Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 13-10-2011) 18-11-2011, n. 42670

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Tribunale di Brindisi, con sentenza dell’11/4/06, dichiarava non doversi procedere nei confronti di E.S. in ordine al reato di cui all’art. 81 c.p. e art. 609 bis c.p., commi 1 e 2 perchè fazione penale non poteva essere esercitata per mancanza di querela.

Il Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Lecce proponeva ricorso per cassazione, che la Corte Suprema qualificava come appello, disponendo la trasmissione degli atti alla Corte distrettuale, che con sentenza del 20/5/2010, in riforma del decisimi di prime cure, ha dichiarato l’ E. colpevole del reato ascrittogli e lo ha condannato alla pena di anni 4 di reclusione.

Propone ricorso per cassazione il prevenuto a mezzo del proprio difensore, con i seguenti motivi: -manifesta illogicità e contraddittorietà in relazione alle dichiarazioni rese a dibattimento dalla parte offesa M.T. e dall’imputato, E.S., in quanto dette dichiarazioni non permettono di ritenere che gli episodi di violenza sessuale si siano consumati nelle date contestate: -ha errato il decidente nel ritenere che l’imputato abbia abusato delle condizioni di inferiorità psichica della p.o. mediante induzione, pervenendo a tale conclusione sulla base delle dichiarazioni rese dalla sorella della p.o. e dalla assistente sociale ( Mo.An.). che riferiscono dichiarazioni de relato. Peraltro la stessa Corte ha avuto modo di apprezzare la non affidabilità e credibilità della M..

Motivi della decisione

Il ricorso è inammissibile.

La argomentazione motivazionale, sottoposta al vaglio di legittimità da questa Corte, permette di rilevare la corretta analisi valutativa delle emergenze istruttorie, sviluppata dal giudice di merito, nonchè la insussistenza dei vizi motivazionali denunciati in ricorso.

Osservasi che la sentenza da atto che la M. in data 16/8/2000 ebbe a rendere sommarie informazioni al p.m. presso il Tribunale di Brindisi sulle violenze subite da E.S., rifiutandosi all’esito di sottoscriverle. Di poi, a distanza di soli 3 giorni, in data 19/8/2000. la stessa si presentò spontaneamente presso la Stazione dei Carabinieri di Torre Santa Susanna, dichiarando di volere sottoscrivere il suddetto verbale di sommarie informazioni ed aggiungendo la richiesta espressa di punizione del colpevole per i fatti narrati nelle precedenti dichiarazioni.

Ad avviso del decidente la parte lesa ha descritto con chiarezza le violenze subite, palesando soltanto incertezze sulle date, incertezze ritenute, a giusta ragione, comprensibili in dipendenza della conglutinazione temporale rilevata sulla donna dal perito dott. D. N..

La p.o. ha dichiarato di essere stata oggetto di violenza sessuale da parte dell’imputato per due volte, affermando di non essere stata consenziente in entrambe le occasioni, ma di non avere avuto la possibilità si sottrarsi alle voglie del prevenuto.

Ritenuta ferma la intrinseca coerenza e logicità della narrazione su cui si basa la prospettazione accusatoria, il giudice di merito, passa all’esame della attendibilità delle dichiarazioni della p.o., in particolare col richiamare le conclusioni a cui è pervenuto il consulente del p.m., dott. D.N., il quale, nella relazione, prima, ed in sede di escussione dibattimentale, poi, ha rilevato la impossibilità che la vittima avesse potuto autonomamente elaborare i fatti oggetto di narrazione, accreditando la stessa di una assai elevata attendibilità concreta sul piano degli accadimenti materiali.

Ulteriori riscontri esterni a permettere di ritenere fondata la versione dei l’atti fornita dalla p.o. vengono dal decidente indicati nelle deposizioni del Maresciallo L. e della M. I., sorella della vittima.

Evidenzia, altresì, il giudice di seconde cure: l’ E., perfettamente edotto dei limiti intellettivi della donna ed anzi agevolato dalla pregressa conoscenza che gli derivava dal rapporto intrattenuto con la di lei sorella e che lo rendeva agli occhi della parte lesa come una persona ben nota, se non addirittura di famiglia, operò una azione di subdola induzione, utilizzando l’argomento della assegnazione in adozione della figlioletta/nipotina (bambina nata da una precorsa relazione intrattenuta dal prevenuto con la sorella della p.o.), per indurla ad avere con lui rapporti sessuali. Il discorso giustificativo sulla concretizzazione del reato contestato all’imputato si pone in perfetta assonanza con i principi in materia affermati dalla giurisprudenza di legittimità allorchè la Corte territoriale rileva che sul piano dell’elemento oggettivo non v’è dubbio che la M.. affetta da deficit intellettivo di medio grado, fu spinta e convinta dall’ E. ad avere rapporti sessuali che altrimenti non avrebbe avuto, con un’opera di persuasione sottile e subdola quale è la induzione (Cass. n. 32971/05), passata attraverso la dazione di piccoli beni, il progetto di scappare insieme e addirittura la promessa di adottare la figlia di lui e nipote di lei: tutti argomenti che, mentre non appaiono di certo in grado, in una situazione di normalità, di stimolare alcuno ad avere rapporti contro la propria volontà, diventano sicuramente rilevanti nei confronti di un soggetto passivo che. rispetto al comportamento della persona media, mostri assente o diminuita la propria capacità di resistenza agli stimoli esterni, attese le pregresse condizioni di menomazione, tali da incidere negativamente sull’individuo, come nel caso di specie.

Rilevasi, altresì, che correttamente il decidente ha evidenziato la integrazione dell’elemento soggettivo, non potendosi non ravvisare quella coscienza e volontà nella condotta del prevenuto di compiere atti invasivi della sfera sessuale della vittima, psichicamente minorata e. pertanto. facilmente oggetto di manipolazione e sottomissione, con soddisfazione dei desideri sessuali dell’agente.

Di poi, per quanto riguarda la condizione di inferiorità psichica non è necessario che essa configuri una vera e propria patologia mentale, essendo sufficiente che la persona offesa versi in una situazione psicologica che la renda incapace di resistere alla volontà del soggetto attivo (Cass. 20/9/07, Fronteddu), così che il soggetto passivo presta il suo consenso all’atto sessuale, ma il consenso è viziato e. quindi, giuridicamente irrilevante, in considerazione del differenziale di maturità sessuale rispetto al soggetto attivo (Cass. 2/12/05, Cannatella).

Va, peraltro, osservato che con il ricorso si tende ad una rivisitazione valutativa delle emergenze istruttorie, sulle quali al giudice di legittimità è precluso procedere a nuova analisi estimativa, dovendosi limitare detto decidente a vagliare la corretta applicazione della legge e la sussistenza di una compiuta e plausibile argomentazione motivazionale. sviluppata dal giudice di merito per pervenire a cogliere quella che ha ritenuto essere la verità processuale.

Tenuto conto, poi, della sentenza del 13/6/2000, n. 186, della Corte Costituzionale, e rilevato che non sussistono elementi per ritenere che l’ E. abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, lo stesso, deve, altresì, a norma dell’art. 616 c.p.p., essere condannato a versare, in favore della Cassa delle Ammende, una somma, equitativamente fissata, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di Euro 1.000.00.

P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento in favore della Cassa delle Ammende della somma di Euro 1.000.00.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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