Cass. civ. Sez. III, Sent., 29-05-2012, n. 8546 Contratto di locazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

T.V. ha citato in giudizio U.P. davanti al Tribunale di Reggio Calabria esponendo di aver preso in locazione nel 1986 un immobile di proprietà dell’ U. e che il rapporto era stato regolato da due diverse scritture con pari data, una prima regolarmente registrata, in cui era prevista la destinazione dell’immobile ad ufficio ed un canone di L. 500.000 mensili, ed una seconda integrativa in cui era prevista la destinazione ad uso abitazione ed un canone di L. 700.000 mensili.

Tanto premesso, ha chiesto che fosse dichiarata la simulazione del contratto registrato e che fosse accertato che il rapporto di locazione era disciplinato dalla scrittura integrativa, ad esclusione della misura del canone, determinata in violazione delle norme di cui alla L. n. 392 del 1978, con la condanna dell’ U. alla restituzione di tutte le somme pagate in più del dovuto.

Il Tribunale di Reggio Calabria, ritenuta la tardività dell’eccezione di prescrizione sollevata dal locatore, ha dichiarato la simulazione delle clausole del contratto registrato in relazione all’uso, che era uso abitativo e non uso studio professionale, ed alla misura del canone pattuito, che era di L. 700.000 mensili; dopo aver determinato la misura dell’equo canone, ha rigettato la domanda di ripetizione delle somme corrisposte in più del dovuto in violazione della L. n. 392 del 1978, sul rilievo che il conduttore non aveva fornito la prova dell’entità delle somme corrisposte a titolo di canone.

La Corte di appello di Reggio Calabria, tenuto conto della mancata risposta dell’ U. al giuramento decisorio deferitogli dal conduttore,a parziale modifica della decisione di primo grado, ha condannato l’ U. a restituire al T. la somma di Euro 47.280,93 oltre interessi, per canoni di locazione corrisposto in più del dovuto rispetto all’equo canone. Propone ricorso U. P. con sette motivi e presentano memoria ex art. 378 c.p.c., gli eredi dello stesso, deceduto nelle more del giudizio. Resiste con controricorso T.V..

Motivi della decisione

1. Con il primo motivo si denunzia violazione dell’art. 233 cod. proc. civ., e segg., e dell’art. 2736 cod. civ., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.

Sostiene il ricorrente l’inammissibilità del giuramento decisorio, in quanto inidoneo a definire la controversia, essendo stato deferito solo sull’entità delle somme corrisposte nel tempo.

Assume il ricorrente che la formula del giuramento era stata irritualmenre modificata dal giudice all’udienza fissata per il giuramento.

2. Con il secondo motivo si denunzia vizio di motivazione in quanto la Corte aveva tenuto conto del giuramento deferito su somme genericamente corrisposte e non indicate come canoni di locazione.

3. I due motivi si esaminano congiuntamente per la stretta connessione logico giuridica e sono infondati.

E’ consolidato, in seno alla giurisprudenza di questa Corte, il principio di diritto secondo il quale la valutazione (positiva o negativa) della decisorietà della formula del giuramento è rimessa all’apprezzamento del giudice del merito, il cui giudizio circa l’idoneità della formula a definire la lite è sindacabile in sede di legittimità con esclusivo riferimento alla sussistenza di vizi logici o giuridici attinenti all’apprezzamento espresso (ex pluribus, Cass. 2601 del 2001; 210 del 1987).

Tali vizi non si riscontrano nella specie, attesa la motivazione adottata dalla Corte di merito che risulta aver fatto buon governo della regula iuris a mente della quale il giuramento decisorio può essere deferito quando ha ad oggetto circostanze dalle quali discende la decisione di uno o più capi della domanda e tali da comportare che il Giudice, previo accertamento dell’an iuratum sit", debba soltanto accogliere o rigettare la domanda – ovvero singoli capi di essa – basandosi, quanto al fatto, solo sul giuramento prestato ovvero sulla mancata prestazione del medesimo (vedi in tal senso Cass. 5.8.2004 n. 15016).

Nella specie la formula del giuramento deferito, come riportata in ricorso, era idonea ad accertare la misura dei canoni corrisposti dal T., quale conduttore, all’ U., quale locatore, dal luglio 86 all’aprile 2004, circostanza il cui accertamento è idoneo da solo a decidere sulla domanda di ripetizione di canoni corrisposti in più del dovuto, dovendo il giudice effettuare solo un calcolo matematico fra l’equo canone accertato dal c.t.u. e quello corrisposto dal conduttore.

Il riferimento alla qualità di conduttore e di locatore è idoneo a chiarire che le somme corrisposte sono a titolo di canoni di locazione.

Il giudice si è avvalso del potere conferitogli di modificare la formula prima del giuramento in modo da consentire al giurante di affermare o negare la circostanza oggetto del giuramento.

3. Con il terzo motivo si denunzia violazione dell’art. 416 c.p.c. e dell’art. 2934 c.c., in relazione all’art. 360, n. 3.

Sostiene il ricorrente che erroneamente il giudice di appello ha dichiarato tardiva l’eccezione di prescrizione dell’azione di simulazione, quando questa essendo necessario presupposto dell’eccezione di prescrizione dell’azione di ripetizione della somme, doveva ritenersi implicitamente eccepita.

4. Il motivo è infondato.

La Corte di appello ha confermato la pronunzia del primo giudice di decadenza dall’eccezione di prescrizione dell’azione di accertamento della simulazione, sul rilievo che l’eccezione era stata formulata solo nelle note illustrative del giudizio di primo grado.

La domanda di simulazione di un contratto e la domanda di ripetizione di somme pagate in più del dovuto sono domande diverse, in quanto differenti sono la causa pretendi ed il petitum.

Di conseguenza l’eccezione di prescrizione, essendo eccezione in senso proprio, deve essere formulata esplicitamente per ciascuna delle domanda,non potendo ritenersi implicitamente formulata.

5. Con il quarto motivo si denunzia violazione dell’art. 112 c.p.c., e segg. e dell’art. 2938 c.c..

Sostiene il ricorrente che il giudice di appello, una volta ritenuta tardiva l’eccezione di prescrizione dell’azione di simulazione, avrebbe dovuto comunque pronunziare in ordine all’eccezione di prescrzione della domanda di ripetizione delle somme corrisposte in più del dovuto.

6. Il motivo è inammissibile perchè privo di autosufficienza.

Perchè possa utilmente dedursi in sede di legittimità un vizio di omessa pronunzia, ai sensi dell’art. 112 cod. proc. civ., è necessario, da un lato, che al giudice del merito siano state rivolte una domanda od un’eccezione autonomamente apprezzabili, ritualmente ed inequivocabilmente formulate, per le quali quella pronunzia si sia resa necessaria ed ineludibile, e, dall’altro, che tali istanze siano riportate, per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, puntualmente, nei loro esatti termini e non genericamente ovvero per riassunto del loro contenuto, nel ricorso per cassazione, con l’indicazione specifica, altresì, dell’atto difensivo e/o del verbale di udienza nei quali l’una o l’altra erano state proposte, onde consentire a giudice di verificarne la ritualità e la tempestività ed, in secondo luogo, la decisività delle questioni prospettatevi.

7. Dalla sentenza impugnata risulta che con l’appello incidentale è stata censurata solo la dichiarazione di decadenza per tardivita dell’eccezione di prescrizione dell’azione di simulazione.

Il ricorrente avrebbe dovuto riprodurre in ricorso l’atto di appello incidentale, per lo meno nella parte in cui risulta riproposta l’eccezione di prescrizione dell’azione di ripetizione della somme, al fine di consentire a questa Corte di apprezzare la fondatezza della denunziata omessa pronunzia.

8. Con il quinto e sesto motivo si denunzia violazione ed erronea applicazione della L. n. 392 del 1978.

Assume il ricorrente che il contenuto coordinato delle due scritture avrebbe dovuto essere valutato come espressione di un’unica volontà contrattuale in base alla quale risultava che le parti aveva previsto un uso promiscuo, sia ad abitazione che ad ufficio, dell’immobile.

La L. n. 392 del 1978, era stata applicata in maniera distorta in quanto il c.t.u. aveva omesso di calcolare, nella determinazione dell’equo canone la superficie del lastrico annesso all’appartamento.

9. I due motivi si esaminano congiuntamente per la connessione logico giuridica e sono inammissibili.

Essi introducono nel giudizio due questioni nuove, che non risultano proposte davanti al giudice di appello.

In relazioni alle stesse il ricorrente non allega e non riproduce in ricorso, ai fini del rispetto del principio della autosufficienza, con quali atti ed in quale fase processuale esse sono state introdotte.

10. Con il settimo motivo si denunzia violazione dell’art. 112 c.p.c..

Sostiene il ricorrente che il giudice di appello ha condannato il locatore alla restituzione dei canoni di locazione corrisposti in più che il conduttore non aveva richiesto.

11. Il motivo è infondato.

Dalla stessa sentenza impugnata, a pagina 3, risulta che il conduttore ha chiesto la restituzione di tutti i canoni pagati in più dell’equo canone, per cui non vi è stata alcuna pronunzia "ultra petita " da parte della Corte di meritoi.

Le spese del giudizio seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali del giudizio di cassazione liquidate in Euro 3.800,00 di cui Euro 200,00 per spese,oltre spese generali ed accessori come per legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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