Cass. civ. Sez. V, Sent., 30-05-2012, n. 8627

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Penny Market S.r.l. ha avanzato istanza di rimborso dell’IVA, assolta nell’acquisto di beni ammortizzabili nell’anno 1997, ed ha, successivamente, impugnato il diniego opposto dall’Ufficio in relazione alla parte degli acquisti afferenti la realizzazione di migliorie su beni altrui, ritenuti privi di propria individualità e non autonomamente funzionali e, perciò, non rimborsabili. Il ricorso della contribuente è stato accolto dalla CTP di Milano, decisione che è stata confermata, con sentenza n. 108/27/09, depositata il 19.10.09, dalla CTR della Lombardia, che ha ritenuto fondate le eccezioni della contribuente secondo cui l’Ufficio, da una parte, aveva applicato un criterio introdotto da una risoluzione successiva alla domanda di rimborso, e, dall’altra, non aveva indicato quali fatture non fossero rimborsabili, onde consentirne la contestazione.

Per la cassazione della sentenza, ricorre l’Agenzia delle Entrate, sulla scorta di due motivi. La contribuente resiste con controricorso.

Motivi della decisione

Col primo motivo, deducendo violazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 30, in combinato disposto con l’art. 2967 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la ricorrente afferma che la CTR non ha considerato che incombeva sulla contribuente, quale attrice in ripetizione di indebito, di provare i fatti costitutivi del suo diritto, ed in particolare, la sussistenza di acquisti di beni effettivamente ammortizzabili, ulteriori rispetto a quelli riconosciuti dall’Ufficio, e l’IVA assolta su detti beni. Col secondo motivo, la ricorrente deduce che la CTR è incorsa il vizio di motivazione laddove non ha motivato sul fatto, decisivo, relativo alla dimostrazione "che nell’anno d’imposta 1997 controparte avesse effettuato acquisti di beni ammortizzabili sui quali era stata assolta IVA", per un importo superiore a quello riconosciuto.

Il primo motivo è fondato. A norma del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 30, comma 3, lett. c), (nel testo, applicabile ratione temporis, modificato dal D.L. n. 90 del 1990, art. 4, convertito nella L. n. 165 del 1990), il rimborso della "eccedenza detraibile" è consentito "limitatamente all’imposta relativa all’acquisto o all’importazione di beni ammortizzabili". Il rimborso è quindi, consentito in riferimento ai soli beni di proprietà del contribuente e non a quelli altrui di cui lo stesso abbia la disponibilità, in quanto la norma si riferisce, testualmente, all’acquisto (o importazione) e, dunque, nel caso qui in rilievo, all’acquisizione in proprietà.

L’argomento secondo cui la risoluzione n. 179/E del 2005 dell’Ufficio (che ha correttamente enunciato, sotto il profilo in esame, il presupposto del rimborso) sarebbe inapplicabile, ratione temporis, costituisce un’affermazione erronea in diritto, dato che la c.d. interpretazione ministeriale, sia essa contenuta in circolari o in risoluzioni non è vincolante nè per i contribuenti nè per i giudici, e, soprattutto, non costituisce fonte di diritto (cfr. Cass. n. 21154 del 2008), di tal che la questione della sua efficacia nel tempo non ha ragione di esser posta. In relazione al secondo profilo dedotto, questa Corte ha più volte affermato (cfr. Cass. n. 29613/2011, in generale, n. 24951 del 2011, in tema di IRPEF; n. 8556 del 2011 in tema di IRAP; n. 16730 del 2007, in tema di IVA) il condivisibile principio secondo cui in ipotesi di controversia avente ad oggetto, quale quella in esame, l’impugnazione del rigetto di un’istanza di rimborso di un tributo, il contribuente riveste la qualità di attore in senso non solo formale -come nei giudizi di impugnazione di un atto impositivo – ma anche sostanziale, con la conseguenza che, da una parte, grava su di lui l’onere di allegazione e prova dei fatti ai quali la legge ricollega l’agevolazione o l’esenzione rivendicate nella domanda, ed, in caso di cumulo oggettivo, in relazione a ciascuna di esse, e, dall’altra, che le argomentazioni con le quali l’Ufficio nega la sussistenza di detti fatti, o la qualificazione ad essi attribuita dal contribuente, costituiscono mere difese. Sussiste, inoltre, il vizio denunciato col secondo motivo, non avendo i giudici d’appello motivato in relazione all’avvenuta dimostrazione, da parte della contribuente, dell’esistenza di acquisti di beni ammortizzabili, nell’anno 1997, sui quali era stata assolta IVA per importi superiori a quello riconosciuto. La sentenza va, quindi cassata con rinvio a diversa sezione della CTR della Lombardia, che provvedere ad un nuovo esame del merito alla luce dei suddetti principi ed a liquidare, inoltre, le spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte, accoglie il ricorso, cassa e rinvia a diversa sezione della CTR della Lombardia, anche per le spese.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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