Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 13-10-2011) 18-11-2011, n. 42684

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Svolgimento del processo

Il Tribunale di Agrigento, con ordinanza del 7/10/2010, ha dichiarato de plano inammissibile la istanza di ricusazione del perito, Dott. G.S., presentata dall’imputata G.C..

Propone ricorso per cassazione la G. personalmente con i seguenti motivi:

– il Tribunale illegittimamente ha rigetto la istanza di ricusazione con provvedimento reso de plano. senza l’osservanza dell’art. 127 c.p.p.:

– violazione degli artt. 223 e 41 c.p.p.:

– illegittimità costituzionale dell’art. 223 c.p.p., comma 3, in relazione agli artt. 3 e 24 Cost..

Il Procuratore Generale presso questa Corte ha inoltrato in atti requisitoria scritta nella quale conclude per la inammissibilità.

Motivi della decisione

Il ricorso è inammissibile.

Infatti, la eccezione con cui si deduce la erronea adozione della procedura de plano in luogo di quella prevista ex art. 127 c.p.p., con correlata instaurazione del contraddittorio è manifestamente infondata.

Rilevasi che il combinato disposto dell’art. 223 c.p.p., comma 5 e art. 41 c.p.p. rende evidente come la adozione della procedura partecipata, art. 127 c.p.p., non sia richiesta dal legislatore, così per la ricusazione del giudice, come per la ricusazione del perito, nei casi in cui detta ricusazione risulti, già ad un primo esame, inammissibile per mancanza di legittimazione attiva in capo al proponente, per inosservanza dei rigorosi termini e forme di legge o, ancora, per manifesta infondatezza dei motivi.

Nel caso di specie l’istanza è stata proposta oltre i termini consentiti, con la conseguenza che la procedura non partecipata è stata adottata ritualmente (Cass. Sez. 1^ n. 6621/2010 rv. 246575).

Del pari, totalmente priva di pregio si rivela la seconda censura, volta a contestare la declaratoria di inammissibilità per tardività: il Tribunale ha correttamente applicato il disposto di cui all’art. 223 c.p.p., comma 3, riconoscendo che la ricusazione è stata avanzata non solo oltre il compimento delle formalità di conferimento dell’incarico peritale, ma anche successivamente all’espressione del parere da parte del perito, termine oltre il quale non può trovare ingresso la ricusazione, per l’ovvia ragione che una volta noto, con il deposito della relazione, il parere del predetto perito, questi potrebbe essere strumentalmente ricusati), a seconda che il suo parere collimi o meno con gli interessi di parte (Cass. 4/12/04, Volpe; Cass. 24/6/03, Reda e altri).

Proprio questa ovvia esigenza, che razionalmente presiede alla opzione del legislatore di indicare detto termine ultimo per la ricusazione, rende manifestamente infondata anche la eccezione di incostituzionalità proposta.

Tenuto conto, poi, della sentenza del 13/6/2000, n. 186, della Corte Costituzionale, e rilevato che non sussistono elementi per ritenere che la G. abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, la stessa deve, altresì, a norma dell’art. 616 c.p.p., essere condannata al versamento, in favore della Cassa delle Ammende, di una somma, equitativamente fissata, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di Euro 1.000.00.

P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrerne al pagamento delle spese processuali e al versamento di Euro 1.000.00 in favore della Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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