Cass. civ. Sez. II, Sent., 30-05-2012, n. 8646

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

I lavoratori indicati in epigrafe come controricorrenti nel procedimento n. R.G. 6505.10, tutti ex dipendenti della Fiat Powertrain Technologies S.p.A. (di seguito FPT), ottenevano dal Tribunale di Larino, in funzione di giudice del lavoro, decreti ingiuntivi nei confronti della società ex datrice di lavoro per il pagamento delle somme che la società aveva trattenuto a titolo di "recupero contributi sospesi" (in relazione agli eventi sismici verificatisi nell’ottobre-novembre 2002) sugli emolumenti e sul trattamento di fine rapporto (TFR) erogati a ciascuno dei lavoratori al momento della cessazione del rapporto di lavoro.

FTP proponeva opposizione avverso i suddetti decreti ingiuntivi chiedendone la revoca e, in via subordinata, previa chiamata in causa dell’INPS, chiedeva la condanna dell’Istituto previdenziale alla restituzione delle somme che la società era stata costretta a pagare ai lavoratori in virtù dei suddetti decreti ingiuntivi.

Il Tribunale di Larino rigettava le suddette opposizioni nonchè la domanda proposta da FTP nei confronti dell’INPS. La Corte d’appello di Campobasso rigettava il gravame proposto da FTP. Premetteva la corte territoriale che le somme controverse erano state trattenute da FTP nei confronti dei singoli lavoratori, al momento della liquidazione delle competenze di chiusura dei rispettivi rapporti di lavoro, a titolo di recupero della quota di contributi previdenziali dovuta dai lavoratori stessi, il cui versamento all’INPS era stato sospeso ai sensi del O.P.C.M 29 novembre 2002, n. 3253, art. 7. Con tale provvedimento, emesso a seguito degli eventi sismici verificatisi in Molise nell’ottobre- novembre 2002, era stato sospeso, per i soggetti residenti, o aventi sede legale o operativa, alla data degli eventi sismici, nei territori individuati dal provvedimento stesso, il versamento dei contributi di previdenza e assistenza sociale, compresa la quota a carico dei lavoratori dipendenti. Il termine di sospensione, inizialmente fissato al 31 marzo 2003, era stato successivamente prorogato fino al 31 dicembre 2005. In costanza di rapporto di lavoro la società datrice di lavoro si era avvalsa della suddetta sospensione e per l’effetto non aveva versato all’INPS i contributi e aveva omesso di effettuare la trattenuta della quota a carico dei lavoratori sulla retribuzione mensile. Al momento della cessazione dei singoli rapporti di lavoro la società aveva effettuato la trattenuta in unica soluzione di tutte le quote mensili di contributo a carico dei lavoratori e aveva poi provveduto a versare all’INPS le somme così trattenute.

Ciò premesso la Corte, pur riconoscendo che, ai sensi della L. n. 225 del 1992, come autenticamente interpretata dalla L. n. 290 del 2006, art. 6, comma 1 bis, il beneficio della sospensione dei contributi previdenziali e assistenziali opera esclusivamente in favore dei datori di lavoro privati, confermava l’illegittimità della trattenuta in unica soluzione effettuata da FTP al momento della cessazione del rapporto di lavoro, ritenendo inapplicabile alla fattispecie (concernente rapporti di lavoro cessati) l’autotutela di cui alla L. n. 218 del 1952, art. 19, comma 2, atteso che questa riconnette la trattenuta della quota di contributi non già alla retribuzione comunque corrisposta, ma solo a quella erogata "alla scadenza del periodo di paga cui il contributo si riferisce". Ciò era di per sè sufficiente a far ritenere l’illegittimità della trattenuta una tantum operata da FPT, atteso che la società non aveva esercitato una ordinaria azione di rivalsa, bensì proprio la rivalsa prevista dal citato art. 19, comma 2. In ogni caso, anche se la società avesse esercitato un’ordinaria azione di rivalsa, non avrebbe potuto pretendere il pagamento dell’intero ammontare della quota contributi del lavoratore (la cui corresponsione era sospesa anche per il datore di lavoro), non potendo comunque la rivalsa "eccedere l’importo delle rate scadute nel momento in cui viene esercitatala rivalsa medesima" e dovendo, di conseguenza, la stessa avvenire, anche per la quota a carico del lavoratore, con la rateizzazione prevista dalla normativa dettata per la riscossione dei contributi sospesi. In questo contesto, ad avviso della Corte territoriale, non aveva rilievo la circostanza che FPT, pur non essendo tenuta a farlo, aveva versato all’INPS l’intero ammontare dei contributi sospesi, trattandosi di pagamento di debito non scaduto la cui ripetizione è esclusa dall’art. 1185 cod. civ., comma 2. Sulla base di questo rilievo la Corte territoriale confermava il rigetto della domanda di manleva proposta nei confronti dell’INPS. Nè a diverse conclusioni poteva pervenirsi considerando il massaggio INPS n. 160/2003 con il quale l’Istituto aveva precisato che, in caso di cessazione del rapporto di lavoro, il datore di lavoro doveva recuperare il residuo debito (concernente la quota retributiva a carico del lavoratore) sul TFR e che un diverso comportamento nei confronti dei lavoratori interessati avrebbe comportato comunque l’obbligo del versamento dei contributi da parte del datore di lavoro anche per la quota sospesa del lavoratore (messaggio peraltro modificato dal successivo messaggio n. 105/2004); trattasi infatti di atto non vincolante per il datore di lavoro.

Per la cassazione di tale sentenza, n. 635/07, pubblicata in data 3 dicembre 2009, propone ricorso Fiat Powertrain Technologies (FTN) s.p.a. affidato a cinque motivi. A tale ricorso è stato attribuito il n. R.G. 6505.10. I lavoratori N.F., L.N., M.F., M.A., C.S. e T.N. resistono con controricorso e propongono ricorso incidentale affidato ad un unico motivo. L.C. e l’INPS resistono ciascuno con proprio controricorso. Gli altri sono rimasti intimati.

La società FTN ha resistito con controricorso al ricorso incidentale ed ha depositato memoria ex art. 378 cod. proc. civ..

Avverso la stessa sentenza ha proposto autonomo ricorso la Sirio s.c.p.a. la cui ragione sociale è in effetti riportata nell’intestazione della sentenza che peraltro di tale società non fa alcun cenno nè in sede di svolgimento del processo nè in motivazione, nè, infine, in dispositivo. Tale ricorso, al quale è stato attribuito il n. R.G. 6498.10, è stato notificato a tale C.S., del quale non è fatta alcuna menzione da parte della sentenza impugnata e che è rimasto intimato e all’INPS che resiste con controricorso.

Motivi della decisione

Preliminarmente deve essere disposta la riunione del ricorso principale e di quello incidentale raccolti sotto il n. R.G. 6505.10 e quindi la riunione degli stessi al ricorso, da ultimo citato, recante il n. R.G. 6498.10. Le riunioni vengono disposte ai sensi dell’art. 335 cod. proc. civ., trattandosi di ricorsi proposti avverso la stessa sentenza.

Sempre preliminarmente deve essere dichiarata l’inammissibilità del ricorso n. R.G. 6498.10 proposto dalla Sirio s.c.p.a. e notificato a C.S. e all’INPS. Secondo il costante insegnamento di questa Corte di legittimità (cfr., in particolare, Cass. 16 marzo 2009 n. 6348), infatti, è inammissibile il ricorso per cassazione proposto nei confronti di chi, dalla sentenza impugnata, non risulti essere stato parte del giudizio di merito. Inammissibilità rilevabile d’ufficio perchè attinente alla regolare costituzione del contraddittorio. Nello stesso senso cfr., da ultimo, Cass. 16 gennaio 2012 n. 520, secondo la quale la qualità di parte legittimata a proporre ricorso per cassazione, come a resistervi, spetta ai soggetti che abbiano formalmente assunto la veste di parte nel previo giudizio di merito, con la conseguenza che va dichiarata inammissibile l’impugnazione proposta contro soggetti diversi da quelli che sono stati parti nel suddetto giudizio. Nel caso di specie, come in precedenza evidenziato, il Caruso non risulta essere stato parte nel giudizio di merito, come si evìnce dalla sentenza impugnata. Da ciò deriva inoltre l’inammissibilità del ricorso anche nei confronti dell’INPS la cui posizione processuale è strettamente connessa a quella del lavoratore sopra citato. Spese compensate fra le parti costituite.

Tutto ciò premesso, rileva il Collegio che, in ordine logico, tenuto conto sia della formulazione delle domande originarie, sia dell’iter argomentativo seguito dalla Corte di merito, appare necessario esaminare in primo luogo il ricorso incidentale proposto dai lavoratori legittimati. Detti lavoratori, con l’unico motivo di censura, hanno denunciato violazione del O.P.C.M. 29 novembre 2002, n. 3253, art. 7 e della L. n. 290 del 2006, art. 6, comma 1 bis, lamentando, in sostanza, che erroneamente la Corte territoriale avrebbe ritenuto che la sospensione contributiva de qua avrebbe quali unici beneficiari i datori di lavoro sicchè i dipendenti ne risulterebbero completamente esclusi anche per la quota di contribuzione a proprio carico. Al riguardo i ricorrenti incidentali evidenziano che, sul piano letterale, l’art. 7 della citata O.P.C.M. si riferisce ai soggetti, nonchè alla residenza e alla sede legale e operativa, tutte espressioni comprensive sia dei datori di lavoro sia dei lavoratori, e rilevano inoltre che la norma è finalizzata ad assicurare ogni azione utile al celere superamento della situazione emergenziale, così risultando confermata la portata generale di applicazione della norma in questione. Nel contempo gli stessi ricorrenti incidentali sostengono che la O.P.C.M. 29 novembre 2002, n. 3253, non è stata interessata dalla interpretazione autentica di cui al D.L. n. 263 del 2006, art. 6, comma 1 bis, convertito dalla L. n. 290 del 2006, che attiene solo alla quota a carico dei datori di lavoro, di guisa che la norma sopravvenuta non determina alcun mutamento della situazione previgente e lascia assolutamente intatto ed inalterato il diritto del lavoratore a percepire la propria retribuzione comprensiva della quota di retribuzione a proprio carico.

Il motivo è infondato.

Come di recente affermato da questa Corte (Cass. 24 novembre 2011 n. 4526) la O.P.C.M. n. 3253 del 2002, art. 7, comma 1 – che prevede la sospensione dei versamenti di contributi previdenziali per i soggetti residenti nelle zone colpite dagli eventi sismici iniziati il 31 ottobre 2002 – va interpretato alla stregua del disposto del D.L. 9 ottobre 2006, n. 263, art. 6, comma 1 bis, convertito in L. 6 dicembre 2006, n. 290 e, pertanto, come riferibile soltanto ai datori di lavoro privati, essendo finalizzata la disciplina alla liberazione di risorse economiche da destinare al sostegno delle attività imprenditoriali e non anche all’incremento delle retribuzioni dei pubblici dipendenti.

Questa Corte ha in proposito precisato che detta O.P.C.M. fa espresso e prioritario riferimento alla L. n. 225 del 1992 e nel preambolo richiama anche il D.L. n. 245 del 2002, con significativo riferimento, in particolare, all’art. 2, comma 2, con il quale si rinvia la disciplina e la definizione delle modalità degli interventi di emergenza ad ordinanze di protezione civile, per cui deve convenirsi che anche l’ O.P.C.M. n. 3253 del 2002 rientra fra le ordinanze di protezione civile contemplate dal D.L. n. 263 del 2006, art. 6, comma 1 bis, convertito dalla L. n. 290 del 2006, con la conseguente sua applicabilità anche alla disposizione di cui al ricordato art. 7 di tale ordinanza.

E’ stato altresì chiarito che il predetto del D.L. n. 263 del 2006, art. 6, comma 1 bis, è norma di interpretazione autentica, secondo quanto esplicitato dal dato testuale e, come tale, di portata retroattiva, così escludendosi una sua efficacia soltanto innovativa rispetto al contenuto precettivo dell’art. 7 atteso che l’interpretazione autenticamente affermata rientra fra quelle possibili della norma in esame, alla luce, in particolare, del riferimento testuale ai versamenti – ossia agli adempimenti dell’obbligo previdenziale riservati alla parte datoriale e successivi alla trattenuta delle quote a carico dei lavoratori – e della ratio della disposizione, individuabile nell’intento di favorire la liberazione di risorse economiche da destinare a sostegno delle attività imprenditoriali.

Tale norma di interpretazione autentica è stata peraltro ritenuta costituzionalmente legittima dalla Corte costituzionale (C. cost. n. 325 del 2008) la quale ha rilevato che corrisponde ad un principio di non irragionevole esercizio della discrezionalità del legislatore la scelta di limitare il beneficio della sospensione del versamento contributivo ai soli datori di lavoro del settore privato.

Il ricorso incidentale deve essere in definitiva respinto.

Passando, quindi, all’esame del ricorso principale, proposto dalla FTN, si osserva che col primo motivo la società ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 416 e 437 cod. proc. civ.. In sostanza, premesso che il thema decidendum sottoposto al giudizio della corte territoriale, come delimitato dalla pronuncia di primo grado e dai motivi di impugnazione, era costituito unicamente dalla sussistenza o meno del diritto dei lavoratori alla sospensione dei contributi di previdenza e alla rateizzazione del relativo versamento di cui al O.P.C.M. 29 novembre 2002, n. 3253, art. 7. In sostanza, in primo grado gli ex dipendenti avevano vantato un credito di restituzione derivante dal diritto, previsto dalla richiamata normativa emergenziale, alla rateizzazione del versamento della quota di contributi previdenziali a loro carico che erano stati già versati dal datore di lavoro all’INPS prima della richiesta del provvedimento di ingiunzione. La corte territoriale, ad avviso della società ricorrente, anzichè limitarsi a verificare la correttezza della statuizione di primo grado ricognitiva del preteso diritto così azionato e, una volta accertata l’insussistenza di tale diritto, accogliere senz’altro le opposizioni alle ingiunzioni, avrebbe inammissibilmente immutato la sopra ricordata unica ragione giustificatrice delle domande originariamente proposte nei confronti della società convertendola ex officio in altra, mai addotta nè esplicitata dagli interessati, consistente nel diritto all’integrità della retribuzione che non era mai stato invocato dagli interessati.

In tal modo, ad avviso della società ricorrente principale, la Corte territoriale avrebbe violato il principio fondamentale della corrispondenza tra chiesto e pronunciato, modificando radicalmente d’ufficio, in sede di appello, la causa petendi sottesa alla pretesa dei lavoratori.

La censura è fondata e deve essere pertanto accolta. Come è stato affermato da questa Corte di legittimità (cfr. Cass. 16 dicembre 2005 n. 27727), e come deve essere ribadito in questa sede, il principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, previsto dall’art. 112 cod. proc. civ., implica il divieto di attribuire alla parte un bene non richiesto, o comunque di emettere una statuizione che non trovi corrispondenza nella domanda, e deve ritenersi violato ogni qualvolta il giudice, interferendo nel potere dispositivo delle parti, alteri alcuno degli elementi identificativi dell’azione (petitum e causa petendi), attribuendo o negando ad alcuno dei contendenti un bene diverso da quello richiesto e non compreso, nemmeno implicitamente o virtualmente, nella domanda. In particolare, dal divieto di pronunciare su un’azione diversa da quella espressamente proposta consegue che è inibito al giudice, con riferimento alla causa petendi, basare la decisione su fatti costitutivi diversi da quelli dedotti, ponendo a fondamento della domanda un titolo nuovo e difforme da quello indicato dalla parte.

In tema, poi,di procedimento di ingiunzione, in base alla consolidata giurisprudenza di legittimità per effetto dell’opposizione non si verifica alcuna inversione della posizione sostanziale delle parti nel giudizio contenzioso, nel senso che il creditore mantiene la veste di attore e l’opponente quella di convenuto, ciò che esplica i suoi effetti non solo in tema di onere della prova, ma anche in ordine ai poteri ed alle preclusioni processuali rispettivamente previsti per ciascuna delle parti (cfr., ad esempio, Cass. 1 marzo 2007 n. 4800). In tale quadro è stato altresì precisato (Cass. 22 aprile 2004 n. 7688) che anche all’interno del rito del lavoro il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo si configura come giudizio ordinario di cognizione e si svolge secondo le norme del procedimento ordinario dinanzi al giudice adito, con la conseguenza che la memoria difensiva dell’opposto, attesa la sua posizione sostanziale di attore, deve osservare la forma della domanda (di cui all’art. 414 cod. proc. civ.) e, pertanto, deve recare, tra l’altro, la determinazione dell’oggetto di essa e l’esposizione dei fatti e degli elementi di diritto sui quali si fonda; ne consegue che, nella stessa memoria difensiva, è possibile specificare e meglio chiarire detti elementi, al fine di adeguare al carattere e ai principi della cognizione ordinaria la pretesa azionata in via monitoria, nonchè modificare, nei limiti della emendatio, e non della mutatio libelli, la domanda proposta in sede monitoria.

Nel caso di specie, come si evince dalla sentenza impugnata, con i ricorsi in sede monitoria gli ex dipendenti, sulla premessa di avere diritto alla sospensione de qua, avevano sostenuto che l’illegittimità della trattenuta consisteva sia nell’aver avviato il recupero prima del 31 dicembre 2005, sia nell’aver recuperato i contributi sospesi in un’unica soluzione. Tale tesi, a seguito dell’opposizione della società, è stata accolta dal primo giudice.

Avverso tale pronuncia, con il primo, principale e assorbente, motivo di appello la società ha ribadito l’infondatezza della tesi dei lavoratori ex dipendenti e l’insussistenza del presupposto stesso delle domande dagli stessi proposte (in sostanza il loro preteso diritto alla sospensione de qua e alla conseguente rateizzazione).

Orbene, tale motivo è stato espressamente ritenuto fondato dalla Corte d’appello la quale, correttamente (per le ragioni prima enunciate da questa Corte in sede di rigetto del ricorso incidentale) ha affermato che beneficiario della sospensione contributiva non è il lavoratore ma il datore di lavoro.

Peraltro la Corte territoriale, anzichè accogliere semplicemente il detto motivo e con esso le opposizioni della società, con conseguente revoca dei decreti ingiuntivi e rigetto delle domande degli ex dipendenti, così come proposte, ha respinto in foto l’appello considerando, invece, decisiva la ritenuta infondatezza delle ulteriori tesi difensive avanzate dalla società con gli ulteriori motivi di gravame avverso le argomentazioni svolte ad abundantiom dal primo giudice.

In tal modo la Corte di merito, ribaltando le posizioni sostanziali delle parti, ha, in definitiva, accolto le domande sulla base di una causa petendi diversa da quella prospettata ed azionata dagli attori- opposti, e scaturita, in effetti, soltanto dalle ulteriori tesi difensive della società.

Pertanto la Corte territoriale è incorsa nel vizio di violazione degli artt. 112, 416 e 437 cod. proc. civ., denunciato con il primo motivo del ricorso principale che va quindi accolto, restando così assorbiti gli altri motivi dello stesso ricorso (riguardanti, appunto, le ulteriori argomentazioni difensive alle quali si è in precedenza fatto riferimento).

La sentenza impugnata va pertanto cassata in relazione alla censura accolta e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, vanno accolte le opposizioni della società con la revoca dei decreti ingiuntivi opposti e con il rigetto delle domande dei lavoratori intimati, contemplati nell’impugnata sentenza.

Ricorrono giusti motivi, ex art. 92 cod. proc. civ., nel testo vigente ratione temporis, in ragione della complessità della vicenda e della questione principale che ha trovato soluzione soltanto nella recente pronuncia di questa Corte, per compensare le spese dell’intero processo fra tutte le parti, in relazione ai giudizi che le riguardano.

P.Q.M.

La Corte riunisce al presente ricorso quello recante il n. R.G. 6505.10, previa riunione a quest’ultimo del ricorso incidentale:

dichiara inammissibile il ricorso proposto da Sirio s.c.p.a. nei confronti di C.S. e dell’I.N.P.S., spese compensate, accoglie il primo motivo del ricorso principale proposto da Fiat Powertrain Technologies s.p.a. nei confronti dei lavoratori di cui ai ricorso n. R.G. 6505.10 assorbiti gli altri motivi; rigetta il ricorso incidentale; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, rigetta la domanda dei lavoratori; compensa le spese dell’intero giudizio.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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