Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 15-07-2011) 18-11-2011, n. 42599

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1.- Con ordinanza 14 marzo 2011 il Tribunale di Bologna, costituito ai sensi dell’art. 309 c.p.p., respingeva la richiesta di riesame avverso l’ordinanza del GIP del Tribunale di Forlì in data 24 febbraio 2011, con la quale era stata disposta nei confronti di Z. R.A. e C.C.R. la misura cautelare della custodia in carcere in quanto indagati per aver commesso il 18 febbraio 2011 i delitti di: tentativo di omicidio aggravato in danno del maresciallo dei carabinieri L.G.; lesioni aggravate ai danni dello stesso militare, resistenza a pubblico ufficiale; inoltre per aver commesso il (OMISSIS) il delitto di furto di circa 30 batterie usate in danno di A.R., titolare dell’officina (OMISSIS), nonchè per avere ricettato circa 418 accumulatori esausti per veicoli, di provenienza delittuosa.

Secondo la ricostruzione operata dai giudici di merito i due indagati alla guida ciascuno di una autovettura, una BMW 530 lo Z. una Opel Vectra il C., dopo aver scaricato numerose batterie per veicoli usate nel piazzale della ditta Cortesi avevano, imboccato la via (OMISSIS) in direzione via (OMISSIS) quando i carabinieri intimavano loro di fermarsi con la paletta di servizio;

Z.R.A. dopo un momentaneo rallentamento aumentava improvvisamente la velocità puntando con l’auto il maresciallo L.G., da lui personalmente conosciuto, il quale riusciva ad evitare l’investimento con un salto repentino vero la sua sinistra; subito dopo C.C., che seguiva ed aveva avuto modo di assistere alla scena, dirigeva a sua volta la autovettura da lui condotta contro il sottufficiale il quale veniva investito dalla parte anteriore destra del mezzo e cadeva a terra riportando lesioni consistite in contusioni multiple al polso, all’anca, al ginocchio e alla caviglia destri, giudicate guaribili giorni 10.

In corso di accertamenti risultava che i due nel cortile della ditta Cortesi, ove erano stati visti dai carabinieri scaricarle, e in un garage nella loro disponibilità erano in possesso di 418 accumulatori esausti per veicoli, che trenta di questi accumulatori erano stati sottratti in danno di A.R. che li custodiva nei pressi dell’ingresso della sua azienda e che gli altri provenivano, verosimilmente, da furti denunciati in quel mese di febbraio da diversi operatori del settore.

I giudici del riesame ritengono attendibile e non smentita dalle prospettazioni difensive la ricostruzione della vicenda quale operata nel verbale di arresto dei due indagati, in quanto le lesioni refertate al maresciallo L. sono compatibili con l’investimento descritto, ma negato dal C.. Ricorrono poi gli elementi essenziali dei reato di tentato omicidio contestato, assorbente quello di lesioni, e di resistenza a pubblico ufficiale, essendo indubbio che i due forzavano il posto di blocco per sottrarsi al controllo dei carabinieri, e che le condotte poste in essere in rapida successione, la prima dallo Z. che costrinse il L. ad un repentino balzo verso sinistra per non essere investito dalla Bmw e la seconda ascrivibile al C. che ha investito il militare procurandogli lesioni, si appalesano idonee ad attentare alla vita della persona offesa ed alla sua incolumità. Circostanza questa che i due indagati non potevano non essersi rappresentata, anche in termini di eventualità, essendo dato di comune esperienza che l’investimento di un pedone ne può provocare il decesso, oltre a causare delle lesioni, per cui l’elemento soggettivo è ravvisabile nella forma del dolo omicidiario diretto alternativo.

Riguardo ai reati di furto e ricettazione essi sono comprovati dalle dichiarazioni di A.R., quanto alla sottrazione dei trenta accumulatori, e dalle precedenti denunce di furto riguardo alle altre batterie esauste in possesso e nella disponibilità degli indagati.

Quanto alla ricorrenza delle esigenze cautelari essa è confermata, secondo i giudici del riesame, dalle modalità delle condotte poste in essere in violazione di plurime disposizioni penali, indicative della capacità di mantenere il proposito criminoso e di perseguirlo anche ricorrendo alla violenza, e significative di uno stile di vita improntato alla commissione di reati contro il patrimonio.

Valutazione non smentita dalla sostanziale incensuratezza dei prevenuti, rispetto alla quale, oltre alla recente denuncia dello C. per ricettazione, è particolarmente significativo, in termini di pericolo di recidiva, il grado di spregiudicatezza rivelato dalla resistenza a pubblico ufficiale e dal tentato omicidio posti in essere. Pericolo di recidiva non altrimenti scongiurabile se non con il ricorso alla misura cautelare più grave, appalesandosi le altre, anche quella degli arresti domiciliari, non idonee riguardo alla pericolosità evidenziata dai due indagati.

2.- Avverso l’ordinanza propongono ricorso per Cassazione entrambi gli indagati a ministero del medesimo difensore, avvocato Pier Francesco Uselli, che deduce nell’interesse di ciascuno il vizio di inosservanza o erronea applicazione della legge penale con riguardo all’imputazione di tentato omicidio.

3.- Riguardo alla posizione di C.C. sostiene il ricorrente difensore che la ricostruzione dei fatti e l’analisi delle circostanze degli stessi, quali operate dal GIP e riprese dal tribunale, danno atto dell’inidoneità delle condotte dei prevenuti a cagionare l’evento morte, nonchè della non univocità degli stesse.

Evidenzia in proposito che la scarsa velocità della macchina, la strada in salita, le lesioni lievi obiettivamente riportate dal maresciallo, le parti del corpo ove le lesioni sono state cagionate dimostrano, in uno con il fatto che lo stesso ha avuto il tempo di avvedersene e di scansarsi dal centro della strada, la inidoneità della manovra a procurare la morte. Evento che se perseguito non avrebbe potuto essere scongiurato con un balzo laterale, per cui i riscontri esterni oggettivamente apprezzabili depongono nel senso di una azione finalizzata ad intimorire l’ufficiale di PG e non, invece, per una ricostruzione in termini di tentato omicidio, del quale difettano i requisiti di idoneità e di univocità dell’agito e non è rilevabile l’elemento psicologico sotto la forma del dolo diretto o, al più, alternativo.

4.- Riguardo alla posizione di Z.R.A. il difensore oltre ad affermare l’insussistenza degli elementi costituivi del delitto di tentato omicidio, in quanto l’azione addebitata, che non aveva provocato lesione alcuna al maresciallo L., gli aveva consentito non solo di scansarsi ma anche di impugnare la pistola e scegliere di non usarla, evidenzia come ad investire il militare sia stato il correo, senza che , per le stesse modalità di svolgimento dei fatti, possa essere ipotizzato in capo allo Z., qualsivoglia tipo di compartecipazione materiale o morale nello specifico reato.

3.- Il Procuratore Generale Dott. Antonio Mura ha chiesto che i ricorsi siano dichiarati inammissibili con condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno al versamento della somma di euro mille alla Cassa Ammende.

OSSERVA IN DIRITTO 1.- I ricorsi sono manifestamente infondati.

E’ opportuno premettere prima della disamina delle posizioni difensive di ciascuno degli indagati che in tema di impugnazione delle misure cautelari personali, il ricorso per cassazione è ammissibile soltanto se denuncia la violazione di specifiche norme di legge ovvero la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento secondo i canoni della logica ed i principi di diritto, ma non anche quando propone censure che riguardino la ricostruzione dei fatti ovvero che si risolvano in una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito (Cass. Sez. 5, sent.

8.10.2008, n. 46124, Pagliaro, Rv. 241997).

2.- Il motivo di ricorso prodotto nell’interesse di C.C. si sostanzia nella affermazione della non ipotizzabilità della fattispecie incriminatrice del delitto di tentato omicidio in ragione di una rilettura dei dati fattuali esaminati dai giudici di merito e prospettati come indicativi e della carenza degli elementi costitutivi del delitto di tentato omicidio – idoneità ed univocità degli atti posti in essere – nonchè del necessario elemento psicologico che il ricorrente individua nel dolo eventuale idoneo al più a giustificare, in termini di soggettiva attribuibilità, i meno gravi reati di resistenza a pubblico ufficiale e di tentate lesioni.

In proposito è sufficiente ribadire che dal controllo di legittimità restano escluse le deduzioni che riguardano l’interpretazione e la specifica consistenza degli elementi indizianti o probatori e la scelta di quelli determinanti, poichè la verifica di legittimità è limitata alla sussistenza dei requisiti minimi di esistenza e di logicità della motivazione, essendo inibito il controllo sul contenuto della decisione che si sostanzi in una nuova valutazione delle risultanze acquisite, da contrapporre a quella effettuata dal giudice di merito. Gli aspetti del giudizio che consistono nella valutazione e nell’apprezzamento del significato degli elementi acquisiti attengono, infatti, interamente al merito e non sono rilevanti nel giudizio di legittimità se non quando risulti viziato il discorso giustificativo sulla loro capacità dimostrativa (ex plurimis Cass. Sez. 2, Sentenza 5.5.2006, n. 19584, Rv. 233775).

3.- Identiche considerazioni soccorrono riguardo al motivo di ricorso proposto nell’interesse di Z.R.A., sovrapponibile quanto a contenuto delle doglianze a quello del coindagato, dal quale si discosta solo con riguardo al rilievo che non fu egli a investire materialmente il maresciallo ed a cagionargli le lesioni riscontrate.

Invero per come rappresentate nella logica e consequenziale ricostruzione dei fatti operata dai giudici del riesame, la condotta dello Z. va considerata singolarmente, poichè il suo tentativo di travolgere il militare fu autonomo e precedente a quello poi posto in essere dallo C., e la parte offesa evitò di essere travolta solo che riuscì a balzare repentinamente verso la propria sinistra.

4.- Conclusivamente, pertanto, entrambi i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili con condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno al pagamento della somma di euro mille in favore della Cassa delle Ammende.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno al versamento della somma di Euro 1.000,00 (mille) alla cassa delle Ammende.

Dispone trasmettersi a cura della Cancelleria, copia del provvedimento al direttore dell’istituto penitenziario ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.
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