Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 30-05-2012, n. 8654

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Corte di Appello di Reggio Calabria, riformando la sentenza di primo grado, accoglieva parzialmente la domanda dei lavoratori in epigrafe proposta nei confronti del Consorzio di Bonifica del Versante Jonico Meridionale, avente ad oggetto la declaratoria di nullità del termine ai contratti di lavoro stipulati negli anni 1980- 1983 con condanna della controparte al pagamento delle relative differenze retributive.

La Corte del merito accertava, preliminarmente, che i rapporti di lavoro dedotti in giudizio erano intercorsi con il Consorzio di Bonifica del Versante Jonico Meridionale e non con i Consorzi di Bonifica Raggruppati della Provincia di Reggio Calabria di cui era stata disposta, nel giudizio di primo grado, la chiamata in causa.

Riteneva, poi, la predetta Corte, sulla base della L.R. Calabria n. 5 del 1988 e dello stesso Statuto del Consorzio in parola, la natura industriale dell’attività svolta dal nominato Consorzio.

Conseguentemente, secondo la Corte territoriale, trovava applicazione la L. n. 230 del 1962 e poichè i termini apposti ai vari contratti succedutesi sino al 1983 non risultavano da atto scritto dovevano considerarsi nulli ed i rapporti di lavoro dovevano considerarsi a tempo indeterminato sin dalla stipulazione del primo contratto.

Nè detti contratti, precisava la Corte di Appello, potevano reputarsi risolti per mutuo consenso a seguito della stipulazione nel 1983 per iscritto di contratti a termine non essendovi alcun elemento da cui desumere l’animus novandi.

Osservava,infine, la Corte del merito, che non essendo stata allegata alcuna mora accipendi del datore di lavoro nè provato o richiesto di provare la messa a disposizione delle prestazioni lavorative e l’ingiustificato rifiuto da parte del Consorzio, non potevano riconoscersi le reclamate differenze retributive.

Avverso questa sentenza il Consorzio in epigrafe ricorre in cassazione sulla base di cinque censure.

Resistono con controricorso i lavoratori che propongono impugnazione incidentale assistita da un unico motivo articolato sotto quattro profili.

Motivi della decisione

I ricorsi vanno preliminarmente riuniti riguardando l’impugnazione della stessa sentenza.

Con il primo motivo del ricorso principale il Consorzio, deducendo violazione della L. n. 230 del 1962, artt. 1 e 6 e dell’art. 5 del ccnl di settore e vizio di motivazione,contesta l’accertata natura industriale svolta da esso Consorzio in quanto fondata su Legge regionale successiva all’instaurazione dei rapporti a termine ed in base a Statuto anch’esso successivo a detta instaurazione e senza tener conto del c.c.n.l. di settore.

Con la seconda censura del ricorso principale il Consorzio, allegando violazione del D.Lgs. n. 702 del 1978, art. 5, assume che la Corte del merito erroneamente non ha tenuto conto, come desume, dai modelli C2 allegati al ricorso avversario, che i lavoratori furono assunti per un periodo non superiore a novanta giorni solari e che conseguentemente andava applicato il denunciato articolo il quale prevede, nei casi di assunzione per sopravvenute esigenze eccezionali, la risoluzione del rapporto alla scadenza del termine.

Con la terza critica del ricorso principale il Consorzio, prospettando vizio di motivazione, denuncia che la Corte del merito nell’affermare che si è in presenza di più contratti a termine che si sono succeduti tra le parti senza soluzione di continuità, ha avuto una falsa rappresentazione della realtà in quanto dai modelli C2 emerge che ciascun lavoratore ha avuto un impegno pari al massimo a circa due mesi circa nell’arco di un anno.

Con il quarto motivo del ricorso principale il Consorzio, deducendo violazione della L. n. 230 del 1962, art. 1, rileva che la forma scritta dei contratti a termine in esame è desumibile dall’atto di avviamento al lavoro disposto dal competente Ufficio di collocamento dove è specificata la natura di rapporto a tempo determinato e la durata dello stesso.

Con la quinta censura del ricorso principale il Consorzio, allegando insufficiente motivazione in punto di non ritenuta risoluzione del rapporto per mutuo consenso, assume che la Corte del merito non ha considerato il lungo intervallo di tempo decorso rispetto al precedente rapporto lavorativo limitandosi solo a valutare la circostanza concernente la stipula per iscritto dal 1983 in poi di un contratto a termine.

Con il ricorso incidentale i lavoratori, deducendo vizio di motivazione e violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., artt. 1206, 1217, 1375, 1175 c.c., nonchè artt. 1218, 1223, 1375, 1175 c.c., in relazione alla L. n. 230 del 1962, art. 1, comma 3, e dell’art. 2094 c.c., rilevano che la Corte del merito nel ritenere, ai fini delle conseguenze economiche, il difetto di una mora accipendi del datore di lavoro, non hanno considerato che: essi lavoratori hanno sempre risposto a tutte le chiamate inoltrate dal Consorzio per circa a 23 anni sino a quando non sono stati assunti a tempo indeterminato; i periodi di assunzione erano imprevedibili ed avvenivano ad nutum del Consorzio; le assunzioni avvennero oralmente e senza alcuna comunicazione riguardante la durata;vi è stata messa in mora con la notifica del ricorso introduttivo in cui era stata chiesta l’assunzione a tempo indeterminato.

I ricorsi, alla luce della sentenza, pienamente condivisa dal Collegio, di questa Corte del 14 luglio 2011 n. 15494, la quale è intervenuta in una fattispecie del tutto simile alla presente, sono infondati.

In particolare per quanto riguarda il ricorso principale, e con riferimento al primo motivo, va ribadito che questa Corte – ratione temporis – in relazione ai rapporti de quibus – ha affermato il principio secondo il quale al rapporto di lavoro dei dipendenti dei consorzi di bonifica è applicabile la disciplina sui contratti a termine di cui alla L. n. 230 del 1962, e in specie la prescrizione dell’atto scritto a norma dell’art. 1, poichè la disposizione del l’art. 6, che esclude dalla disciplina della stessa legge i rapporti tra "datori di lavoro dell’agricoltura e salariati fissi comunque denominati" (e – in base ad una necessaria interpretazione estensiva -tutti i lavoratori agricoli), è applicabile ai lavoratori alle dipendenze di imprese definibili come agricole a norma dell’art. 2135 cod. civ., (lavoratori per i quali, peraltro, operano le formalità procedurali e le prescrizioni dettate in tema di collocamento dei lavoratori agricoli dalla L. n. 83 del 1970), mentre gli enti di bonifica (anche se talvolta ricondotti dalla legge al settore agricolo ai fini previdenziali) non sono imprenditori agricoli, perseguendo fini economici non solamente agricoli, anche se con attività in parte strumentali all’agricoltura" (v. Cass. 27-10-2000 n. 14232, Cass. 8-8-2002 n. 11998, Cass. 20-8-2002 n. 12297, Cass. 11- 5-2005 n. 9893. Cass. 10-5-2005 n. 9724, Cass. 16-5-2005 n. 10146).

Nel caso in esame, in ragione dello svolgimento di tali attività (di bonifica, irrigazione, manutenzione, difesa del suolo etcì, di natura industriale, aventi ad oggetto il raggiungimento di fini generali trascendenti gli interessi dei singoli consorziati ancorchè in parte strumentali all’agricoltura, la Corte di merito legittimamente ha ritenuto che il Consorzio di Bonifica ricorrente non potesse considerarsi imprenditore agricolo.

D’altro canto lo svolgimento di tali attività anche all’epoca (anni 1980/1981) non risulta specificamente contestato dal Consorzio stesso, il quale si è limitato ad evidenziare soltanto che la legge regionale e lo statuto richiamati in sentenza sono intervenuti successivamente, di guisa che anche la relativa censura risulta priva di decisività. Analogamente, tali essendo le attività del Consorzio, alcuna rilevanza contraria, al fine che qui interessa, possono assumere elementi estrinseci o formali, come l’assunzione dei lavoratori in qualità di "braccianti agricoli" o l’inquadramento previsto dal c.c.n.l. richiamato nel ricorso principale (cfr. Cass. 21/8/2006 n. 18206).

Relativamente al secondo motivo del ricorso principale con il quale in sostanza, secondo il Consorzio, considerata "l’episodicità ed occasionalità dell’impegno dei lavoratori" per un periodo di tempo non superiore a 90 gg. nell’anno solare, erroneamente è stata ritenuta l’instaurazione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, va rilevata l’inammissibilità del motivo, trattandosi di questione nuova (che postula anche nuovi accertamenti di fatto sulle "eccezionali sopravvenute esigenze" e sulla durata effettiva di ciascun rapporto), in relazione alla quale manca in ricorso una precisa indicazione circa l’avvenuta deduzione davanti ai giudici di merito. Del resto secondo giurisprudenza conforme di questa Corte nel giudizio di cassazione è preclusa alle parti la prospettazione di nuove questioni di diritto o nuovi temi di contestazione che postulino indagini ed accertamenti di fatto non compiuti dal giudice di merito, a meno che tali questioni o temi non abbiano formato oggetto di gravame o di tempestiva e rituale contestazione nel giudizio di appello" (v, Cass. 27-8-2003 n. 12571, Cass. 5-7-2002 n. 9812, Cass. 9-12-1999 n. 13819). Parimenti è stato anche precisato che "nel caso in cui una determinata questione giuridica, che implichi un accertamento di fatto, non risulti trattata in alcun modo nella sentenza impugnata, il ricorrente che proponga la suddetta questione in sede di legittimità, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità per novità della censura, ha l’onere di allegare l’avvenuta deduzione della questione innanzi al giudice di merito, indicando altresì in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, così da permettere alla Corte di Cassazione di controllare "ex actis" la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la questione stessa (v. Cass. 15-2-2003 n, 2331, Cass. 10-7- 2001 n. 9336).

Il terzo motivo del ricorso principale è inconferente poichè non coglie la ratio della impugnata decisione. La Corte territoriale, invero, ha fondato la "nullità del termine apposto al primo dei contratti" (con la conseguente "trasformazione di ciascun rapporto a termine in rapporto a tempo indeterminato"), sulla "mancanza della forma scritta" – L. n. 230 del 1962, ex art. 1 – con la conseguenza che la motivazione sul punto risulta sufficiente e priva di vizi logici. Non vi è, infatti,- come sottolineato dalla citata sentenza di questa Corte del 14-7-2011 n. 15494- contraddizione alcuna tra l’instaurarsi del rapporto a tempo indeterminato a seguito della nullità del termine del primo contratto, da una parte, e la inattività per diversi mesi con la riscontrata mancanza di allegazione (e prova) di una messa in mora del Consorzio da parte dei lavoratori, dall’altra.

Circa il quarto motivo del ricorso principale va ribadito che secondo questa Corte ai sensi della L. n. 230 del 1962, art. 1, comma 3, l’apposizione del termine al contratto di lavoro postula, a pena di nullità, un patto di forma scritta essenziale, che deve essere anteriore o, quanto meno, contestuale all’inizio del rapporto e non può essere surrogato, in ipotesi di assunzione attraverso l’ufficio di collocamento, dagli atti costituiti dalla richiesta del datore di lavoro o dal provvedimento di avviamento del lavoratore da parte dell’ufficio predetto (v. per tutte Cass. 12-11-1993 n. 11173, Cass. 27-2-1998 n. 2211, Cass. 14-12-2001 n. 15801, nonchè, con riferimento ad un consorzio di bonifica Cass. 13-2-1988 n. 1571).

La quinta censura del ricorso principale, relativa alla esclusione della novazione dei rapporti, è infondata. Sul punto la Corte di Appello, seppure erroneamente ha ritenuto rilevante la circostanza che nessuna novazione era stata eccepita dal Consorzio con la memoria di costituzione di primo grado, laddove in realtà non si trattava di eccezione in senso proprio (v. Cass. 29-3- 1999 n. 3026, Cass. 8/4/2009 n. 8527), "in secondo luogo" e "comunque", legittimamente e con congrua motivazione ha escluso che nella fattispecie ricorressero gli estremi della novazione ed in specie all’animus novandi.

In particolare la Corte territoriale ha osservato che l’affermazione da parte del primo giudice di una novazione sulla base del semplice "rilievo che le parti dal 1983 in poi avevano stipulato per iscritto contratti a termine" non poteva essere condivisa, in mancanza di qualsiasi allegazione e prova di elementi dai quali potesse desumersi la sussistenza in specie dell’animus novandi. Quest’ultimo, difatti, in quanto inteso come manifestazione inequivoca dell’intento novativo (v. fra le altre Cass., 8-11-1996 n. 9766), non può scaturire di per sè dalla mera conclusione per iscritto di un successivo contratto a termine. Non può, invero, ritenersi che il rapporto a tempo indeterminato preesistente sia stato sostituito, "in mancanza di una nuova pattuizione delle parti stesse, le quali consapevolmente incidano sul rapporto a tempo indeterminato giuridicamente tra loro in essere, risolvendolo o novandolo, senza di che le ulteriori stipulazioni di contratti a termine sono prive di causa" (v. in tal senso Cass. 20-4-1998 n. 4003).

Anche il ricorso incidentale relativo alla ritenuta mancanza di messa in mora è infondato.

Sul punto la Corte del merito ha evidenziato che nel ricorso introduttivo del giudizio di primo grado non è stata allegata alcuna mora accipiendi del datore di lavoro. Nè, a seguito della specifica contestazione sollevata dalla controparte nella memoria di costituzione, relativa al fatto che i ricorrenti alla conclusione dei singoli rapporti a termine non si erano mai messi a disposizione del Consorzio ed anzi avevano percepito dall’INPS l’indennità di disoccupazione, è stato chiesto di provare o, comunque, è stato provato l’ingiustificato rifiuto della prestazione del datore di lavoro.

Le censure dei ricorrenti incidentali, pertanto, non colgono nel segno. Invero le circostanze dedotte dai lavoratori integrano deduzioni che , neppure in ipotesi, presuppongono una mora accipiendi del Consorzio, per facta concludentia. Neanche può essere accolta la censura, secondo cui comunque la Corte territoriale avrebbe dovuto riconoscere la messa in mora del Consorzio alla data della notifica del ricorso introduttivo, "in cui si chiedeva l’assunzione a tempo indeterminato".

Tale censura risulta del tutto generica e priva di autosufficienza, in quanto i ricorrenti incidentali non riportano il contenuto del ricorso introduttivo di primo grado, nella parte relativa, che, secondo il loro assunto, avrebbe integrato un atto di messa in mora, "nelle forme – cioè – di cui all’art. 1217 c.c., con la messa a disposizione delle energie lavorative ovvero mediante intimazione di ricevere la prestazione" (v. fra le altre Cass, 27-5-2009 n. 12333).

Del resto non piò ritenersi che la domanda di nullità del termine apposto al contratto di lavoro e di conversione del rapporto in rapporto a tempo indeterminato contiene automaticamente e di per sè stessa un tale atto di messa in mora (in argomento cfr. Cass. S.U. 8/10/2002 n. 14381). In conclusione i ricorsi vanno respinti.

La reciproca soccombenza giustifica la compensazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte riuniti i ricorsi li rigetta e compensa le spese del giudizio di legittimità.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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