Cass. civ. Sez. V, Sent., 30-05-2012, n. 8626

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La ERG S.p.A. ha presentato istanza di rimborso dell’IVA, relativa ad acquisti di autovetture e telefoni cellulari negli anni 2001 e 2002, non detratta per il divieto di cui al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19 bis1, lett. c) d) e g), ed ha, successivamente, impugnato il silenzio diniego opposto dall’Ufficio, sul presupposto dell’incompatibilità di tale disciplina con l’art. 17, par. 6, della direttiva comunitaria n. 77/388/CEE. Il ricorso è stato accolto in primo grado limitatamente all’IVA assolta sull’acquisto degli autoveicoli, decisione confermata dalla CTR della Lombardia con sentenza n. 108/12/09, depositata l’8.10.09.

Per la cassazione della sentenza, ricorrono, in relazione alle statuizioni che le hanno viste soccombenti, in via principale, l’Agenzia delle Entrate, con quattro motivi, ed, in via incidentale, con due motivi illustrati da memoria, la Società contribuente.

Motivi della decisione

Va, anzitutto, disattesa l’eccezione d’inammissibilità del ricorso dell’Agenzia, sollevata dalla controricorrente sotto il profilo del mancato formale conferimento della procura speciale all’Avvocatura dello Stato a proporre il ricorso per cassazione. Non è, infatti, necessario che l’Agenzia rilasci la procura all’Avvocatura medesima, per ogni giudizio, in quanto le Agenzie fiscali si avvalgono, del D.Lgs. n. 300 del 1999, ex art. 72, della rappresentanza processuale facoltativa dell’Avvocatura dello Stato, restando, quindi, applicabile – a norma del R.D. n. 1611 del 1933, art. 45 – la disposizione dell’art. 1, comma 2, del R.D. cit., secondo cui gli avvocati dello Stato esercitano le loro funzioni innanzi a tutte le giurisdizioni ed in qualunque sede senza bisogno di ricevere specifico mandato (cfr. in termini, Cass. SU n. 23020 del 2005, nonchè Cass. SU n. 10894 del 2001 e n. 484 del 1999).

Col primo motivo, deducendo violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21, comma 2 e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la ricorrente principale afferma che, nel ritenere tempestiva l’istanza di rimborso, la CTR non ha considerato che la contribuente non doveva riportare in detrazione l’IVA pagata negli anni successivi, ma mirava ad ottenere il rimborso dell’imposta, perchè, a suo dire, indebitamente versata. Pertanto, precisa la ricorrente, l’assunto dei giudici d’appello, secondo cui il dies a quo della "decadenza biennale deve coincidere con il termine di presentazione della dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui si è compiuta l’operazione passiva che da diritto alla detrazione" implica la sommatoria, del tutto erronea, dei due anni previsti dall’art. 19 del decreto IVA, ai due anni contemplati dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21. Col secondo motivo, la ricorrente denuncia l’error in procedendo, commesso dalla CTR nel qualificare nuovo, e, dunque, vietato in appello, del D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 57, l’argomento volto a dimostrare l’insussistenza dei fatti costitutivi del diritto al rimborso, id est la mancanza del requisito dell’inerenza delle spese, che costituiva, invece, una mera difesa. Col terzo motivo la ricorrente, deduce, in via subordinata, la contraddittorietà della motivazione, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per avere la CTR ritenuto che la questione relativa all’inerenza dei costi, di cui era chiesto il rimborso, era stata eccepita solo in appello, quando, invece, aveva costituito oggetto di contestazione già con la costituzione in prime cure, e, col quarto motivo, si duole dell’omessa motivazione sul fatto, controverso e decisivo, relativo all’inerenza tra l’attività d’impresa esercitata dalla contribuente e le spese sostenute in relazione alle quali era stata pagata l’IVA, chiesta a rimborso.

Con il primo motivo del ricorso incidentale, la contribuente afferma, per contro, la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 19 e 19 bis1, del D.L. n. 258 del 2006, art. 1, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione al disconoscimento del diritto al rimborso dell’IVA assolta per l’acquisto di beni e servizi concernenti i telefoni cellulari aziendali per gli anni 2001-2002. La ricorrente incidentale sostiene che, nel ritenere la detrazione preclusa dal limite imposto dalla lett. g) dell’art. 19 bis1, vigente all’epoca dei fatti, la CTR non ha considerato che, la disciplina nazionale avrebbe dovuto disapplicarsi per la sua contrarietà alla normativa comunitaria in materia di IVA; e, col secondo motivo, la ricorrente incidentale formula analoga censura con riferimento all’art. 249 del Trattato UE, ribadendo che le direttive comunitarie c.d. self-executing, quali quelle in materia di IVA, hanno efficacia diretta nell’ordinamento interno, ed obbligano il giudice nazionale ad applicarle, disapplicando la norma interna incompatibile, sia posteriore che anteriore.

Il primo motivo del ricorso principale è fondato. A norma del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19, il diritto alla detrazione dell’imposta relativa ai beni ed ai servizi acquistati o importati "sorge nel momento in cui l’imposta diviene esigibile e può essere esercitato, al più tardi, con la dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto alla detrazione è sorto ed alle condizioni esistenti al momento della nascita del diritto medesimo". La norma prevede, dunque, da una parte, la facoltà per il contribuente di portare in detrazione il credito d’imposta e fissa, dall’altra, il limite temporale entro il quale detta facoltà può essere esercitata: il termine di decadenza inerisce, insomma, all’esercizio della detrazione. Nell’ipotesi in cui la detrazione non venga esercitata, il contribuente non perde, però, il suo credito, potendo ottenerne il soddisfacimento mediante la richiesta di rimborso del D.P.R. n. 633 del 1972, ex art. 30, comma 2 e art. 38 bis (cfr., da ultimo, Cass. n. 20040 del 2011), ovvero, ove non si avvalga di tale procedura, avanzando apposita istanza, entro il termine di decadenza biennale dal pagamento o dal giorno, se posteriore, in cui si è verificato il presupposto per la restituzione, in base al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21, comma 2, norma che trova applicazione per le istanze non regolamentate da specifiche disposizioni o per le procedure attivate al di fuori dei canoni stabiliti dalla legge (così, Cass. n. 18915 del 2011). Il sistema appena delineato, che contempla strumenti alternativi di recupero del credito IVA e ne disciplina i tempi, non contrasta col principio di neutralità dell’imposta, nè con i principi di effettività e di non discriminazione, posti dalla normativa comunitaria. La Corte di Giustizia ha, infatti, affermato (sent.

8.5.2008 ricorsi riuniti C-95/07 e C-96/07 Ecotrade S.p.A., punti 44 e 45) che il diritto a detrazione, inteso ad esonerare l’imprenditore dall’IVA dovuta o assolta nell’ambito di tutte le sue attività economiche, non può essere esercitato senza alcun limite temporale, in contrasto col principio della certezza del diritto, sicchè la previsione di termini di decadenza è conforme al diritto comunitario, ed ha, poi, chiarito (cfr. sentt. 15.3.2007, C-35/05, Reemtsma Cigarettenfabriken punto 37; 15.12.2011, C-427/10, Banca Antoniana Popolare Veneta SpA, punto 22; entrambe rese su rinvio pregiudiziale di questa Corte) che, in mancanza di una disciplina comunitaria in materia di domande di rimborso delle imposte indebitamente prelevate, spetta all’ordinamento giuridico interno di ciascuno Stato membro di stabilire i requisiti in presenza dei quali tali domande possono esser presentate, purchè i requisiti in questione rispettino i principi di equivalenza e di effettività, vale a dire non siano meno favorevoli di quelli che riguardano reclami analoghi di natura interna e non siano congegnati in modo da rendere praticamente impossibile o eccessivamente oneroso l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico comunitario. E’ stata, inoltre, riconosciuta compatibile con il diritto dell’Unione, nell’interesse della certezza del diritto, la previsione di ragionevoli termini di decadenza per la proposizione del ricorso, ed è stato, in particolare, affermato che, nell’ambito del diritto al rimborso dell’IVA indebitamente versata all’amministrazione finanziaria, il termine di decadenza di due anni, è, in linea di principio, idoneo a consentire a qualsiasi soggetto passivo, normalmente diligente, di far validamente valere i diritti attribuitigli dall’ordinamento giuridico dell’Unione essendo di ampiezza tale da non rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti da detto ordinamento (cfr. punti 24 e 25 sent. C-427/10 cit., e giurisprudenza ivi richiamata). Nella specie, a fugare ogni possibile dubbio, in relazione alla rispondenza dell’accordata tutela ai principi di non discriminazione ed effettività, basta considerare che il termine di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21, comma 2, costituisce norma di chiusura per la proposizione di qualsivoglia domanda restitutoria, anche di quella, quindi, fondata su violazioni del diritto interno, laddove la stessa proposizione del ricorso introduttivo del giudizio -in cui consta esser stata invocata, proprio, la disciplina comunitaria-dimostra che era consentito alla contribuente di instare, tempestivamente, per ottenere il soddisfacimento del suo diritto fondato sull’ordinamento comunitario, richiedendo, come poi ha fatto, la disapplicazione del diritto interno incompatibile; dovendo, ancora, aggiungersi che la giurisprudenza, invocata dalla contribuente in sede di difese (Cass. n. 28014 del 2008), non è calzante, essendo relativa alla diversa ipotesi in cui il credito era esposto nella dichiarazione, senza rilievi da parte dell’Amministrazione. La richiesta di rimessione alla Corte di giustizia per l’interpretazione delle norme comunitarie, avanzata dalla controricorrente va disattesa, data l’esistenza di svariate pronunce della Corte, che rende inutile il chiesto rinvio pregiudiziale (cfr. Corte di giustizia 6 ottobre 1982, in causa C- 283/81, Cilfit; Cass. n. 22103 del 2007, ord. 11456 del 2011).

L’impugnata sentenza va, in conclusione, cassata, con conseguente assorbimento degli ulteriori motivi. Poichè, come riferito nel ricorso e riportato nella sentenza, la domanda di rimborso è stata proposta il 28.10.2005, per ottenere l’IVA versata "prima del 28.10.2003", la causa può essere decisa nel merito, col rigetto del ricorso della contribuente, in considerazione dell’intervenuta decadenza, dovuta allo spirare del termine biennale, di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21, comma 2, decorrente dalla data del pagamento (l’ordinanza n. 3907 del 2012 di questa Corte, richiamata dalla controricorrente, non smentisce tale principio, limitandosi ad affermare la rilevanza di una circolare ai fini dell’identificazione del momento costitutivo del presupposto del diritto al rimborso, nei confronti del concessionario, obbligato a rispettarla, per la sua peculiare posizione di soggezione).

Il ricorso incidentale, che va ora esaminato, va rigettato, dovendo, tuttavia, integrarsi, ex art. 384 c.p.c., la motivazione della sentenza, col rilievo della tardività, dell’istanza restitutoria, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21, comma 2, giusta le considerazioni appena svolte, e tenuto conto che la decadenza del contribuente dal diritto ad ottenere il rimborso IVA è stata eccepita in prime cure dall’Amministrazione, rimasta in parte qua vittoriosa, e che, comunque, trattandosi di questione sottratta alla disponibilità delle parti, la stessa è rilevabile, d’ufficio, ex art. 2969 c.c., anche in sede di legittimità, (cfr. Cass. n. 25500 del 2011).

La Corte ritiene sussistere giusti motivi, in considerazione dell’intervenuta modifica del sistema delle detrazioni per gli acquisti dei beni di cui si tratta, per compensare, interamente, tra le parti le spese del giudizio.

P.Q.M.

La Corte, accoglie il primo motivo del ricorso principale, assorbiti gli altri, rigetta il ricorso incidentale e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo del giudizio. Spese compensate.

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