Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 13-10-2011) 18-11-2011, n. 42665

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Milano, in riforma della sentenza del Tribunale di Busto Arsizio, appellata dal P.G., ha affermato la colpevolezza di M.G.A. e di A.R.S. in ordine al reato di cui agli artt. 110 e 609 bis c.p., loro ascritto per avere costretto W. N., di origine thailandese, a subire atti sessuali, consistiti in palpeggiamenti vari.

Secondo l’ipotesi dell’accusa il M. titolare di un’autoscuola, cui era iscritta la W., aveva preordinato dolosamente un appuntamento con la persona offesa, dicendole di presentarsi il giorno 21 luglio 2001 alle ore 15 con il pretesto che le avrebbe presentato l’esaminatore, il quale sarebbe stato disposto ad aiutarla per superare le difficoltà legate alla scarsa conoscenza della lingua italiana. Una volta giunta presso l’autoscuola il M. ed un’altra persona, poi identificata per l’ A., avevano chiuso la porta del locale in cui avevano condotto la persona offesa ed avevano iniziato a rivolgerle battute volgari, toccamenti e palpeggiamenti, invitandola a cedere ai desideri dell’ A. se voleva essere aiutata a superare l’esame di scuola guida. La donna era riuscita a divincolarsi, benchè uno dei due tentasse di trattenerla, e ad uscire dalla stanza. La Corte territoriale ha, invece, assolto entrambi gli imputati dai reati di tentata concussione, contestata per la qualità di pubblico ufficiale rivestita dall’ A., ed ha dichiarato estinti per prescrizione gli ulteriori reati di lesioni personali, consistite nello stato di depressione riportato dalla persona offesa a seguito dell’aggressione sessuale, e di tentata violenza privata, configurato per avere gli imputati minacciato la persona offesa di non farle conseguire la patente se avesse denunciato i fatti.

I giudici di primo grado avevano assolto gli imputati, avendo ritenuto inutilizzabili la denuncia presentata dalla W., le ulteriori dichiarazioni rese in sede di indagini preliminari dalla medesima e di quelle dei testi che avevano appreso i fatti dalla persona offesa o la avevano sottoposta a visita psichiatrica, per non essere stato possibile esaminare come teste la W., che nelle more del processo era tornata in Thailandia ed era risultata irreperibile in detto paese. Per completezza deve essere osservato che la sentenza di primo grado aveva indicato anche l’esistenza di elementi che inficiavano la credibilità di quanto riferito dalla persona offesa. Nel giudizio di appello la Corte territoriale, rilevato che era stato possibile rintracciare la W., ha disposto la rinnovazione dell’istruzione dibattimentale, procedendo all’esame della medesima.

La sentenza, in accoglimento dell’impugnazione della pubblica accusa, ha fondato l’affermazione di colpevolezza sulla ritenuta piena attendibilità delle dichiarazioni della W.. In particolare la Corte territoriale ha ritenuto la dinamica dei fatti descritta dalla persona offesa compatibile con la situazione dei luoghi in cui si sono svolti e la presenza di altre persone presso l’autoscuola. La Corte inoltre ha escluso che in favore degli imputati potesse essere riconosciuta la diminuente di cui all’art. 609 bis c.p., u.c..

Avverso la sentenza hanno proposto ricorsi i difensori degli imputati, che la denunciano per violazione di legge e vizi di motivazione.

Motivi della decisione

Con vari mezzi di annullamento, sostanzialmente analoghi, entrambi i ricorrenti denunciano:

1) Contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione con riferimento alla ritenuta attendibilità della persona offesa, nonchè violazione degli artt. 192 e 533 c.p.p. con riferimento alla concludenza probatoria delle dichiarazioni della medesima.

Si osserva che il Tribunale aveva rilevato l’esistenza di elementi di contrasto tra il narrato della W. e le altre risultanze emerse dal processo. Ciò con riferimento alla dichiarazione di M.D., figlio dell’imputato, il quale era stato presente presso l’autoscuola il giorno del fatto ed aveva riferito di aver visto la W. arrivare, parlare qualche minuto col padre e andare via subito dopo. Sul punto si osserva che non sussistono ragioni per attribuire credibilità alla persona offesa ed escludere quella del teste citato, punto che peraltro non è stato neppure affrontato nella motivazione della sentenza di appello. Vengono poi indicate le deposizioni di testi citati nella sentenza del Tribunale, dalle quali era emerso che quanto accadeva nel locale in cui si sarebbe verificata l’aggressione sessuale era visibile dall’esterno e che presso l’autoscuola erano presenti numerosi candidati che dovevano sostenere o avevano sostenuto l’esame per il conseguimento della patente. Sul punto si denunciano vizi di motivazione della sentenza per essere stato affermato che l’aggressione si sarebbe verificata in un locale adibito ad ufficio, mentre la W. aveva sempre dichiarato che il fatto si era verificato "all’interno dell’aula adibita a lezioni", che è posta lungo la pubblica strada ed è chiusa mediante una vetrata. Si osserva anche che la sentenza, con motivazione contraddittoria, per giustificare il carattere anomalo della condotta degli imputati che si sarebbero accordati per commettere un’aggressione sessuale visibile dall’esterno ed in un momento in cui erano presenti numerose persone, ha affermato che in quella circostanza la condotta di entrambi era prevalentemente finalizzata ad ottenere la promessa di una futura completa disponibilità della donna, piuttosto che a soddisfare in maniera del tutto fuggevole l’impulso del momento. Nel prosieguo del motivo di gravame si richiamano ulteriormente gli elementi di prova che configgono con la valutazione della credibilità della persona offesa e si censura in linea di principio la attribuzione di piena valenza probatoria e di aprioristica credibilità alle dichiarazioni della parte lesa costituitasi anche parte civile.

2) Inosservanza del disposto di cui all’art. 533 c.p.p., nonchè contraddittorietà e manifesta infondatezza della motivazione con riferimento all’esistenza di elementi che giustificavano il ragionevole dubbio sulla colpevolezza degli imputati.

Con il mezzo di annullamento vengono indicati elementi che rendono dubbia b versione della vicenda prospettata dalla persona offesa, quali il fatto che la stessa era sostanzialmente scomparsa ed è ricomparsa quando lo ha ritenuto opportuno, peraltro in concomitanza con il giudizio di appello con conseguente compressione del diritto di difesa degli imputati, che non hanno potuto fruire di un’ulteriore grado di merito per la valutazione della sua credibilità; il fatto che la W. non ha gridato per richiamare l’attenzione delle persone che erano presenti presso l’autoscuola; la incompatibilità dello stato dei luoghi con la situazione oggetto della querela; le risultanze delle deposizioni degli psichiatri che avevano rilevato l’esistenza di una situazione di stress nella persona offesa conseguenza di altri fattori, quali la separazione dal marito, una precedente violenza sessuale di gruppo subita quando era bambina nel paese di origine, le preoccupazioni per la salute della madre. Si osserva inoltre che non sussiste la ritenuta contraddittorietà tra le affermazioni dell’imputato e quelle del figlio e nella sostanza si deduce che le risultanze processuali non risultano compatibili con una pronuncia di condanna.

3) Violazione ed errata applicazione dell’art. 609 bis c.p..

In sintesi, si deduce che secondo la ricostruzione dei fatti contenuta nella sentenza la condotta degli imputati, in quanto finalizzata ad ottenere una futura disponibilità della persona offesa a prestazioni sessuali, non si è concretata nella commissioni di fatti ai quali possa essere attribuita valenza di abuso sessuale.

4) Errata applicazione dell’art. 609 bis c.p., u.c..

Si osserva che la sentenza impugnata, contraddicendo quanto affermato a proposito della marginalità della condotta posta in essere dagli imputati, ha escluso la diminuente del fatto di minore gravità con una motivazione che contrasta con la precedente affermazione e della quale viene confutata la fondatezza con riferimento ai singoli elementi in base ai quali è stata valutata la gravità del fatto.

5) Contraddittorietà della motivazione nella determinazione della pena da irrogare.

In sintesi, si ribadiscono i precedenti rilievi con riferimento all’eccessività del trattamento sanzionatorio in relazione alla gravità del fatto.

Con memoria della difesa del M., pervenuta il 7.11.2011, è stato reso noto che la parte civile ha revocato la costituzione in giudizio ed è stata allegata la relativa dichiarazione di revoca a seguito dell’integrale risarcimento del danno.

Entrambi i ricorsi sono fondati limitatamente al motivo di gravame afferente alla valutazione del fatto di minore gravità.

Osserva la Corte, in relazione ai primi motivi di ricorso, che nel caso in esame non si è in presenza di una diversa lettura delle medesime risultanze probatorie da parte del giudice di appello, che abbia ribaltato la valutazione del giudice di primo grado, in quanto la pronuncia di condanna è fondata sulla acquisizione di un ulteriore, decisivo, elemento di prova costituito dalla deposizione della persona offesa, le cui dichiarazioni rese in sede di indagini preliminari erano state dichiarate inutilizzabili dal giudice di primo grado.

Sicchè non possono trovare in questo caso integrale applicazione le regole di diritto enunciate da questa Corte per l’ipotesi di sentenza di appello che riformi quella di primo grado, condannando l’imputato (cfr. sez. un. 200533748, Mannino, RV 231679; conf. sez. un. 200345276, Andreotti ed altri, RV 226093), essendo fa pronuncia di appello fondata su un parzialmente diverso e più esaustivo quadro probatorio.

E’ inoltre opportuno osservare in punto di diritto che la valutazione del risultato probatorio in un unico grado di merito, essendo, peraltro, sempre assicurato il contraddittorio tra le parti, si verifica necessariamente, a parte le ipotesi di reato di minore gravità punite con la sola ammenda, ogni qual volta viene disposta la rinnovazione dell’istruzione in appello e che una certa compressione del diritto di difesa è giustificata dal carattere eccezionale dell’istituto e dalle esigenze di accertamento della verità, sia in senso favorevole che sfavorevole per la posizione dell’imputato.

Ciò precisato, osserva la Corte che l’affermazione della credibilità della W. ha formato oggetto di adeguata motivazione, giuridicamente corretta in relazione ai criteri indicati dalla giurisprudenza di questa Corte in materia, mediante la valutazione della coerenza e logicità del narrato della persona offesa con riferimento alla prospettazione del succedersi degli eventi, della assenza di motivi che potessero giustificare un’accusa calunniosa.

Sono stati poi indicati in sentenza numerosi elementi di riscontro alla veridicità delle accuse, quali il fatto che la donna tornò a casa piangente e riferì l’aggressione subita a brevissima distanza di tempo al marito; le manifestazioni di turbamento che, in prosieguo di tempo, hanno caratterizzato la narrazione dei fatti da parte della donna ad altre persone; le conseguenze psicologiche derivate dall’aggressione sessuale, attestate dai medici che l’hanno esaminata.

La sentenza impugnata inoltre si è fatta carico di esaminare gli elementi valorizzati dalla sentenza di primo grado per affermare la scarsa attendibilità della persona offesa.

I giudici del gravame, infatti, hanno non solo evidenziato la inattendibilità della diversa versione dei fatti riferita dagli imputati, in quanto illogica e contraddittoria, ma rilevato anche la scarsa attendibilità delle dichiarazioni del figlio del M., sentito quale teste, in quanto tali dichiarazioni risultavano in contrasto anche con la versione dei fatti riferita dal padre in relazione alle ragioni per le quali lo stesso M. aveva telefonato alla persona offesa proprio il giorno del fatto.

Quanto alla questione della visibilità dall’esterno di ciò che accadeva nei locali ove si è verificata l’aggressione, la sentenza ha precisato che secondo quanto dichiarato dalla persona offesa il fatto si è verificato in un piccolo ambiente all’interno della scuola guida adibito ad ufficio, i cui vetri erano oscurati da tendine, che impedivano di vedere dall’esterno quanto vi accadeva.

Situazione dei luoghi che è stata verificata dai giudici di merito mediante l’esame della planimetria in atti dei locali della scuola guida.

Sono state infine ritenute irrilevanti le ulteriori deposizioni testimoniali per il loro carattere neutro in ordine alla possibile verificazione dell’aggressione.

Anche il terzo motivo di gravame è infondato.

I palpeggiamenti, sia pure fugaci, denunciati dalla persona offesa rientrano senza ombra di dubbio nella nozione di atti sessuali.

E’, invece, fondato il quarto motivo di gravame.

Il mancato riconoscimento del fatto di minore gravità è fondato su una motivazione contraddittoria, poichè la stessa sentenza ha evidenziato la scarsa consistenza della aggressione sessuale subita dalla W., in quanto finalizzata ad ottenere la promessa di una futura completa disponibilità della persona offesa.

Nè appaiono di per sè sole atte a giustificare la valutazione della gravità del fatto le conseguenze psicologiche subite dalla W., avendo gli stessi giudici di merito rilevato che le stesse erano da ricondursi prevalentemente ad una pregressa situazione di stress della donna a causa della sua situazione familiare e di una aggressione sessuale subita da bambina.

Sicchè va rimesso ai giudici di merito un nuovo esame sul punto.

L’accoglimento del quarto motivo di ricorso è assorbente delle deduzioni in punto di pena contenute nell’ultimo motivo.

Per effetto dalla revoca della costituzione di parte civile vanno eliminate le statuizioni civili della sentenza.

I ricorsi vanno rigettati nel resto.

P.Q.M.

La Corte annulla la sentenza impugnata senza rinvio limitatamente alle statuizioni civili, che elimina, e con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Milano limitatamente alla attenuante di cui all’art. 609 bis c.p., u.c., per un nuovo giudizio. Rigetta nel resto i ricorsi.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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