Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 27-09-2011) 18-11-2011, n. 42698

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con la decisione in epigrafe la Corte d’appello di Bari ha confermato la sentenza del 5 dicembre 2008 con cui il G.u.p. di quello stesso Tribunale, in sede di giudizio abbreviato, aveva condannato R. F. alla pena di due anni e venti giorni di reclusione per il reato di resistenza a pubblico ufficiale.

Ricorre per cassazione il difensore dell’indagato e con il primo motivo deduce l’illogicità della motivazione là dove individua nell’identificazione l’atto del pubblico ufficiale al quale l’imputato si sarebbe opposto, mentre nell’imputazione il riferimento era alla contestazione per la violazione al codice della strada.

Inoltre, ribadisce il motivo contenuto già nell’atto di appello, secondo cui la condotta violenta posta in essere dall’imputato, spingendo e ponendo una mano sul viso dell’agente di polizia G., sarebbe avvenuta successivamente al compimento dell’atto, sicchè i giudici avrebbero dovuto escludere la configurabilità del reato di resistenza; peraltro, assume che anche la condotta minacciosa, cui si riferisce la sentenza impugnata ("non siete uomini, che cazzo volete, toglietevi la divisa, vi abbiamo fotografato e passerete i guai") non sarebbe stata finalizzata ad opporsi all’atto del pubblico ufficiale che voleva identificarlo.

Il ricorso è inammissibile.

Con il primo motivo il ricorrente ha censurato la motivazione della sentenza perchè contraddittoria rispetto alla contestazione contenuta nell’imputazione. Invero, il vizio di motivazione, per essere dedotto, deve riguardare il contenuto intrinseco della sentenza oppure gli atti processuali specificamente indicati;

sicuramente il vizio non può essere desunto dal capo di imputazione, come invece ha fatto nel caso di specie il ricorrente.

Quanto al secondo motivo si rileva che il ricorrente non coglie nel segno là dove sostiene l’illogicità della motivazione in relazione alla sussistenza del reato di resistenza. La sentenza ha accertato che F.R. ha reagito con un comportamento minaccioso alla legittima richiesta di identificazione rivoltagli da un agente di polizia nell’esercizio delle sue funzioni e ha ritenuto la responsabilità dell’imputato per la sola condotta minacciosa, diretta ad impedire l’atto di ufficio. Ne consegue che tutte le censure avanzate nel ricorso tese a dimostrare che la condotta violenta non era diretta ad impedire l’atto del pubblico ufficiale appaiono del tutto inconferenti, in quanto non tengono conto del contenuto della decisione impugnata.

La manifesta infondatezza dei motivi proposti determina l’inammissibilità del ricorso, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della cassa delle ammende, che si ritiene equo determinare in Euro 1.000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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