842, Elia, massima n. 229369) e, pertanto, sottratta a ogni sindacato nella sede del presente scrutinio di legittimità; laddove i rilievi, le deduzioni e le doglianze espressi dal ricorrente, benchè inscenati sotto la prospettazione di viti a della motivazione, si sviluppano tutti nell’orbita delle censure di merito, sicchè, consistendo in motivi diversi da quelli consentiti dalla legge con il ricorso per cassazione, sono inammissibili à termini dell’art. 606 c.p.p., comma 3. 4.4 – Conseguono il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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