Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 13-10-2011) 18-11-2011, n. 42666

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Milano ha confermato la dichiarazione di colpevolezza di D.G.E. in ordine al reato di cui agli artt. 81 cpv. e 609 ter c.p., art. 609 quater c.p., comma 1, n. 2 e u.c., a lui ascritto per avere compiuto, reiteratamente in circostanze diverse, atti sessuali su F. C.M.M., minore degli anni dieci, consistiti nel baciarle e morderle le gambe, nonchè nell’infilarle una mano nelle mutandine e toccarle i genitali.

Secondo la ricostruzione dei fatti riportata in sentenza gli abusi sessuali di cui alla contestazione sono stati commessi dall’imputato nella sua abitazione nel periodo intercorso tra il 4 ed il 18 agosto 2007, allorchè la bambina vi veniva lasciata dalla madre per recarsi a lavorare.

La Corte territoriale, nel rigettare i motivi di gravame proposti dall’appellante, ha condiviso la valutazione espressa dai giudici di primo grado in ordine alla attendibilità della bambina, sentita in sede di incidente probatorio e la cui capacità di testimoniare era stata accertata tramite l’espletamento di una perizia.

La sentenza ha, inoltre, specificato le modalità di determinazione della pena nella misura fissata dal giudice di primo grado, precisando che la diminuente di cui all’art. 609 bis c.p., u.c., riconosciuta in favore dell’imputato, era stata ritenuta prevalente sulla aggravante; sulla pena così diminuita era stato, poi, applicato l’aumento per la continuazione. La Corte territoriale ha inoltre confermato il diniego delle attenuanti genetiche.

Avverso la sentenza ha proposto ricorso l’imputato, che la denuncia per vizi di motivazione e violazione di legge.

Motivi della decisione

Con il primo mezzo di annullamento il ricorrente denuncia manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione risultante dal testo del provvedimento e dagli atti del processo travisati dalla Corte territoriale.

In sintesi, si deduce che dall’esame delle dichiarazioni rese piccola persona offesa in sede di incidente probatorio non è possibile trarre una convinzione in ordine all’effettivo accadimento dei fatti così come contestati. In particolare si deduce che, contrariamente a quanto affermato nella sentenza impugnata, la bambina non ha affatto reso un’unica versione dei fatti più o meno particolareggiata, bensì versioni diverse come dedotto nei motivi di gravame nella sede di merito. Altre censure vengono formulate con riferimento alla collocazione temporale degli abusi e specificamente all’orario in cui si sarebbero verificati per come desunta dalle risultanze probatorie, in contrasto con il loro effettivo contenuto. Si censura infine la esclusione da parte dei giudici di merito che la bambina possa aver vissuto, prima dei fatti di cui alla contestazione, in un ambiente corrotto o a contatto con suggestioni perverse.

Con il secondo mezzo di annullamento il ricorrente denuncia per violazione degli artt. 63 e 69 c.p. il giudizio di comparazione tra la diminuente di cui all’art. 609 bis c.p., u.c., e l’aggravante, nonchè il diniego delle attenuanti genetiche.

Si deduce che il giudizio di comparazione ex art. 69 c.p. non poteva avere ad oggetto la citata diminuente ad effetto speciale, sicchè la pena doveva essere determinata, ai sensi dell’art. 63 c.p., applicando sull’ipotesi di reato aggravata la diminuente ad effetto speciale. Con lo stesso motivo viene, infine, censurato il diniego delle attenuanti genetiche che si deduce in contrasto con il riconoscimento del fatto di minore gravità e carente di motivazione in relazione ai rilievi formulati sul punto nei motivi di gravame.

Il ricorso non e fondato.

E’ appena il caso di ricordare in punto di diritto a proposito dei vizi della motivazione della sentenza che, anche a seguito delle modificazioni apportate all’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e) dalla L. 20 febbraio 2006, n. 46, art. 8, comma 1, lett. b), rimane esclusa la possibilità che la verifica della correttezza e completezza della motivazione si tramuti in una nuova valutazione delle risultanze acquisite, da contrapporre a quella effettuata dal giudice di merito, sicchè il vizio di motivazione è ravvisatale solo nell’ipotesi in cui il giudice di merito abbia fondato il proprio convincimento su una prova che non esiste ovvero su risultanze probatorie incontestabilmente diverse da quelle reali (cfr. sez. 4, 10.10.2007 a. 35683, Servirei, RV 237652; sez. 1, 15.6.2007 n. 24667, Musimeci, RV 237207; sez. 5, 25.9.2007 n. 39048, Casavola ed altri, RV 238215).

Orbene, le censure del ricorrente si esauriscono nella richiesta di una nuova valutazione di merito delle risultanze probatorie, inammissibile in sede di legittimità.

Peraltro, l’affermazione di colpevolezza è stata fondata dai giudici di merito di entrambi i gradi del giudizio su una valutazione approfondita di tutte le risultanze processuali, oggetto di motivazione esaustiva ed immune da vizi logici.

In particolare, a proposito delle dichiarazioni rese dalla minore, la sentenza ha osservato che la stessa "non ha reso tre versioni dei fatti, ma sempre solo un’unica versione (anche se la narrazione le è stata fatta ripetere tre volte) più o meno particolareggiata in dipendenza delle domande a specificazione (e non per "insistenza") che le venivano proposte; è normale che non si tratti di un racconto fluido ma di una rivelazione progressiva, trattandosi di una bambina di soli cinque anni".

E’ evidente che si tratta di una valutazione di merito delle risultanze dell’incidente probatorio che non può formare oggetto di riesame in sede di legittimità per inferirne un risultato in ordine alla attendibilità della persona offesa diverso da quello ritenuto in sentenza.

Peraltro, a tale valutazione di attendibilità della minore è stato aggiunto il risultato della perizia espletata sempre in sede di incidente probatorio, che ha affermato la capacità di testimoniare della persona offesa; la coerenza delle dichiarazioni rese dalla minore in sede di incidente probatorio con quelle rese alla madre nel momento del pruno disvelamento; le ulteriori dichiarazioni della psicologa P.P. in ordine alla manifestazione da parte della bambina di sintomi riconducibili ad una sindrome post-traumatica da stress.

Analoghe osservazioni vanno formulate con riferimento alla collocazione temporale degli abusi da parte dei giudici di merito, che a sua volta non può essere messa in discussione mediante un nuovo esame delle risultanze probatorie, così come l’affermazione che il precedente vissuto della bambina non abbia implicato esperienze di atti sessuali.

La sentenza impugnata, pertanto, si sottrae alle censure formulate dal ricorrente nel primo motivo di gravame.

Anche il secondo motivo di ricorso è infondato.

Quanto alla prima censura la stessa è inammissibile.

La sentenza impugnata ha dichiarato la diminuente di cui all’art. 609 bis c.p., u.c. prevalente sull’aggravante di cui all’art. 609 quater c.p., u.c., sicchè è evidente che tale giudizio di comparazione è più favorevole della applicazione disgiunta prima dell’aggravante e poi della attenuante, come prospettato dal ricorrente, con la conseguente carenza di interesse dell’imputato al motivo di ricorso.

Nè può formare oggetto di censura, in sede di legittimità, la misura della diminuzione per la quale è solo previsto il limite massimo di due terzi, ma può essere anche inferiore, così come stabilito dai giudici di merito.

E’, invece, infondata l’ultima censura.

Il diniego delle attenuanti generiche, per la cui valutazione si deve tener conto anche di elementi quale la personalità dell’imputato, non è affatto incompatibile con il riconoscimento della diminuente di cui all’art. 609 bis c.p., u.c., (cfr. sez. 3, 8.11.2007 n. 1192 del 2008, Fiori, RV 238551).

Ed, infatti, la sentenza risulta adeguatamente motivata sul punto proprio mediante rilievi afferenti alla totale assenza di freni inibitori dell’imputato nei confronti della piccola vittima ed alla assenza di manifestazioni di resipiscenza, che non incidono sulla vantazione circa la gravità del fatto.

Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato con le conseguenze di legge.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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