Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 13-10-2011) 18-11-2011, n. 42682

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Svolgimento del processo

Il Gip presso il Tribunale di Palermo, con ordinanza dell’1/3/2010, in accoglimento della istanza avanzata nell’interesse di P. A., indagato del reato di cui al D.Lgs. n. 172 del 2008, art. 6, comma 1, convertito in L. n. 210 del 2008, revocava il sequestro preventivo dell’autocarro Fiat Iveco (OMISSIS), targato (OMISSIS), di proprietà del predetto.

Il Tribunale del riesame chiamato a pronunciarsi sull’appello proposto dal p.m., ha annullato l’ordinanza del Gip e ha disposto il sequestro preventivo del citato automezzo.

Propone ricorso per cassazione il P. personalmente con i seguenti motivi:

– l’ordinanza impugnata merita censura ed annullamento per avere applicato erroneamente i principi che regolano la normativa dettata dal D.Lgs. n. 172 del 2008, art. 6, comma 1, lett. d), convertito in L. n. 210 del 2008, in quanto nella specie il materiale trasportato è da qualificarsi sottoprodotto e non rifiuto.

La difesa del ricorrente ha inoltrato memoria nella quale specifica le ragioni poste a sostegno della impugnazione, di cui chiede l’accoglimento.

Motivi della decisione

Il ricorso è inammissibile.

La argomentazione motivazionale, adottata dal Tribunale, si palesa logica e corretta.

Osservasi che con la definizione di sottoprodotto, introdotta dal D.Lgs. n. 4 del 2008, fermo restando il divieto di trattamento preventivo, è stato affievolito il criterio di tracciabilità assoluta, prima ancorato alla certezza della utilizzazione risultante da puntuali verifiche e da attestazioni dei soggetti interessati alla cessione e al riutilizzo (la autocertificazione richiesta dal D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 183, comma 1, lett. n), doveva garantire il reimpiego).

Per escludere la disciplina sui rifiuti è necessario, peraltro, che a destinare il sottoprodotto al riutilizzo senza trattamenti di tipo recuperatorio sia lo stesso produttore e non un semplice detentore cui la sostanza sia stata conferita a qualche titolo (Cass. 30/9/08, n. 41836).

Il Tribunale, a giusta ragione, ha rilevato che il soggetto produttore si era disfatto del materiale in questione e che l’utilizzo di detto materiale, destinato ad essere impiegato in luogo diverso da quello in cui era stato prodotto, difettava della necessaria pregressa pianificazione (antecedente alla stessa creazione del rifiuto) delle modalità di detta utilizzazione in altro processo industriale: nella specie si è rilevata da parte del decidente una occasionale cessione del materiale di risulta ad un terzo, che si era dichiarato disponibile a riceverlo.

Di poi, sul camion erano state rinvenute numerose tegole frammiste a calce e che. dunque, avevano bisogno di trattamento prima di essere eventualmente riutilizzate: elementi questi, lutti, che impediscono, ad avviso del Tribunale, a giusta ragione, di classificare il materiale de quo come sottoprodotto.

Tenuto conto, poi, della sentenza del 13/6/2000, n. 186, e rilevato che non sussistono elementi per ritenere che il P. abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, lo stesso, a norma dell’art. 616 c.p.p., deve, altresì, essere condannato al versamento di una somma, in favore della Cassa delle Ammende, equitativamente fissata, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di Euro 1.000.00.

P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento in favore della Cassa delle Ammende della somma di Euro 1.000.00.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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