Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 30-05-2012, n. 8661

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. La Corte di Appello di Torino con sentenza n. 2044 del 2006, nel riformare la sentenza di primo grado, ha ribadito la nullità della clausola del termine apposta al contratto di lavoro per il periodo 6.03.2000/30.06.2000, stipulato della Poste Italiane con Z. R., nonchè che tra le parti si era costituito un rapporto di lavoro a tempo indeterminato dall’inizio del rapporto, con la condanna delle Poste Italiane al pagamento delle retribuzioni dal 24.12.2004, dedotto l’aliunde perceptum. La Corte territoriale, sul presupposto della legittima formulazione della clausola relativa alle "esigenze eccezionali", conseguenti alla fase di ristrutturazione rimodulazione degli assetti occupazionali, di cui ai contratti collettivi e individuali, è giunta alla conclusione della declaratoria di nullità dell’apposizione del termine per carenza di allegazione e di prova in ordine alla sussistenza in concreto e nello specifico ufficio o unità produttiva delle esigenze eccezionali legittimanti l’assunzione a tempo determinato, e ciò in particolare nel caso di specie, per avere la Z. prestato attività di portalettere presso l’Ufficio postale di (OMISSIS). Con riguardo alle conseguenze economiche della declaratoria di nullità la Corte ha precisato che le stesse non potessero essere configurate che dalla data dell’offerta della prestazione lavorativa e, nel caso di specie, non potendo essere correlate alla data di esperimento del tentativo di conciliazione (22.04.2004) per mancanza della cartolina di ricevimento dell’invito a tale tentativo, la Corte ha fatto decorrere l’obbligo retributivo dalla notifica dell’originario ricorso (24.12.2004), con detrazione dell’aliunde perceptum.

Le Poste Italiane ricorre per cassazione con un unico articolato motivo. L’intimata Z. non si è costituita.

2. Con l’unico motivo del ricorso la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 56 del 1987, art. 23 dell’art. 1362 c.c. e segg., in relazione all’accordo sindacale del 25.09.1997 e successivi accordi integrativi ( art. 360 c.p.c., n. 3).

Al riguardo sostiene che l’impostazione dell’impugnata sentenza è radicalmente errata nella misura in cui esige la prova del collegamento in relazione ad una fattispecie di termine di fonte contrattuale che tale collegamento non ha voluto elevare a requisito di legittimità delle assunzioni. E ciò tanto più che il richiamato accordo del 25.09.1997, che ha integrato l’art. 8 del CCNL del 26.11.1994, non richiede esplicitamente alcuna specifica connessione tra le mansioni assegnate al lavoratore assunto con contratto a temine e la ristrutturazione in atto, limitandosi a postulare, quale causa legittimante la stipulazione del contratto a temine determinato, il perdurare del processo di ristrutturazione aziendale e del progressivo riequilibrio sul territorio delle risorse umane. Il motivo non può essere accolto, anche se la motivazione della sentenza merita di essere in parte corretta ai sensi dell’art. 384 c.p.c., u.c., come più volte ha affermato n casi di analoghi ricorsi (cfr fra le altre Cass. n. 7042 del 24 marzo 2009; Cass. n. 1626 del 22 gennaio 2009, Cass. n. 41 del 7 gennaio 2009, Cass. n. 27030 del 12 novembre 2008, Cass. n. 27470 del 19 novembre 2008).

Peraltro la questione, come emerge dalla lettura del ricorso stesso, risulta già ampiamente trattata ne giudizio di merito, avendo la società con l’appello ribadito chiaramente la natura ricognitiva degli accordi attuativi dell’accordo del 25.09.1997.

In specie la decisione impugnata, nella parte in cui ha affermato l’illegittimità del termine apposto al contratto in questione, deve ritenersi conforme a diritto, anche se motivazione della sentenza deve ritenersi parzialmente erronea.

In base all’indirizzo ormai consolidato in materia dettato da questa Corte (con riferimento al sistema vigente anteriormente al D.Lgs. n. 368 del 2001) sulla scia di Cass. S.U. n. 4588 del 2 marzo 2006, è stato precisato che "l’attribuzione alla contrattazione collettiva L. n. 56 del 1987, ex art. 23 del potere di definire nuovi casi di assunzione a termine rispetto a quelli previsti dalla L. n. 230 del 1962, discende dall’intento del legislatore di considerare l’esame congiunto delle parti sociali sulle necessità del mercato del lavoro per i lavoratori ed efficace salvaguardia per i loro diritti (con l’unico limite della predeterminazione della percentuale dei lavoratoti da assumere rispetto a quelli impiegati a tempo indeterminato) e prescinde, pertanto, dalla necessità di individuare ipotesi specifiche di collegamento fra contratti ed esigenze aziendali o di riferirsi a condizioni oggettive di lavoro o soggettive dei lavoratori ovvero di fissare contrattualmente limiti temporali all’autorizzazione data al datore di lavoro di procedere ad assunzioni a tempo determinato (cfr Cass. n. 21063 del 4 agosto 2008, Cass. n. 9245 del 20 aprile 2006). "Ne risulta, quindi, una sorta di delega in bianco" a favore dei contratti collettivi e dei sindacati che ne sono destinatari, non essendo questi vincolati all’individuazione di ipotesi comunque omologhe a quelle previste dalla legge, ma dovendo operare sul medesimo piano della disciplina generale in materia ed inserendosi nel sistema da questa delineato" (cfr tra le altre, Cass. n. 21062 del 4 agosto 2008, Cass. n. 18378 del 23 agosto 2008).

In tale quadro, ove però un limite temporale sia stato previsto dalle parti collettive, la sua inosservanza determina la nullità della clausola di apposizione del termine (cfr fra le altre, Cass. n. 18383 del 23 agosto 2008, Cass. n. 7745 del 14 aprile 2005, Cass. n. 2866 del 14 febbraio 2004). In particolare, quindi, come questa Corte ha più volte affermato, "in materia di assunzione a temine di dipendenti postali, con l’accordo sindacale del 25 settembre 1997, attuativo dell’art. 8 del CCNL 26 novembre 1998, le parti hanno convenuto di riconoscere la sussistenza della situazione straordinaria, relativa alla trasformazione giuridica dell’ente e alla conseguente ristrutturazione aziendale e rimodulazione degli assetti occupazionali in corso di attuazione, fino alla data del 30 aprile 1998; ne consegue che deve escludersi la legittimità delle assunzioni a termine cadute dopo il 20 aprile 1998, per carenza del presupposto normativo derogatorio, con la ulteriore conseguenza della trasformazione degli stessi contratti a tempo in determinato, in forza della L. 18 aprile 1962, n. 230 (cfr fra le altre, Cass. n. 20608 del 1 ottobre 2007, Cass. n. 7979 del 27 marzo 2008; Cass. n. 18378/2006 cit.).

In base al detto orientamento, ormai consolidato, deve quindi ritenersi illegittimo il termine apposto al contratto in questione per il solo fatto che lo stesso è stato stipulato dopo il 30 aprile 1998 ed è pertanto privo di presupposto normativo.

In tal senso, qui di, va respinto il ricorso, in parte correggendosi, come già detto, la motivazione dell’impugnata sentenza, non essendo stata, peraltro, proposta alcuna ulteriore censura, riguardante in qualche modo le conseguenze economiche della dichiarazione di nullità della clausola appositiva del termine e il capo relativo al risarcimento del danno. 3. In conclusione il ricorso va rigettato con la conferma dell’impugnata sentenza.

Nessun statuizione va emessa sulle spese del giudizio di cassazione, non essendosi costituita l’intimata Z..

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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