Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 23-09-2011) 18-11-2011, n. 42617

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con sentenza in data 11 febbraio 2010, emessa su accordo delle parti ex art. 444 c.p.p., il Tribunale monocratico di Milano applicava a B.S. la pena di mesi quattro di reclusione per il reato di cui al D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 14, comma 5 ter, accertato in (OMISSIS).

2. Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione il difensore dell’imputato deducendo vizio di motivazione in relazione alle cause di proscioglimento di cui all’art. 129 c.p.p..

Motivi della decisione

1.- La sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio, ancorchè per motivi diversi da quelli dedotti in ricorso che sono evidentemente inammissibili. 2.- In data 28 aprile 2011 è stata depositata la sentenza emessa dalla Corte di Giustizia dell’Unione europea nel procedimento C-61/11 PPU, avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale ai sensi dell’art. 267 TFUE, proposta dalla Corte d’appello di Trento nell’ambito del procedimento a carico di H.E.D., imputato del reato di cui al D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 14, comma 5 ter, in relazione alla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 16 dicembre 2008, 2008/115/CE, recante "norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare".

Con la richiamata pronuncia la Corte Europea ha affermato l’incompatibilità del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 14, comma 5 ter, con la predetta normativa comunitaria, determinando effetti sostanzialmente assimilabili alla abolitio criminis, con la conseguente necessità di dichiarare nei giudizi di cognizione che il fatto non è previsto dalla legge come reato, e fare ricorso in sede di esecuzione, per via di interpretazione estensiva, alla previsione dell’art. 673 c.p.p. (cfr. Sez. 1, sent. 28.4.2011, n. 22105; Sez. 1., sent. 29.4.2011, n. 20130).

3.- La nuova formulazione del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 14, comma 5 ter, – introdotta con il D.L. 23 giugno 2011, n. 89, convertito con modificazioni con la L. 2 agosto 2011, n. 129 – ha modificato, con ciò confermando nella sostanza l’intervenuta abolitio criminis, la fattispecie incriminatrice per cui non può ritenersi realizzata una continuità normativa con la precedente disposizione, non solo per lo iato temporale ma, soprattutto, per la diversità strutturale dei presupposti e la differente tipologia della condotta. Basti evidenziare che in base alla nuova normativa l’intimazione di allontanamento può essere emanata solo l’esito infruttuoso dei meccanismi agevolatoli della partenza volontaria e allo spirare del periodo di trattenimento presso un centro a ciò deputato (CIE).

Si tratta, all’evidenza, quindi di una nuova norma incriminatrice che può dispiegare i suoi effetti solo con riguardo ai fatti verificatisi in epoca successiva alla sua entrata in vigore.

4.- L’evidente inammissibilità del ricorso – trattandosi di gravame avverso sentenza di applicazione della pena su richiesta dell’imputato resa con motivazione adeguata ai parametri richiesti per la specifica tipologia di pronuncia – non è incompatibile con la pronuncia di annullamento che deve conseguire alla abolizione del reato. Infatti resistono alla non consentita rilevabilità delle cause di non punibilità in presenza di ricorso inammissibile, le ipotesi di successione di leggi nel tempo di cui all’art. 2 c.p., ciò in quanto le definizioni di sentenza irrevocabile e di condanna, ricavabili dalla norma devono essere ricondotte alla nozione di giudicato formale, secondo una lettura combinata con quanto previsto dall’art. 673 c.p.p..

Ne consegue che fin tanto che la sentenza non è pervenuta alla definitività, non essendosi ancora realizzato il giudicato formale, spetta al giudice della cognizione prendere atto della avvenuta abolitio criminis ed annullare la condanna per il fatto divenuto privo di rilevanza penale.

5.- Per le ragioni sopra esposte la sentenza impugnata va annullata senza rinvio ai sensi dell’art. 2 c.p., comma 2, e dell’art. 129 c.p.p..

P.Q.M.

La Corte annulla senza rinvio la sentenza impugnata perchè il fatto non è previsto dalla legge come reato.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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