Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 30-05-2012, n. 8653 Divieto di intermediazione e di interposizione nelle assunzioni di lavoratori

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso al Tribunale di Latina, depositato il 24-10-2000, S.G., dedusse: di essere stato, in data 14-4-1998 avviato dalla Coop. Best. Service s.r.l., presso la quale era inquadrato come socio pur non avendo mai partecipato alla vita sociale, al lavoro presso il mercato ortofrutticolo di (OMISSIS), gestito dalla MOF s.p.a.; di avere svolto tutti i servizi complessivi del mercato, oltre a funzioni di vigilanza, custodia e controllo, unitamente agli altri dipendenti della MOF s.p.a. di 5^ livello, come questi ricevendo "disposizioni, direttive ed indicazioni" da alcuni dipendenti della MOF, nel ricorso individuati; di avere così svolto le diverse attività nel ricorso precisate.

In tutto ciò ravvisando una violazione del divieto di appalto di mere prestazioni di lavoro, di cui alla L. n. 1369 del 1960, art. 1, il S. chiese l’accertamento della sussistenza, dal 14-4-1998, di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato tra lui e la società MOF nonchè la condanna della stessa alla corresponsione di tutte le differenze retributive conseguentemente dovutegli.

La Convenuta MOF s.p.a. si costituiva opponendosi all’accoglimento della domanda.

Veniva chiamata in causa la Best Service Coop a r.l. che pure si costituiva e rilevava l’erroneità delle deduzioni del ricorrente.

Il Giudice adito, con sentenza depositata il 19-10-2004, accoglieva le pretese del S., ritenendo provata, nel caso di specie, l’avvenuta intermediazione vietata dalla legge. In particolare il giudice evidenziava l’assenza di rischio in capo alla società cooperativa appaltatrice e l’inserimento stabile dell’attività del ricorrente nell’organizzazione aziendale della MOF. Con ricorso del 31-3-2005, la società MOF impugnava la detta sentenza, chiedendo il rigetto delle domande del S. e la condanna di quest’ultimo alla restituzione di quanto percepito in esecuzione della sentenza impugnata (precisamente, della somma di Euro 82.916,58 assegnata al S., in sede di esecuzione, con ordinanza del Tribunale di Latina in data 31-1 -2005).

Il S. si costituiva e contestava la fondatezza dell’appello.

La cooperativa Best service rimaneva contumace.

La Corte d’Appello di Roma, con sentenza depositata il 21-9-2009, in accoglimento dell’appello rigettava le domande proposte in primo grado dal S. e condannVa quest’ultimo a restituire alla MOF s.p.a. la somma di Euro 82.916,58, oltre interessi legali dal 31/1/2005 al saldo, compensando le spese di entrambi i gradi.

In sintesi la Corte territoriale rilevava che le risultanze testimoniali avevano negato che il S., come invece da lui dedotto, fosse stato "sottoposto a disposizioni, direttive ed indicazioni impartite direttamente, attraverso suoi dipendenti, dalla società MOF, così escludendo una subordinazione nei confronti di quest’ultima, non essendo all’uopo sufficiente, per configurarla, nè l’assenza di rischio in capo alla società cooperativa appaltatrice nè l’inserimento stabile dell’attività dell’appellato nell’organizzazione aziendale della MOF".

Per la cassazione di tale sentenza il S. ha proposto ricorso con unico motivo.

La MOF Mercato Ortofrutticolo di Fondi s.p.a., ha resistito con controricorso.

La Best Service soc. coop. a r.l. è rimasta intimata.

Motivi della decisione

Con l’unico motivo, denunciando violazione della L. n. 1369 del 1960, artt. 1, 3 e 5, il ricorrente in sostanza lamenta che la Corte di merito "ha escluso l’esistenza dell’intermediazione di manodopera in base alla circostanza che dalle prove testimoniali esperite nel giudizio di primo grado non era emerso che il dipendente avesse lavorato sotto l’immediato potere direttivo dell’appaltante" e deduce che, invece, "non è necessario che il lavoratore sia alle dirette dipendenze dell’appaltante per potersi parlare di subordinazione, in quanto è sufficiente che il lavoratore svolga la propria attività all’interno dei locali della ditta appaltatrice per aversi il suo inserimento nell’organico del personale di quest’ultima ed essere considerato a tutti gli effetti un suo dipendente".

In particolare il ricorrente rileva che egli "ha svolto a favore della MOF s.p.a. varie attività quali quella di portineria, di pesa pubblica, di riscossione pedaggio, di rilascio scontrini e tante altre, tutte che riguardano esclusivamente l’attività economica della società stessa e, in relazione alla L. n. 1369 del 1960, art. 3, svolte unicamente attraverso l’impiego di manodopera senza l’utilizzo di attrezzature della ditta appaltatrice".

Il motivo è infondato.

Come è stato più volte affermato da questa Corte, "con riferimento agli appalti cosiddetti "endoaziendali", che sono caratterizzati dall’affidamento ad un appaltatore esterno di attività strettamente attinenti al complessivo ciclo produttivo del committente, il divieto di cui alla L. n. 1369 del 1960, art. 1 (applicabile ratione temporis) opera tutte le volte in cui l’appaltatore mette a disposizione del committente una prestazione lavorativa, rimanendo in capo all’appaltatore stesso i soli compiti di gestione amministrativa del rapporto, ma senza che da parte sua ci sia una reale organizzazione della prestazione stessa, finalizzata ad un risultato produttivo autonomo" (v. fra le altre Cass. 21-7-2006 n. 16788, Cass. 9-4-2008 n. 9264, Cass. 9-3-2009 n. 5648).

In particolare, come pure è stato precisato (v. Cass. 18-5-2006 n. 11678) "il divieto di appalto di mere prestazioni di lavoro opera per le società cooperative di produzione e lavoro senza limitazioni derivanti dal tipo di rapporto che lega il prestatore alla società, rapporto che può essere societario (nel caso di prestazioni rientranti nell’oggetto sociale), ovvero di lavoro subordinato (nell’ipotesi di prestazioni diverse da quelle specificate in precedenza), non potendosi escludere che anche nei confronti del socio possa configurarsi il contratto di appalto di mere prestazioni di lavoro vietato dalla legge, allorquando ricorra il presupposto sostanziale rappresentato dalla diretta dipendenza dei prestatori d’opera (pure se, appunto, soci della cooperativa) dal l’appaltante, in posizione di fatto comparabile con quella degli altri lavoratori direttamente assunti da costui, in modo che il medesimo ne divenga l’effettivo referente".

Orbene la Corte di merito in particolare ha escluso che nella fattispecie ricorresse tale presupposto sostanziale, "poichè nessuno dei testimoni ha confermato ed anzi molti testi hanno espressamente negato, che il S., come invece da lui dedotto, sia stato sottoposto a disposizioni, direttive ed indicazioni" impartite direttamente, attraverso suoi dipendenti, dalla società MOF".

La Corte territoriale (non soffermandosi soltanto su tale aspetto) ha rilevato altresì che i testimoni "hanno confermato la almeno possibile (ma spesso effettiva) partecipazione del socio S. alla vita sociale della cooperativa Best Service nonchè lo svolgimento da parte del S., in molti periodi, di attività riferibile non alla MOF, bensì ad altri soggetti" e che "il complesso delle deduzioni di cui al ricorso introduttivo di primo grado non ha trovato, nelle risultanze dell’istruttoria svolta, sufficiente conferma".

Tale accertamento, congruamente motivato, risulta conforme ai principi sopra richiamati e resiste alla censura del ricorrente.

Il ricorso va pertanto respinto.

Infine, in ragione dell’esito alterno dei giudizi di merito, ricorrono giusti motivi (ex art. 92 c.p.c., nel testo vigente ratione temporis) per compensare le spese tra il S. e la MOF. Nulla per le spese nei confronti della Best Service soc. coop. a r.l., che non ha svolto attività difensiva.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese con la MOF s.p.a., nulla per le spese nei confronti della Best Service soc. coop. a r.l..

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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