Cass. civ. Sez. V, Sent., 30-05-2012, n. 8624 Avviso di accertamento

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Società Immobiliare S. Alessio S.r.l. ha impugnato l’avviso di accertamento, D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 39, comma 1, lett. d), col quale erano state contabilizzate maggiori imposte per IRPEG, IRAP ed IVA relative all’anno 1999, a seguito di controlli effettuati in occasione della cessione di terreni edificabile posti in essere dalla contribuente. La CTP di Pavia ha accolto il ricorso, decisione che è stata riformata, con sentenza n. 162/44/09, depositata il 22.10.2009, dalla CTR della Lombardia, che ha ritenuto valido l’accertamento, ravvisando la sussistenza di presunzioni gravi, precise e concordanti.

Per la cassazione della sentenza, ricorre la contribuente, con quattro articolati motivi, illustrati da memoria. L’Agenzia delle Entrate non ha depositato con controricorso.

Motivi della decisione

1. Col primo motivo, la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 37 bis, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, affermando che nessuna operazione, tra quelle previste da detta norma, era stata da lei compiuta ed, inoltre, che non le era stata notificata la richiesta di chiarimenti di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, citato art. 37 bis, comma 4. 1.a. Il motivo è inammissibile. L’impugnata sentenza afferma la legittimità dell’atto d’accertamento in relazione alle disposizione di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d), e non tratta affatto della questione, che non è neppure esposta in seno al ricorso (salvo che per la menzione della norma ai sensi, anche, della quale sarebbe stato emesso l’atto d’accertamento, che non è stato trascritto), relativa all’inopponibilità di contratti posti in essere al fine di ottenere indebiti vantaggi fiscali, disciplinata dalle disposizioni antielusive invocate dalla contribuente. In questa sede, la ricorrente avrebbe, quindi, dovuto o denunciare l’omessa pronuncia del giudice di merito, riproducendo, nel rispetto del principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, le parti rilevanti degli atti processuali e dei documenti relativi alla questione, in tesi pretermessa, oppure riconoscere che il motivo è nuovo. Insomma, il motivo, per difetto di autosufficienza o per novità, è comunque inammissibile.

2. Col secondo motivo, la ricorrente deduce "l’inesatta individuazione e conseguente errata valorizzazione dell’immobile oggetto del contratto di compravendita", affermando che, nel ritenere priva di valide ragioni economiche l’operazione immobiliare ripresa a tassazione, la CTR ha omesso di valutare il fatto "dirimente ai fini del presente giudizio" che l’avviso d’accertamento è erroneamente riferito all’intero lotto edificabilc, invece che alla parte di esso, su cui insisteva il capannone in costruzione, in realtà compravenduta, circostanza evidente dalla lettura dell’atto impositivo e dall’esame dei disegni tecnici allegati al ricorso di primo grado. La presunzione dell’Ufficio,che ha escluso la convenienza dell’affare, è illogica, e tale "presunzione inopinatamente non (è stata) affrontata dalla sentenza d’appello". 2.a. Anche questo motivo è inammissibile. Ed, infatti, la sentenza impugnata, pur riassumendo gli argomenti dell’Ufficio relativi ai contratti stipulati dalla contribuente, non valuta come riconosce la ricorrente, la questione relativa alla "convenienza" dell’affare, dalla quale prescinde: la doglianza è, dunque, inammissibilmente, rivolta, per di più prospettando errori nelle valutazioni di fatto, direttamente, all’atto d’accertamento, ed inoltre addebita, in modo contraddittorio, alla CTR di non aver tenuto conto (sia pur per sconfessarla) di una valutazione che la stessa ricorrente afferma erronea.

3. Col terzo motivo, la ricorrente deduce: a) la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 37 bis; b) la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 2, lett. d); c) la violazione e falsa applicazione dell’art. 2424 bis c.c.; d) omessa valutazione del "contributo per costo di costruzione" da lei pagato al Comune di S. Alessio con Vialone.

Anzitutto, la ricorrente afferma che l’Ufficio, prima, e la CTR, poi, hanno violato l’art. 2424 bis cc nel ritenere che l’immobile oggetto dei contratti avrebbe dovuto essere iscritto tra le "rimanenze" invece che tra le "immobilizzazioni immateriali", trattandosi di elemento patrimoniale destinato ad esser utilizzato durevolmente e tenuto conto dell’oggetto sociale, relativo sia alla compravendita che alla locazione di immobili. La ricorrente, che sottolinea l’assenza di motivazione da parte dell’Agenzia e della CTR "per quanto riguarda la ripresa a tassazione delle altre variazioni in diminuzione (per lire 3 milioni) di rigo RF 46 del modello Unico 2000", afferma che la sentenza risulta emessa in violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 37 bis, e art. 39, comma 2, lett. d), data la presenza di un "chiaro errore di calcolo" relativo alle voci inserite tra le rimanenze iniziali (mancata inclusione del valore di una parte del suolo e dei costi incrementativi) con conseguente violazione del D.Lgs. n. 446 del 1997, in relazione alla statuita validità dell’accertamento ai fini IRAP. 3.a. Il motivo è, del pari, inammissibile. La CTR ha ritenuto sussistere i presupposti dell’accertamento induttivo, in considerazione del fatto che la contribuente: a) si era sottratta al contraddittorio con l’Amministrazione; b) non aveva prodotto la documentazione dei movimenti finanziari registrati in contabilità, non ottemperando alla richiesta di esibizione degli estratti conto bancari e delle copie degli assegni; c) teneva una contabilità del tutto inattendibile, perchè esponeva compensazioni di partite debitorie a fronte di finanziamenti del socio, senza che risultassero in entrata la corrispondenti movimentazioni in conto cassa o bancarie, in violazione dell’art. 2423 ter c.c.. Il motivo risulta, dunque, privo di specifica attinenza al decisum, in quanto censura profili – relativi a postazioni in bilancio e ad omesse valutazioni di costi – che la sentenza non ha considerato, in contrasto con la giurisprudenza di questa Corte, secondo cui i motivi per i quali si richiede la cassazione devono presentare a pena, appunto, d’inammissibilità, i caratteri di specificità, completezza e riferibilità alla decisione impugnata (cfr. Cass. n. 17125 del 2007). 3.b. La doglianza tende, peraltro, a provocare una valutazione di merito – circa le corrette modalità di iscrizione in bilancio degli immobili oggetto dell’affare, da riferite all’oggetto sociale, e circa alcune poste passive in tesi erroneamente non considerate (alcune criptiche e tutte totalmente nuove)- inammissibile in sede di legittimità, restando, per l’effetto, esclusa la pertinenza delle valutazioni contenute nella memoria che recepisce il "parere pro ventate" (che svolge, pure, digressioni teoriche sulle modalità di redazione del bilancio, sui suoi aspetti "sostanziale e "formale", sulla relativa attendibilità, o inattendibilità o falsità in senso tecnico-aziendale).

4. Col quarto motivo, si deduce, nuovamente, la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 37 bis, e D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 2, lett. d); ed, inoltre, la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 55, e dell’art. 2423 ter c.c.. La ricorrente afferma che le presunzioni gravi, precise e concordanti, poste a base dell’accertamento, si fondano su una presunta impossibilità e comunque, sulla indimostrabilità dei finanziamenti eseguiti dai soci a suo favore, ed in forza dei quali ha proceduto all’acquisto dei terreni ed alla costruzione del capannone. Anzitutto, prosegue la ricorrente, l’errore logico compiuto dalla CTR riguarda la ritenuta insufficienza di mezzi economici da parte del socio finanziatore, desunta da elementi inesatti e peraltro contraddetta da altri elementi, erroneamente non tenuti in considerazione dai giudici d’appello. Vi era, poi, un errore nel calcolo delle somme da riprendere a tassazione, non essendo stato computato l’importo pagato al Comune, a titolo di "contributo per costo di costruzione"; ed era ravvisabile "un salto logico insanabile" nell’affermazione secondo cui l’accertamento induttivo sarebbe stato giustificato dalla "carenza di documentazione attestante l’avvenuta esecuzione dei movimenti finanziari de quo nella contabilità finanziaria", in quanto non corrispondeva al vero che si era sottratta all’esibizione della documentazione bancaria, avendo, anzi, correttamente e prontamente, risposto alle domande formulate nei questionari che le erano stati inviati, prodotto lettere di corrispondenza con il socio finanziatore, ed evidenziato in bilancio l’erogazione del finanziamento. La sentenza, che non indica le ragioni della ritenuta sussistenza delle presunzioni poste a base dell’accertamento induttivo -per esser la contabilità corretta ed attendibile ed esser stati esibiti e consegnati tutti i documenti, in suo possesso, relativi al finanziamento del socio – è, in definitiva, erronea, oltre che apodittica nel richiamo all’art. 2423 ter c.c., comma 6, e, quindi, emessa in violazione delle norme di legge invocate. 4.a. Il motivo è infondato. La giurisprudenza di questa Corte è costante (Cass. n. 1647 del 2010; n. 26341 del 2009;

n. 13915 del 2009; n. 1711 del 2007, n. 26130 del 2007; n. 11645 del 2001) nel ritenere che può procedersi ad accertamento induttivo dei redditi d’impresa D.P.R. n. 600 del 1973, ex artt. 39, comma 1, (richiamato dal successivo art. 40 per quanto riguarda la rettifica delle dichiarazioni di soggetti diversi dalle persone fisiche) e D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, (l’invocato art. 55 dello stesso decreto non è pertinente, in relazione agli elementi fattuali riportati nel ricorso e desumibili dalla sentenza), anche, in caso di contabilità formalmente regolare sempre che l’attendibilità della stessa risulti inficiata da presunzioni contrarie, anche semplici, purchè siano gravi, precise e concordanti, con conseguente spostamento dell’onere della prova a carico del contribuente. In tal caso, spetta al giudice tributario di merito, investito della controversia sulla legittimità e fondatezza dell’atto impositivo, di valutare, singolarmente e complessivamente, gli elementi presuntivi forniti dall’Ufficio, ed il relativo giudizio è impugnabile per cassazione non per il merito, ma, solo, per inadeguatezza o illogicità della motivazione che lo sorregge, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, (cfr. Cass., n. 9784 del 2010). 4.b. Nella specie, a fronte delle ragioni della ritenuta legittimità dell’accertamento, esposte dalla CTR e riassunte al punto n. 3.a., la contribuente, pur prospettando formalmente la violazione di legge, ha, in realtà, contestato le ragioni addotte a sostegno della ritenuta ricorrenza dei presupposti fattuali per l’accertamento induttivo. Se l’erronea indicazione formale – in tesi, violazione di legge piuttosto che difetto di motivazione, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 – non è, in sè, vincolante, perchè è solo l’esposizione delle ragioni di diritto della impugnazione che chiarisce e qualifica, sotto il profilo giuridico, il contenuto della censura (Cass. n. 7882 del 2006; n. 7981 del 2007), la doglianza si limita, però, a contrapporre una valutazione delle risultanze processuali diversa da quella compiuta dalla CTR (in relazione alle risposte fornite nell’ambito del contraddittorio con l’Ufficio), e sollecita un inammissibile nuovo esame del merito, tenuto conto che: 1) la ricorrente fa le mostre di non considerare l’affermazione contenuta nell’impugnata sentenza, secondo cui "la documentazione dei movimenti finanziari registrati in contabilità" non era stata prodotta in giudizio; 2) non contrasta l’anzidetta affermazione, deducendo di averla versata e precisando quando; 3) il contrario può desumersi dallo stesso tenore del motivo, in cui si sostiene che i documenti stessi erano nella disponibilità del socio finanziatore. La questione delle possibilità economiche di detto socio, su cui la ricorrente si sofferma, è, dunque, inconferente, in quanto inidonea a scalfire l’accertamento, compiuto dalla CTR, circa l’assenza di riscontri nella contabilità sociale di tali entrate, rispetto alle compensazioni di alcune partite debitorie.

Il ricorso va, in conclusione, rigettato. Non va provveduto sulle spese, in assenza di costituzione da parte dell’intimata.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.
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