Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 13-10-2011) 18-11-2011, n. 42678

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Gup presso il Tribunale di Rimini, con sentenza del 28/9/2010, resa a seguiti) di rito abbreviato, dichiarava N.F. responsabile del reato di detenzione di sostanza stupefacente a fine di spaccio (gr. 100 di marijuana) e del reato di cui all’art. 624 bis c.p. perchè, in concorso con altri soggetti compiutamente identificati, ma giudicati separatamente, in ripetute occasioni, si impossessava di apparecchi di videoripresa, di televisori, di computers, di alimentari, beni tutti sottratti nel corso di notti del settembre-ottobre 2009, presso gli alberghi (OMISSIS), in essi introducendosi col forzarne le serrature: condannava l’imputato, ritenuta la continuazione tra i delitti, riconosciute la attenuante di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5, e la equivalenza tra le generiche e le aggravanti, alla pena di anni 2 e mesi 6 di reclusione ed Euro 3.000.00 di multa.

La Corte di Appello di Bologna, chiamata a pronunciarsi sull’appello interposto nell’interesse del prevenuto, con sentenza del 29/4/2011, in parziale riforma della impugnata decisione, riconosciuta per i soli furti in danno degli alberghi (OMISSIS) la attenuante di cui all’art. 625 bis c.p., ha rideterminato la pena nei confronti del N. in anni 2 e mesi 4 di reclusione ed Euro 2.800.00 di multa, con conferma nel resto.

Propone ricorso per cassazione l’imputato personalmente con il seguente motivo: – contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in ordine al trattamento sanzionatorio infinto, che. peraltro, risulta in contrasto con quanto rappresentato dalla pubblica accusa, in sede di conclusioni, rese in sede dibattimentale di primo e secondo grado.

Motivi della decisione

Il ricorso è inammissibile.

La argomentazione motivazionale, adottata dal giudice di merito nell’affermare la responsabilità del prevenuto in ordine ai reati ad esso ascritti e in relazione alla quantificazione della pena, appare del tutto logica e corretta.

In via preliminare necessita dare riscontro alla eccezione di nullità, inoltrata in atti a mezzo fax dall’avv. Mauro Cavalli, il quale, nella qualità di difensore di fiducia del N., rileva la mancata notificazione dell’avviso a sè della odierna udienza.

La eccezione è totalmente infondata, in quanto il suddetto avvocato aveva ricevuto in data 24/8/11 mandato a difendere da parte dell’imputato, il quale, successivamente, in data 3/9/11, ha revocato ogni precedente nomina di difensore, conferendo nuovo mandato "esclusivo" all’avv. Di Viesti Michele, del Foro di Rimini.

Sennonchè detto ultimo difensore non risulta abilitato a difendere davanti alle Magistrature Superiori, per cui al prevenuto è stato nominato un avvocato di ufficio, al quale ritualmente è stato notificato l’avviso di udienza odierna.

In merito alla censura libellata in ricorso va rilevata la manifesta infondatezza della stessa, visto che dal vaglio di legittimità a cui è stato sottoposto il discorso giustificativo, sviluppato dal giudice di merito in relazione alla determinazione del quantum di trattamento sanzionatorio, non si rinvengono i vizi denunziati in impugnazione.

Con argomentazione logica e plausibile, in perfetta correlazione con i canoni in materia dettati dalla giurisprudenza di legittimità, la Corte felsinea ha ritenuto non applicabile e, quindi, non concedibile la attenuante di cui all’art. 625 bis c.p. in relazione ad uno dei tre episodi di furto, giustificando detto convincimento in maniera del tutto lineare, col fornire una esatta interpretazione della pronuncia di questa Corte, resa in materia (Cass. 8/7/2010. n. 28192). della quale la difesa del N. nel corpo della impugnazione aveva dato una distorta interpretazione: da tale pronuncia è evincibile, con nettezza, che la valutazione della prestata collaborazione da parte del reo non può essere unitaria nell’ambito del procedimento, bensì deve riguardare ogni singola fattispecie di furto, in modo autonomo.

Così che, non sussistono dubbi in ordine alla collaborazione del prevenuto solo in relazione a tali delitti perpetrati in danno dell’albergo Cola e dell’albergo (OMISSIS), per i quali l’imputato ha reso piena confessione e fornito elementi di conoscenza all’Autorità Giudiziaria, così da consentire la identificazione dei correi e il recupero del bottino; non invece per l’analogo furto compiuto presso l’hotel (OMISSIS) di P.S.. rilevato che per tale delitto il prevenuto ha negato ogni responsabilità, pur a fronte di evidenti elementi di reità, e non ha fornito collaborazione alcuna. tanto meno quella piena e globale che la giurisprudenza di legittimità considera necessaria per la applicazione della attenuante speciale di cui al citato art. 625 bis c.p..

Tenuto conto, poi, della sentenza del 13/6/2000, n. 186. della Corte Costituzionale, e rilevato che non si ravvisano elementi per ritenere che il N. abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, lo stesso, deve, altresì, a norma dell’art. 616 c.p.p., essere condannato al versamento di una somma, in favore della Cassa delle Ammende. equitativamente fissata, in ragione dei motivi libellati, nella misura di Euro 1.000.00.

P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento in favore della Cassa delle Ammende della somma di Euro 1.000.00.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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