Cass. civ. Sez. V, Sent., 30-05-2012, n. 8633 Imposta valore aggiunto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

R.T.G. ha impugnato l’avviso d’accertamento col quale l’Ufficio aveva rettificato, ai fini IVA, il volume d’affari dell’anno 2002 e rideterminato imposte, interessi e sanzioni, ritenendo che il ricavato della cessione di terreni edificatori, effettuata dal contribuente, imprenditore agricolo, costituiva imponibile non dichiarato. La CTP di Torino ha rigettato il ricorso, decisione che è stata confermata con sentenza n. 54/2/10, depositata il 14.9.2010, della CTR del Piemonte, che, dopo aver affermato, per quanto ancora interessa, l’inammissibilità della produzione del documento depositato in appello, ha evidenziato che i terreni ceduti, suscettibili di sfruttamento edilizio, erano coltivati a vigneto, e, quindi, inseriti nell’impresa agricola del contribuente che non aveva dimostrato l’appartenenza alla sfera personale dei beni stessi: la vendita rientrava, dunque, per caratteristiche di soggettività, territorialità ed oggettività nell’ambito di applicazione dell’imposta.

Per la cassazione della sentenza, ricorre il contribuente, sulla scorta di quattro motivi. L’Agenzia delle Entrate non ha depositato controricorso.

Motivi della decisione

Col primo motivo, il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 58, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la CTR ritenuto inammissibile la produzione, in appello, della copia del libro acquisti IVA, nonostante il citato art. 58 del D.Lgs. n. 546 del 1992 non vieti il deposito di nuovi documenti in appello.

Col secondo ed il terzo motivo (anch’esso indicato come secondo) si lamenta la violazione, rispettivamente, dell’art. 177 c.c., comma 1, lett. a) e art. 2082 c.c.; del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 2, comma 1 e art. 4, comma 1; nonchè degli artt. 2217, 2710 e 2697 c.c., del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 65; del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 2, comma 1 e art. 4, comma 1, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5. Il ricorrente sostiene che gli argomenti addotti nell’impugnata sentenza -coltivazione a vigneto e reddito ritratto dall’attività agricola- non dimostrano affatto che i terreni venduti appartenevano alla sfera imprenditoriale, sia, sotto un profilo soggettivo, perchè ricevuti nella "sfera privata" ture ereditario, congiuntamente al proprio coniuge, che, sotto un profilo oggettivo, perchè "la dimostrazione della non appartenenza del bene all’attività d’impresa risulta provata dai registri contabili" non constando nè l’iscrizione dei beni nel libro acquisti, ai fini IVA, nè la registrazione del relativo titolo d’acquisto nel libro dei cespiti ammortizzabili, ai fini delle imposte dirette.

Col quarto motivo (indicato come terzo) il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 917 del 1986, artt. 40 e 54 e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 2, comma 1, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, non avendo la CTR tenuto conto che un bene strumentale di un’impresa agricola, una volta divenuto edificatorio, resta escluso dall’applicazione dell’imposta, per perdita della sua strumentalità all’attività imprenditoriale.

Gli argomenti svolti col primo motivo sono fondati: per il principio di specialità espresso dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 1, comma 2, la norma processuale tributaria prevale sulla norma processuale civile ordinaria, sicchè trova applicazione, non l’art. 345 c.p.c., ma il citato D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 58, comma 2, che consente la produzione in appello di documenti, anche preesistenti al giudizio di primo grado, a supporto, beninteso di pretese e considerazioni già svolte, non potendo, per tale via, ampliarsi la materia del contendere (cfr. Cass. n. 9224 del 2007). Tanto, tuttavia, non giova al ricorrente, tenuto conto che la documentazione che, errando, i giudici d’appello hanno ritenuto non ammissibile, id est la copia del libro acquisti, non ha carattere decisivo: la mancata iscrizione del terreno ceduto in tale libro (che vale ai fini della deducibilità dell’imposta) non sarebbe -quale dato negativo- idonea ad escludere la natura di strumento all’attività imprenditoriale del bene stesso, restando, con ciò stesso, esclusa la fondatezza del secondo motivo.

Il terzo motivo va, del pari, rigettato: trattandosi di verifica ai fini dell’IVA le invocate norme del TUIR non vengono in rilievo (il corrispondente argomento della CTR costituisce un obiter dictum).

Il quarto motivo è, invece, fondato. Questa Corte ha, già, ritenuto (Cass. n. 27576 del 2008), con indirizzo al quale si intende dare continuità, che le cessioni di beni soggette ad Iva sono quelle disposte nell’esercizio di impresa, sicchè, quando, come nel caso in esame, il contribuente esercita un’impresa agricola, dedita alle attività indicate dall’art. 2135 c.c. (coltivazione del fondo, silvicoltura, allevamento del bestiame ed attività connesse), la cessione di un terreno edificatorio, da lui posta in essere, costituisce un atto estraneo all’attività imprenditoriale agricola, che resta, dunque, soggetto non all’Iva, ma all’ordinaria imposta di registro (cfr. anche Cass. n. 1935 del 2001). Tale conclusione non soffre eccezioni nel caso, ricorrente nella specie, in cui venga accertato che il fondo sia stato, in concreto, coltivato, tenuto conto del principio secondo cui per determinare se un suolo abbia o meno natura agricola, si deve aver riguardo alle previsioni urbanistiche correnti al momento dell’atto, essendo priva di significato sia l’utilizzazione effettiva, che la potenzialità di utilizzo del bene stesso (così Cass. n. 8136 del 2011, proprio in tema d’imposta di registro).

L’impugnata sentenza che non si è attenuta al suddetto principio va, in conclusione, cassata, e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa va decisa, nel merito, ex art. 384 c.p.c., con l’accoglimento del ricorso del contribuente.

In relazione al carattere particolare delle questioni prospettate con il ricorso, si ravvisano giusti motivi per compensare le spese dell’intero giudizio.

P.Q.M.

La Corte, accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso del contribuente. Compensa, interamente, tra le parti le spese dell’intero giudizio.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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