Cass. civ. Sez. II, Sent., 30-05-2012, n. 8644

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con atto di citazione regolarmente notificato M.S. conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Monza Sezione Distaccata di Desio N.S. chiedendo accertarsi la proprietà comune tra le parti dell’immobile sito in (OMISSIS), disporsi lo scioglimento di tale comunione, e condannarsi altresì la convenuta alla corresponsione di una indennità per l’occupazione in via esclusiva di tale bene a far tempo dal 18-9-2004, al risarcimento dei danni, ed alla restituzione dei beni mobili contenuti nell’immobile e di proprietà dello stesso esponente.

L’attore assumeva che su un terreno di proprietà esclusiva della convenuta egli e la N. avevano deciso di erigere l’immobile poi realizzato sopportandone a metà i costi, con l’impegno di quest’ultima di attribuire al M. la quota di metà del bene stesso; costruito l’immobile, la N. aveva donato all’istante la suddetta quota di metà con atto notarile del 27-7-2001;

successivamente le parti avevano contratto un mutuo presso la Banca Intesa s.p.a., garantendolo con una ipoteca volontaria sull’immobile, mentre il M. aveva affrontato tutti gli esborsi per l’arredo dell’abitazione.

Il M. riferiva ancora che, interrottasi la relazione che intratteneva con la convenuta, quest’ultima lo aveva estromesso dall’abitazione a far tempo dal 18-9-2004, usufruendo dell’immobile in via esclusiva senza corrispondere all’attore alcuna indennità.

Si costituiva in giudizio la N. eccependo il carattere simulato della suddetta donazione, anche in considerazione del fatto che il M. aveva fatto fronte solo a parte delle spese che inizialmente si era obbligato a sostenere in base ad una scrittura privata del 10-1-2001, ed affermando il proprio diritto a risolvere il contratto in questione per inadempimento del medesimo; in subordine chiedeva l’assegnazione in proprio favore dell’immobile, dando atto della propria disponibilità a restituire i beni mobili di pertinenza dell’attore, mentre chiedeva il rigetto della domanda risarcitoria.

Si costituiva in giudizio anche la Banca Intesa, convenuta in giudizio ex art. 1113 c.c., la quale chiedeva darsi atto dell’esistenza della garanzia ipotecaria a tutela del proprio credito residuo.

Il Tribunale adito con sentenza non definitiva del 6-6-2006 accertava e dichiarava l’esistenza di un diritto di comproprietà "pro indiviso" del M. e della N. (nella quota del 50% ciascuno) sull’immobile sopra descritto, accertava e dichiarava il diritto dell’attore di procedere allo scioglimento della comunione esistente con la convenuta avente ad oggetto il bene suddetto, disponeva come da separata ordinanza la rimessione della causa sul ruolo per la prosecuzione delle operazioni di scioglimento della comunione, respingeva la domanda riconvenzionale di risoluzione della cessione dissimulata dalla donazione del 27-7-2001, condannava ia N. a consegnare al M. alcuni beni mobili, accertava e dichiarava il diritto di quest’ultimo di procedere allo scioglimento della comunione sussistente con la N. avente ad oggetto i beni mobili presenti nell’abitazione sita in (OMISSIS), condannava la N. a corrispondere al M., a titolo di indennità di occupazione, la somma che sarebbe stata determinata a mezzo di CTU, e respingeva la domanda di risarcimento danni proposta dalla N. nei confronti del M..

Lo stesso Tribunale con sentenza definitiva del 24-7-2007 accertava e dichiarava la non comoda divisibilità dell’immobile predetto, per l’effetto assegnava alla N. la proprietà di esso con i beni mobili in esso contenuti, determinava l’importo a titolo di conguaglio da corrispondere da parte di quest’ultima al M. nella misura di Euro 267.570,36 oltre interessi legali dalla sentenza al saldo, e condannava la N. a corrispondere al M. a titolo di indennità di occupazione dal 18-9-2004 al 19-2-2007 la somma di Euro 14.500,00 oltre interessi al tasso legale dalle singole scadenze al saldo e l’ulteriore somma di Euro 6.000,00 annui con decorrenza dal 19-1-2007 al passaggio in giudicato della sentenza oltre interessi al tasso legale dalle singole scadenze al saldo effettivo.

Proposto gravame avverso entrambe tali sentenze da parte della N. cui resistevano il M., che proponeva altresì appello incidentale, e la Banca Intesa, la Corte di Appello di Milano con sentenza del 9-4-2010, in parziale riforma della sentenza del Tribunale del 24-7-2007, accertato in Euro 4.840,00 il debito del M. nei confronti della N. con gli interessi legati dalla domanda alla data della pronuncia di primo grado, ha dichiarato compensato, per le quantità corrispondenti, detto debito con il debito da conguaglio della N. nei confronti del M. come determinato in Euro 267.570,36 oltre successivi interessi, ed ha dichiarato dovuta da parte della N. al M. la somma di Euro 6.000,00 annui sino alla data di corresponsione del conguaglio.

Per la cassazione di tale sentenza la N. ha proposto un ricorso affidato a cinque motivi cui il M. ha resistito con controricorso; la Banca Intesa non ha svolto attività difensiva in questa sede; la ricorrente ha successivamente depositato una memoria.

Motivi della decisione

Preliminarmente deve essere esaminata l’eccezione sollevata dal M. di inammissibilità del ricorso ai sensi dell’art. 365 c.p.c. in quanto privo della sottoscrizione del difensore.

L’eccezione è infondata.

Premesso che la ricorrente ha conferito il mandato per essere difesa nel presente giudizio anche disgiuntamente agli avvocati Massimo Ferrari e Massimo Picchioni, e che il ricorso risulta sottoscritto soltanto dall’avvocato Massimo Ferrari, si osserva che tale rilievo non comporta l’inammissibilità del ricorso stesso, considerato che il ricorso per cassazione è validamente sottoscritto anche da uno soltanto dei due o più difensori muniti di procura, quando il ministero difensivo sia loro affidato dalla parte senza l’espressa volontà di esigere l’espletamento congiunto dell’incarico, atteso che ai sensi dell’art. 1716 c.c., in caso di coesistenza di più mandati con lo stesso oggetto, ciascun mandatario è abilitato al compimento dell’atto se la delega non richieda l’azione congiunta (Cass. 11-6-2008 n. 15478), come appunto nella fattispecie.

Sempre in via preliminare il controricorrente eccepisce che, avendo la N. convenuto in giudizio l’esponente dinanzi al Tribunale di Monza con atto di citazione notificato il 18-6-2009 chiedendo la revocazione della donazione di cui all’atto del 27-7-2001 per sopravvenienza di figli ex art. 803 c.c., deve dichiararsi l’inammissibilità del presente ricorso basato sul diverso assunto che detto atto configurava una donazione simulata in quanto dissimulante un negozio a prestazioni corrispettive; invero si sarebbe formata acquiescenza quantomeno sul capo della sentenza impugnata con cui è stato accertato il diritto di comproprietà del M. sull’immobile per cui è causa.

Anche tale eccezione deve essere disattesa.

Infatti la proposizione da parte della N. in un diverso giudizio promosso nei confronti del M. di una domanda di revocazione ex art. 803 c.c., della donazione più volte menzionata non può di per sè comportare una acquiescenza alla sentenza impugnata, configurando tale atto di citazione l’espressione di una diversa strategia processuale adottata all’esito di un fatto sopravvenuto costituito dalla nascita di un figlio; pertanto da tale iniziativa giudiziaria non è possibile desumere, in maniera certa ed univoca, il proposito della N. di non contrastare gli effetti giuridici della pronuncia della Corte di Appello di Milano del 9-4-2010, trattandosi di atto non assolutamente incompatibile con la volontà di avvalersi dell’impugnazione proposta in questa sede.

Venendo quindi all’esame del ricorso, si rileva che con il primo motivo la N., deducendo violazione e falsa applicazione dell’art. 244 c.p.c. in relazione agli artt. 112, 113, 115 e 116 c.p.c., insufficiente motivazione e violazione della norma costituzionale sul giusto processo, censura la sentenza impugnata per non aver ammesso alcuni capitoli di prova per testi formulati onde dimostrare che l’esponente si era assunta alcuni costi e l’accollo del mutuo contratto con la Banca Intesa, malgrado l’impegno esclusivo del M. in ordine alle spese, in quanto si era fatta convincere dalle promesse di restituzione da parte del fidanzato; del pari erroneamente non erano stati ammessi i capitoli di prova rilevanti per la decisione sulla domanda di risarcimento danni avanzata dal M. per l’utilizzo da parte della N. della casa predetta.

Inoltre la ricorrente sostiene che la Corte territoriale non ha esaminato le istanze sollevate reiterata mente per un rinnovo o una integrazione della CTU volta a determinare il valore dell’immobile, particolarmente una volta accertato che esso non era comprensivo del mutuo.

La censura è in parte infondata ed in parte inammissibile.

La Corte territoriale ha confermato il rigetto sia della domanda di simulazione sia della domanda di risoluzione della donazione del 27/7/2001 con parziale diversa motivazione rispetto a quella espressa dal giudice di primo grado, premettendo che con la scrittura privata del 10-1-2001 il M. si era impegnato a sostenere tutte le spese necessarie alla realizzazione dell’immobile suddetto quale residenza unifamiliare, e che la N. a titolo di compartecipazione alle spese sostenute dal M. per detta costruzione si era obbligata a cedergli la metà della proprietà dell’appezzamento di terreno sul quale sarebbe stata eretta una casa di civile abitazione, cosicchè a costruzione ultimata "la casa e il terreno saranno in comproprietà in parti uguali tra i firmatari della presente scrittura privata"; ha quindi ritenuto che tale scrittura, lungi dal costituire la controdichiarazione indispensabile al fine di far valere la simulazione della successiva donazione del 27-7-2001, era stata poi puntualmente attuata con quest’ultimo atto quale tipico negozio indiretto posto in essere per realizzare la prevista acquisizione, a casa ultimata (ovvero ormai edificata ed accatastata, seppure non ancora rifinita), di casa e terreno in comproprietà in parti uguali tra i firmatari della pregressa scrittura privata; in tale contesto il giudice di appello ha escluso che la N. potesse pretendere dal M. il rimborso delle rate del mutuo, attesa l’autonomia di tale contratto (tra l’altro stipulato quando la casa era già stata realizzata), e la conseguente impossibilità di prescinderne, così da poter derivare detto obbligo dall’impegno assunto dal M. di sostenere tutte le spese necessarie alla realizzazione dell’immobile; la sentenza impugnata ha infine ritenuto inammissibile per la sua genericità il capitolo 11 della prova per testi articolata dall’appellante con il quale quest’ultima voleva dimostrare di aver partecipato al pagamento del mutuo perchè richiesta dal M., che ne aveva richiesto l’anticipazione da parte sua impegnandosi a rimborsargli le relative rate non appena avesse disposto di una maggiore liquidità.

Orbene, premesso che la qualificazione resa dalla Corte territoriale alle intese negoziali intercorse tra le parti nei termini di un negozio indiretto nonchè la ritenuta autonomia del contratto di mutuo stipulato dalla N. quando ormai la finalità della scrittura privata del 10-1-2001 era già stata attuata non sono state oggetto di censure specifiche in questa sede idonee ad infirmare il convincimento in proposito maturato dal giudice di appello (e considerato comunque che la soluzione di quest’ultima questione appare confortata dal tenore letterale di detta scrittura, dove si fa riferimento all’obbligo del M. di sostenere tutte le spese necessarie per la "realizzazione dell’immobile" e per la "costruzione dello casa", laddove è escluso un qualsiasi riferimento alle spese relative al mutuo, nonostante la loro verosimile incidenza nella regolamentazione degli interessi negoziali delle parti), ne consegue che la prova per testi articolata dalla N. ed in particolare il richiamato articolo 11 si palesa, oltre che generica, anche irrilevante, in presenza di una ricostruzione in fatto delle vicende che hanno dato luogo alla presente controversia sorretta da logica e corretta motivazione; quanto poi al profilo di censura relativo alla mancata ammissione dei capitoli 24-25-26 e 27, ritenuti dalla ricorrente rilevanti per la decisione sulla domanda del M. per l’utilizzo della casa da parte della N., esso è inammissibile, considerato che la mancata trascrizione nel ricorso dell’oggetto di tali capitoli preclude a questa Corte di esercitare il controllo sulla decisività dei fatti da provare e, quindi, delle prove stesse che, per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, occorre compiere sulla base delle deduzioni contenute nell’atto, alle cui lacune non è consentito sopperire con indagini integrative.

Infine, con riferimento a quella parte del motivo in esame relativo al mancato accoglimento dell’istanza dell’esponente di rinnovo o di integrazione della CTU espletata per la determinazione del valore dell’immobile per cui è causa, è sufficiente osservare che il giudice di appello ha confermato la valutazione effettuata in proposito dal Tribunale, rilevando che nella relazione il CTU aveva fornito adeguate risposte ai rilievi dei consulenti tecnici di entrambe le parti, ed offrendo quindi adeguata motivazione del proprio convincimento; quanto poi allo specifico profilo di censura riguardante la dedotta esigenza di un rinnovo della CTU, una volta accertato che il valore dell’immobile non era comprensivo del mutuo, si rileva che tale questione non risulta trattata nella sentenza impugnata; pertanto la ricorrente, al fine di evitare una sanzione di inammissibilità per novità della censura, aveva l’onere – in realtà non assolto – non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione dinanzi al giudice di appello, ma anche di indicare in quale atto del giudizio precedente lo avesse fatto, per dar modo a questa Corte di controllare "ex actis" la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la questione stessa.

Con il secondo motivo la ricorrente, denunciando violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 113, 115 e 116 c.p.c. e contraddittoria motivazione, assume che il giudice di appello ha respinto le domande di simulazione e di risoluzione dell’accordo dissimulato in quanto la donazione del 27-7-2001 avrebbe configurato un negozio indiretto posto in essere per dare esecuzione alla pregressa scrittura privata;

orbene, se il negozio originario era stato realizzato con un negozio indiretto che però non aveva adempiuto tutti gli obblighi imposti al M. dall’accordo del 10-1-2001, il rigetto della domanda di risoluzione per inadempimento di quest’ultimo era inspiegabile;

invero era stato accertato che la controparte non aveva fatto fronte alle spese sostenute dall’esponente; erroneamente poi la sentenza impugnata ha escluso l’inadempienza del M. all’obbligo di restituzione alla N. di quanto da essa anticipato a titolo di pagamento della metà del mutuo per avere quest’ultima spontaneamente fatto fronte alle rate di sua pertinenza quando la finalità di cui alla scrittura del 10-1-2001 era stata ormai attuata; in realtà non è stato considerato che la casa doveva ancora essere realizzata con i proventi del mutuo, e che in quel momento la N. non poteva avere la certezza dell’inadempimento del M.; nè d’altra parte l’assunzione del mutuo era questione avulsa rispetto agli obblighi assunti dalla controparte nella scrittura del 10-1-2001, posto che altrimenti non si comprenderebbe l’obbligo del M. riguardante tutte le spese inerenti la costruzione della casa, se in tali spese non si dovesse contemplare la somma di L. 200.000.000 corrispondente all’importo del mutuo ed essenziale per la realizzazione della casa stessa.

La censura è infondata.

La Corte territoriale, una volta escluso che la N. avesse un qualsiasi titolo per ripetere nei confronti del M. l’importo del mutuo volontariamente contratto ed onorato quanto alle rate di sua pertinenza, ha logicamente ritenuto che l’esame del dedotto inadempimento da parte di quest’ultimo agli obblighi contrattuali assunti doveva evidentemente prescindere dal mancato rimborso di tali rate, trattandosi di un obbligo che non gli competeva; pertanto il suo inadempimento non poteva in termini di importanza dare luogo alla invocata risoluzione contrattuale, rilevando invece ai diversi fini della decisione sulla domanda riconvenzionale subordinata formulata dalla N. tendente all’accredito ed alla compensazione di tutte le somme corrisposte.

Per il resto il motivo in esame ripropone la tesi del preteso obbligo del M. di far fronte interamente al pagamento delle rate del mutuo contratto dalle parti dopo la realizzazione della casa di abitazione nonostante che nelle precedenti intese negoziali tra le parti stesse non si fosse fatto il minimo accenno alla regolamentazione di tale questione; in proposito si rinvia a quanto già rilevato in sede di esame del primo motivo di ricorso, ribadendo che la ritenuta autonomia da parte del giudice di appello di tale contratto di mutuo rispetto alla già avvenuta completa attuazione del negozio indiretto posto in essere tra le parti per addivenire ad una comproprietà tra di esse in parti uguali del terreno e della casa su di esso costruita costituisce un ostacolo insormontabile all’accoglimento dell’assunto della N..

Con il terzo motivo la ricorrente, deducendo violazione e falsa applicazione degli artt. 113, 115 e 116 c.p.c. ed insufficiente motivazione, considerato che il CTU aveva accertato che l’apporto di liquidità del M. alle spese necessarie alla realizzazione della casa di abitazione ammontava ad Euro 193.155,90 (da cui detrarre peraltro Euro 22.377,54 per arredi il cui costo era stato già valutato con riferimento alla domanda di assegnazione dei mobili), assume che illogicamente la Corte territoriale ha escluso che nel valore dato alla quota dovesse essere computata anche l’entità del mutuo corrisposta dalla N., che pertanto era tenuta solo al pagamento di quanto definitivamente accertato in ordine al valore dell’immobile, detratto l’importo della quota di mutuo già pagata ed ancora da pagare.

La censura è inammissibile.

Invero, poichè la questione prospettata, che implica un accertamento di fatto, non risulta trattata dalla sentenza impugnata, la ricorrente, al fine di evitare una sanzione di inammissibilità per novità della censura, aveva l’onere – in realtà non assolto – non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione dinanzi al giudice di appello, ma anche di indicare in quale atto del giudizio precedente lo avesse fatto, per dar modo a questa Corte di controllare "ex actis" la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la questione stessa.

Con il quarto motivo la ricorrente, deducendo violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 113, 115 e 116 c.p.c. e contraddittoria motivazione, con riferimento all’accoglimento della domanda di controparte di condanna della N. al risarcimento dei danni per l’occupazione dell’intero immobile, sostiene che dalle deposizioni di diversi testi era emerso che il giorno che il M. si era recato presso la casa oggetto di comunione tra le parti, l’esponente stava partecipando ad un matrimonio, per cui non era configurabile alcuno spoglio, considerato che la N. aveva semplicemente chiesto al M. di incontrarsi in modo ufficiale e di non introdursi a suo insaputa in casa, avendolo avvertito di aver cambiato le chiavi per ragioni di sicurezza.

Inoltre la N. assume che il giudice di appello non si è pronunciato sull’eccezione fondamentale in proposito, costituita dalla impossibilità da parte dell’esponente di abitare una sola porzione dell’immobile, ritenuto indivisibile, e lasciar circolare per casa il M., che pure aveva deciso di allontanarsi dall’appartamento.

La censura è infondata.

La Corte territoriale ha ritenuto infondato il motivo di appello della N. relativo all’indennità di occupazione non potendosi ritenere che, a fronte del pur commesso spoglio e della provata richiesta delle chiavi, possa essersi verificata una pretesa rinuncia al compossesso da parte del M..

Si è quindi in presenza di un accertamento di fatto sorretto da sufficiente e logica motivazione, come tale incensurabile in questa sede, dove del resto la ricorrente con le sue deduzioni ammette di aver cambiato le chiavi di casa proprio per impedire al M. l’accesso alla abitazione, così commettendo lo spoglio lamentato dalla controparte; quanto poi alla mancata ammissione dei capitoli di prova 24-25-26 e 27, ci si richiama alle argomentazioni già svolte in sede di esame del primo motivo di ricorso.

Infine è irrilevante l’ultimo profilo di censura, considerato che, in una situazione di incontestato compossesso di entrambe le parti relativamente all’immobile per cui è causa, l’accertato spoglio da parte della N. ha comportato per il M. la cessazione del godimento del bene, che quindi da allora è stato utilizzato in via esclusiva soltanto dall’attuale ricorrente; di qui quindi il riconoscimento in favore del M. di una indennità di occupazione nei confronti della controparte.

Con il quinto motivo la ricorrente, deducendo violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., sostiene che nell’accreditare all’esponente la somma differenziale di Euro 4840,00, il giudice di appello ha omesso di valutare il doc. n 2 in relazione al doc. n. 4 prodotto dall’esponente, che provava un pagamento di L. 15.600.000 e non di L. 5.600.000.

La censura è inammissibile.

Invero la mancata trascrizione nel ricorso del contenuto dei documenti genericamente richiamati preclude a questa Corte di valutare la decisività di tali elementi probatori sulla base del ricorso stesso, atteso il principio di autosufficienza che deve caratterizzare questo atto di impugnazione.

Il ricorso deve quindi essere rigettato; le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

LA CORTE Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento di Euro 200,00 per spese e di Euro 3000,00 per onorari di avvocato.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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