Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 27-09-2011) 18-11-2011, n. 42700 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con la decisione in epigrafe la Corte d’appello di Torino ha confermato la sentenza del 2 aprile 2009 con cui il G.u.p. del Tribunale di quella stessa città aveva ritenuto T.M. responsabile di due episodi di acquisto e cessione a terzi di cocaina (capi 15 e 16), condannandolo alla pena di due anni e venti giorni di reclusione oltre alla multa di Euro 14.000,00.

Ricorre per cassazione l’imputato per mezzo dei suoi difensori di fiducia.

I ricorsi presentati dagli avvocati Giuseppe Bernardo e Domenico Oderda deducono, come unico motivo, l’illogicità della motivazione, avendo la Corte d’appello fondato la responsabilità dell’imputato sui risultati delle intercettazioni, inidonee a provare il suo coinvolgimento nei fatti contestati, trattandosi di conversazioni non univoche rispetto alle quali i giudici hanno omesso ogni valutazione critica, recependo passivamente le argomentazioni contenute nella prima sentenza.

I ricorsi sono inammissibili.

In tema di intercettazioni di conversazioni, l’interpretazione del linguaggio adoperato dai soggetti intercettati e del significato delle comunicazioni, anche quando sia criptico o cifrato, è questione di fatto rimessa all’apprezzamento del giudice di merito e si sottrae al giudizio di legittimità se la valutazione risulta logica, anche in rapporto alle massime di esperienza utilizzate (tra le tante v., Sez. 6, 8 gennaio 2008, n. 17619, Gionta ed altri).

Nel caso in esame i giudici di merito hanno offerto una ricostruzione logica e coerente del significato del contenuto delle intercettazioni, dinanzi a cui si arresta il sindacato di legittimità.

Pertanto, i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al pagamento in favore della cassa delle ammende di una somma che si ritiene equo determinare in Euro 1.000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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